…avresti capito perché Jones fosse…

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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Daniele
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…avresti capito perché Jones fosse…

Intervento di Daniele »

Ciao a tutti, e bentornati!
È un po' che manco da questa bella piazza…
Dunque, il quesito: mi capita talvolta di non fidarmi del mio orecchio quando si tratta di congiuntivi, quindi vi chiedo aiuto.
Leggo: "Il capitano diceva che Jones era il miglior cuoco di bordo. Se avessi assaggiato i piatti cucinati dal capitano, avresti capito perché Jones fosse così importante."
A me sembra che il congiuntivo non ci azzecchi, e direi: "…avresti capito perché Jones era così importante."
Che mi dite? Il congiuntivo è giusto? È sbagliato? Vanno bene entrambe le forme?
Grazie come sempre, e ancora ben ritrovati!
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Bentornato, Daniele! :)

Secondo me il congiuntivo, in questa frase, è errato. Il perché causale (= ‘il motivo per cui’), in una frase affermativa, richiede normalmente l’indicativo. Scrive in proposito la GGIC (vol. II, VIII.3.5.2., pp. 470-471):

Dopo capire/comprendere si può avere il congiuntivo se essi hanno il significato di «poter capire che...»; analogamente reggono questo modo anche nella frase completiva (cfr. 4.1.1.1. a):

(264 a) Capisco perché i ragazzi si siano / sono appassionati di quello sport nuovo.
(264 b) Non comprendo perché i miei parenti siano / sono partiti cosí di buon[’]ora.
[Manca l’apostrofo...]

Nella frase in esame, non mi pare che capire abbia il senso di ‘poter capire’, ragion per cui il congiuntivo non appare corretto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Anche il Treccani in rete, al punto D, concorda con la GGIC.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Aggiungo, per completare, quest’altro passo (4.1.1.1. a) della stessa GGIC.

Semanticamente rilevante è la scelta del modo nelle frasi dipendenti rette da capir(si) e comprendere. In quanto verbi epistemici di percezione intellettiva («intendere») reggono l’indicativo, in quanto verbi di valutazione con il significato «aver comprensione per qualcosa / poter capire qualcosa» il congiuntivo o l’indicativo. Al carattere perfettivo-puntuale della prima variante di significato corrisponde l’uso frequente di Tempi perfettivi nella frase sovraordinata (per la distinzione perfettivo/imperfettivo, v. I.1.3.1.):

(275 a) Capii che, almeno per il momento, non potevo / *potessi insistere.
(275 b) Ho compreso subito che non dovevo / *dovessi tardare a fuggire.

Risulta già dalla struttura semantica di questa variante che con la frase dipendente viene introdotto di regola un fatto nuovo.
Nella seconda variante, invece, capire e comprendere vanno annoverati tra i verbi fattivi (v. XIII.1.1.4.1.3.) e la frase subordinata da essi dipendente contiene, nel caso non-marcato, un fatto noto la cui esistenza è giudicata comprensibile o naturale dal SOGGETTO della predicazione. Il valore informativo della frase dipendente è perciò comparativamente scarso e il grado di subordinazione relativamente alto. Prevalgono qui i Tempi imperfettivi:

(276 a) Capisco che per Carlo il gioco degli scacchi non abbia / ha molto senso.
(276 b) Il sindaco capiva che in città si lamentassero / lamentavano per i miasmi delle fabbriche ma non si decideva a prendere provvedimenti.
(276 c) Lei comprenderà che io lasci / lascio alla Sua discrezione questa pratica.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Daniele
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Iscritto in data: sab, 15 dic 2007 23:18

Intervento di Daniele »

Grazie! (e buonanotte)
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Buon pomeriggio a tutti. Mi chiedevo se, invece, nel caso preso in esame, la frase introdotta da perché non sia una proposizione interrogativa indiretta.

Se cosí fosse, l'impiego del congiuntivo sarebbe giustificato a prescindere dalla natura del verbo della reggente? A me pare di sí, ma non mi fido molto delle mie (precarie) conoscenze e aspetto una vostra delucidazione.

Il congiuntivo in questa frase mi sembra esprimere un'attenuazione di quanto espresso nella subordinata, quasi a dire che quel tal cuoco era importante, ma per l'interlocutore potrebbe non essere cosí. Che ne pensate?
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Il perché interrogativo indiretto non comanda il modo della subordinata: tale privilegio resta al verbo reggente.

La soggettività è a monte della scelta che seleziona il verbo principale, nel suo significato.

Qui, in particolare, dovremmo avere un congiuntivo dubitativo, se quel perché fosse interrogativo [e non lo è]; un indicativo, se è causale [e lo è] per vera causa. La descriptio è determinata dal valore semantico del verbo reggente, che in questo caso gravita ad ogni modo su un’altra scelta, quella tra una constatazione (sì) e una realtà presupposta (nessuna domanda, pertanto). La doppia valenza di capire (simile a quella di credere, che tuttavia ingenera una semi-enantiosemia) viene disambiguata dal contesto (come sempre) e quindi dall’uso dell’indicativo (il congiuntivo è ipercorretto, maldestro: per chi parla [per il soggetto della predicazione], è evidentemente una causa pacifica quella che fa l’importanza del cuoco).
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5078
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

La ringrazio, caro Ladim, per la risposta circostanziata e precisa.
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

In realtà, caro Ferdinand Bardamu, mi devo ricredere. E comincio da qui: se Lei ha avvertito una qualche soggettività, è perché molto probabilmente ha soppesato le possibilità di quel «diceva» che apre il periodo. Pertanto, ammessa una qualche partecipazione critica da parte di chi parla, la frase dovrebbe avere un congiuntivo nella prima completiva.

Il perché, poi, è proprio interrogativo (e altra cosa è «il motivo per cui» proposto da Marco – che svolge lo stesso contenuto, ma attraverso un’altra struttura – e il mio precedente intervento riflette in buona parte quello di Marco). Tutto quanto si è detto su quel congiuntivo, però, resta esatto.

Quindi, se nel pensiero soggiacente vi era traccia di soggettività, questa doveva comparire nella completiva:

«Il capitano diceva che Jones fosse il miglior cuoco di bordo».

Coi verbi dichiarativi abbiamo l’indicativo se il contenuto della subordinata è considerato vero anche dal soggetto della predicazione.

«Se avessi assaggiato i piatti cucinati dal capitano, avresti [inteso] perché Jones era così importante».

La soggettività non può investire direttamente l’opinione [data per certa, perché evidentemente formulata e pronta per essere ‘intesa’, ‘afferrata’, ma a una condizione etc.] del «capitano»: l’idea sul «cuoco» non è tematizzata dal punto di vista di chi parla. Se vi fosse un congiuntivo nella completiva, la soggettività coinvolgerebbe comunque l’interrogativa indiretta proprio perché essa constata, attraverso una domanda, quanto ritenuto vero da quel terzo individuo di cui si è messo in discussione il parere.

Ma lì, nella completiva, c'è un indicativo, e là, nell'interrogativa, dovrebbe esserci ancora un indicativo.

Mi pare tutto.
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