«Starle lontana»?

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Marco1971
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«Starle lontana»?

Intervento di Marco1971 »

Leggo in quest’articolo del Corriere della Sera:

«A Pavia torno ogni fine settimana – confessa con un sorriso – in città vive ancora mia madre e non riesco a starle lontana per troppo tempo.»

Sbaglio, o la costruzione è errata? Si dice le/gli sto vicino perché vicino richiede la preposizione a; ma star lontano vuole da, che si pronominalizza in ne: non riesco a starne lontana. Non appare possibile *non riesco a stare lontana a lei, almeno credo... Non ho fatto ricerche approfondite per ora, e attendo le vostre impressioni. Grazie.
Ultima modifica di Marco1971 in data dom, 08 giu 2008 0:48, modificato 1 volta in totale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
CarloB
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Intervento di CarloB »

Scriverei starne lontano/a. Forse è un semplice refuso.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie, Carlo, mi rassicura. Cominciavo a domandarmi se fossi io a dare in ciampanelle... :D

Noto però che Google ci dà molte occorrenze con le, e non possono essere tutte refusi... :?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Gentile Marco,
non vorrei fare il bastian contrario, ma credo che il "da" (lontano da) si pronominalizzi in "ne" SOLO quando non si riferisce a una persona:
Amo Roma e non riesco a starne lontano
Amo Giovanna e non riesco a starle lontano.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Secondo quale regola? :roll:

La GGIC (vol. I, cap. 15, p. 633) dice (sott. mia):

Ne è il pronome clitico del SP ‘di+SN’, sia complemento di un verbo, nome o aggettivo, che partitivo, e del SP ‘da+SN’.

Il clitico ne può essere usato sia per riferirsi a umani che a non umani. Esso corrisponderà a ‘di/da+pronome personale’ nel caso di un referente umano, a ‘di/da+pronome dimostrativo’ nel caso di un referente non umano.


(Ricordo che referente è termine da evitare e da sostituire con designato.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La LIZ[a] ci offre esempi contrastanti (3 con ‘le’, 6 con ‘ne’), di cui i piú calzanti sono questi due:

Nulla, caro Lorenzo: a Dio non piaccia ch’io mi prevalga della freddezza d’Odoardo – ma non so come si possa starle lontano un solo giorno di più! (Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)

La madre non ne aveva cura; lo dimenticava per giornate intere; qualche volta, gli faceva mancare il necessario; lo batteva anche, qualche volta. E io per lunghe ore dovevo starne lontano; io non potevo coprirlo continuamente con la mia tenerezza; non potevo rendergli dolce la vita, come avevo sognato, come avrei voluto. (D’Annunzio, Giovanni Episcopo)

Forse ho l’orecchio troppo grammaticale, ma son con D’Annunzio. :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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