partecipare a una gara

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bartolo
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partecipare a una gara

Intervento di bartolo »

Nella frase «partecipare a una gara» si individua secondo voi un complemento di fine o di termine (o altro)?

Grazie :roll:
Fausto Raso
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Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25

Re: partecipare a una gara

Intervento di Fausto Raso »

bartolo ha scritto:Nella frase «partecipare a una gara» si individua secondo voi un complemento di fine o di termine (o altro)?

Grazie :roll:
Probabilmente sarò in errore. Nella frase su riportata non vi ravviso nessuno dei due complementi. Ci "vedrei" un complemento di luogo figurato.
Che ne pensa il cortese Marco 1971?
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Ladim
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Intervento di Ladim »

Termine.
Fausto Raso
Interventi: 1725
Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25

Intervento di Fausto Raso »

Gentile Ladim, facendo l'analisi logica, quindi, della proposizione Giovanni partecipa a una gara di scacchi, avremo:
Giovanni soggetto
partecipa predicato verbale
a una gara complemento di termine
di scacchi complemento di specificazione.

È cosí? grazie
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Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

La 'persona' o la 'cosa' a cui è 'destinato' il senso del processo verbale (o il concetto espresso da un aggettivo) corrispondono a quello che le grammatiche individuano coll'etichetta di «complemento di termine». Il «complemento di fine», in certo modo, può essere inquadrato come una sua sottospecie: qui il processo verbale prende su di sé il concetto di destinazione, ma 'mirato' ad acquisire un risultato. Invitare qualcuno a pranzo è di fine, questo libro appartiene a Marco è di termine; nel secondo caso l'azione è per dir così statica, nel primo telica. Anche partecipare a una gara contiene un processo stativo – diversamente in andare a caccia è telico (= 'andare per cacciare'; ma in andare a teatro ancora stativo [termine], ché non può voler dire 'andare per il teatro').
Fausto Raso ha scritto:Gentile Ladim, facendo l'analisi logica, quindi, della proposizione Giovanni partecipa a una gara di scacchi, avremo:
Giovanni soggetto
partecipa predicato verbale
a una gara complemento di termine
di scacchi complemento di specificazione.

È cosí? grazie
È così.
Bue
Interventi: 866
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

Ladim ha scritto:Invitare qualcuno a pranzo è di fine [...] ma in andare a teatro ancora stativo [termine]
Quindi "invitare qualcuno a teatro" è di fine, mentre "andare (con qualcuno) a teatro" è di termine?

Io non ci vedo tutta questa differenza, francamente.
Se "partecipare a" regge il complemento di termine, immagino lo regga anche "prender parte a". E allora "far parte di", che a me sembra uguale? Specificazione?
Da quando mi sono stati instillati tempo fa, ho sempre piu` dubbi sull'utilita` e sul senso della moltiplicazione dei complementi nell'analisi logica. Se il concetto di "partecipare" regge "logicamente" il complemento di termine, perche' ad esempio in inglese regge la preposizione "in"?
Voglio dire - ribadendolo - e` davvero necessario sforzarsi di catalogare e classificare il tipo di complemento? Perche' non basta dire e sapere qualcosa del tipo " Il verbo 'partecipare' regge (un complemento obliquo introdotto dal)la preposizione 'a' "?
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Credo che Ladim abbia già risposto, e in maniera esauriente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Per il caro Bue, sommariamente.

Che invitare introduca un 'riempimento' di fine mi pare pacifico. Su andare, grava un'ipotesi – sembrerebbe che in determinati contesti possa anche indicare un'abitudine a frequentare una certa circostanza, e la contesa, nel mio esempio in particolare, coinvolgerebbe comunque il concetto di 'direzione' (complemento di moto) e quello di 'destinazione' (complemento di termine), escludendo la 'finalità'.

Così, andare fisicamente a teatro con qualcuno vorrebbe un complemento di 'moto' senz'altro; se mi vuol tener buona l'«inutile» mia sottigliezza (per cui andare diverrebbe un verbo indicante uno 'stato' e non più un 'movimento' etc.), di 'termine' (resta ferma la differenza tra i Suoi due primi esempi, che non possono essere confusi: procedere verbum de verbo è una prassi poco utile anche se dobbiamo interpretare una sola lingua).

Per il resto, non è un caso troppo insolito scoprire che con una stessa sostanza del contenuto possiamo immaginare differenti realizzazioni: prendere parte a un movimento e far parte di un movimento – dimenticandoci per un attimo dell'aspetto verbale (altrimenti fondamentale) etc. – potrebbero dire anche la stessa cosa in modo diverso: nel primo caso si usa l'idea della 'destinazione', nel secondo, l'idea della 'specificazione': nulla osta.

È ancora meno sorprendente vedere come il latino determini, ad esempio, col dativo lo stesso verbo [e costruisca anche la stessa idea] che l'italiano determina col sociativo (gratulor alicui vs mi congratulo con qualcuno); o, per un altro aspetto, vedere ancora nell'italiano un verbo costruito coll'accusativo prima e con una specificazione poi (sempre collo stesso significato): appropriarsi il vs appropriarsi di (lasciamo da parte le considerazioni più e meno puristiche).

In linea di massima, non è il concetto di 'destinazione' a imporre assolutamente l'uso di una preposizione in particolare; ma è la lingua che sceglie di esprimere [a suo modo] quel concetto 'con' o 'senza' preposizione, e se 'con', con quale.

Sul senso della catalogazione: dipende. Può essere un esercizio ad ogni modo utile; oppure ozioso (detto un po’ banalmente: che la terra giri o meno intorno al sole è un'informazione tutto sommato utile soltanto a pochi, mi pare).

Poi, direi che può essere sufficiente aver chiare le funzioni sintattiche fondamentali (che possiamo chiamare ancora nominativa, genitiva, dativale, accusativa, ablativa, locativa, di moto etc.), e approfondire l'analisi solo quando il buon senso lo richiede (e la mia può rimanere una piacevole conversazione in uno spazio di discussione linguistica).
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