Concordanza grammaticale al singolare o al plurale?

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Luca86
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Concordanza grammaticale al singolare o al plurale?

Intervento di Luca86 »

«La maggior parte degli Italiani soffre/soffrono il caldo», «il 60% dei camionisti è/sono in sovrappeso».

In queste frasi è meglio usare la 3ª persona singolare o la 3ª persona plurale?
Ultima modifica di Luca86 in data mar, 03 ago 2010 22:26, modificato 3 volte in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La concordanza grammaticale (al singolare) è piú formale rispetto a quella a senso (al plurale), ma sono corrette entrambe.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

La ringrazio per la risposta, Marco.

Vorrei approfondire: sa se Serianni ha scritto qualcosa al riguardo nella sua Grammatica italiana?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Prego. Sí, veda XI.361. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Riporto ciò che ha scritto Serianni nella Grammatica italiana, per chi non la possedesse:

361. IV. Con un soggetto singolare di valore collettivo (specie se seguito da un sostantivo plurale in funzione di specificazione) o con un pronome indefinito seguito da partitivo non è rara la concordanza «a senso», al plurale. Esempi: «una piccola folla di uomini, di donne e di bambini erano sulla strada» (Levi, Cristo si è fermato a Eboli, 15); «nemmeno in un deserto questa gente ti lasciano in pace» (Pavese, La luna e i falò, 64); «nell'interno c'erano una decina di persone» (Tabucchi, Notturno indiano, 65); «un po' di calcoli interni alla Dc consentono di dar corpo a una tentazione che potrebbe impadronirsi della segreteria» («La Repubblica», 20.6.1987, 2).

Quindi, la frase «Noi siamo gente che lavorano» non è errata?
Ultima modifica di Luca86 in data ven, 10 gen 2014 19:45, modificato 3 volte in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Di questo caso particolare s’era parlato qui. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Molte grazie!
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Prego!

Per completare, aggiungo la trattazione della GGIC (vol.II, IV.2.; 2.1.).

Se il soggetto contiene un’espressione partitiva al singolare che introduce un SN al plurale, l’accordo può essere sia con l’espressione partitiva, sia con il SN che questa introduce. Espressioni partitive di questo genere sono: (una) gran/buona parte di; un gran/piccolo/ecc. numero di; una (A) moltitudine di; una quantità di; un’infinità di; un po’ di; un paio di; una decina/ventina/ecc. di; il resto di; la maggior parte di; la (grande) maggioranza di; questa/quella parte di; la metà di; il grosso di, ecc. Ess.:

(20) La maggior parte dei canali di questa città è navigabile / sono navigabili.
(21) Il resto dei cavalieri non fece / fecero resistenza.
(22) Anche solo la metà dei terreni produrrebbe / produrrebbero un reddito sufficiente.

Questo tipo di accordo si può trovare, marginalmente, anche con espressioni di misura:

(23) «Su tutta la Salonia non è venuta tre dita di erba» (G. Verga, Opere, Milano-Napoli, Ricciardi, 1968, p.152)

L’accordo con il SN che segue l’espressione partitiva, non è possibile se questo non è di III persona:

(24) La gran parte di noi vorrebbe partire. / *vorremmo partire.
(25) La gran parte di voi ci crede. / *ci credete.

I soggetti singolari di significato collettivo richiedono l’accordo al singolare:

(26) La gente ne racconta di tutti i colori.

L’accordo al plurale che può capitare nella lingua parlata come anacoluto, può affiorare in opere letterarie che riflettono la lingua spontanea:

(27) «nemmeno in un deserto questa gente ti lasciano in pace» (C. Pavese, La luna e i falò, Torino, Einaudi, 1954, p. 64)

Con espressioni come che specie/razza di, una specie di, usate con funzione aggettivale, l’accordo si fa in genere con il nominale che segue:

(28) Non so che razza di pensieri gli passassero per la testa.

(ma anche: Che razza di pensieri gli passava per la testa?). Ma se specie e razza sono usati come nomi, possiamo solo avere l’accordo con essi e non con quanto segue; cfr. (29), dove specie è un nome, come mostra il fatto che è modificato da un aggettivo:

(29) Nelle colture si è introdotta una nuova specie di parassiti. / *si sono introdotti una nuova specie di parassiti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Black Mamba
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Intervento di Black Mamba »

Buongiorno! :)

In un opuscolo scientifico ho trovato questa frase:

«... saper riconoscere e ascoltare le esigenze specifiche di ogni individuo e creare le condizioni per una loro riabilitazione.»

Ho qualche dubbio su quel loro riferito a ogni individuo.

Io avrei scritto «... saper riconoscere e ascoltare le esigenze specifiche di ogni individuo e creare le condizioni per una sua riabilitazione.»

Avrei sbagliato? :?

Grazie e saluti.
Hoc unum scio, me nihil scire.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Black Mamba ha scritto:«... saper riconoscere e ascoltare le esigenze specifiche di ogni individuo e creare le condizioni per una loro riabilitazione.»

Ho qualche dubbio su quel loro riferito a ogni individuo.
Per favore, mi tolga - se può - una curiosità: quell'opuscolo nasce in italiano o è una traduzione dall'inglese? Perché ci vedo riflessa una tipica costruzione inglese (il singular they), oggi più che mai in auge per scongiurare il retaggio di un'impostazione maschilista e fallocentrica... :roll:, volta ad aggirare il problema - inglese - dell'obbligatoria attribuzione di un genere - maschile, femminile o neutro - all'aggettivo possessivo di terza persona singolare.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ho pensato anch’io a un influsso dell’inglese. Però l’italiano non ha, in questo caso, il problema dell’inglese, perché nella nostra lingua l’aggettivo possessivo concorda in genere e numero colla cosa posseduta, non col possessore. Importare una struttura sintattica cosí caratteristica dell’inglese mi sembra un po’ troppo anche per gli anglofili oltranzisti, anche se ormai non mi stupisco piú di nulla. Per farla breve, forse è un caso di concordanza a senso.
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Black Mamba
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Intervento di Black Mamba »

L'opuscolo nasce in italiano e non sarà tradotto in altre lingue. Al suo interno sono riportati anche estratti da pubblicazioni internazionali. Tuttavia, la frase che ho citato è presa da un testo di un autore italiano.

Di là dalle tendenze, mi sembra di capire, se non interpreto male le sue parole Animo Grato, che tale forma non sia dunque auspicabile nella nostra lingua e che nel caso specifico sia invece da preferirsi l'aggettivo possessivo di terza persona singolare suo.

Personalmente non condivido questa tendenza a femminilizzare l'italiano rendendolo a tutti i costi bilaterale nei confronti dei generi.
Ma questo è solo il mio pensiero.
Hoc unum scio, me nihil scire.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Nella Sua frase, l’unica forma possibile dell’aggettivo possessivo è sua. L’uso di loro, per me, è una concordanza a senso: la riabilitazione di tutti gli individui, considerati uno per uno secondo le loro esigenze.
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Black Mamba
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Intervento di Black Mamba »

Come avevo ipotizzato all'inizio, quando ho posto il quesito.
La ringrazio.
Grazie anche a lei Animo Grato.
Hoc unum scio, me nihil scire.
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Si', e' vero, "loro" e' una concordanza a senso, ma non per questo errata ne' impossibile. Mi permetto di chiamare in causa il sommo Giacomo:

Tu, solingo augellin, venuto a sera del viver che daranno a te le stelle, del tuo costume certo non ti dorrai, che' di natura e' frutto ogni vostra vaghezza.
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