«Aver(ce)lo»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

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Zeno
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Iscritto in data: gio, 14 ott 2010 23:43

«Aver(ce)lo»

Intervento di Zeno »

Buonasera a tutti.
Da qualche giorno ho un dubbio riguardo all’uso del solo pronome atono di terza persona con il verbo avere in senso proprio.
La frase da cui è nata la mia perplessità era del tipo:

«Vorrei regalargli l’ultimo libro di Ammaniti, ma temo che lo abbia già.»

La stonatura che ho avvertito non è certo data dalla mancata elisione; io avrei semplicemente detto «temo che ce l’abbia già».
Lì per lì a orecchio ho ritenuto che quel ce fosse necessario, ma il mio interlocutore ha subito replicato difendendo la correttezza della sua frase con esempi come questi:

«Dovrei averlo sotto mano per capire dov’è il problema.»

«Il modulo di constatazione amichevole è di vitale importanza per accelerare le pratiche.
Se non lo hai con te, puoi usare il modulo dell’altro conducente coinvolto.»

in cui, effettivamente, non sento una vera e propria stonatura, sebbene mi suonino meglio le versioni con ce.

A questo punto, se è vero che nella Grammatica del Serianni (VII. 50.) si legge:
In molte frasi della lingua viva incardinate sul verbo avere l’uso di ci può dirsi obbligatorio. A una domanda come «Hai il biglietto?» si risponde: «Sì», o «Ce l’ho», non col semplice «L’ho».
mi chiedo quali circostanze giustifichino l’espressione «molte frasi» in luogo di un giudizio più generale. Esistono forse differenze di registro, o una forma è preferibile all’altra in base ad alcuni criteri?
Ringrazio anticipatamente chiunque voglia rispondere.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Benvenuto, Zeno! :)

È probabile che molti parlanti rifuggano dal ‘ci/ce’ perché lo riconducono agli usi familiari di «ci ho una fame» e simili. Il caso di «ce l’ho», però, come scrive Serianni, è talvolta obbligatorio, come nelle risposte del tipo «Sí, ce l’ho/No, non ce l’ho» («Sí, l’ho/No, non l’ho» mi parrebbe assai fantascientifico).

Nelle frasi da lei proposte mi sembra che l’assenza di ‘ce’ non disturbi e anzi snellisca l’espressione (mentre nel parlato adopererei il ‘ce’).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
Moderatore
Interventi: 5085
Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Caro Marco, vorrei chiederle una precisazione: in risposte brevi, la forma «Sí, l'ho» o «No, non l'ho» è da considerarsi affatto errata oppure soltanto antiquata?

Al mio orecchio suona desueta ma non sbagliata.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Direi antiquata. In Dante troviamo il pronome addirittura omesso:

Cosí spirò di quello amore acceso;
indi soggiunse: «Assai bene è trascorsa
d’esta moneta già la lega e ’l peso;
ma dimmi se tu l’hai ne la tua borsa».
Ond’io: «Sí, ho, sí lucida e sí tonda,
che nel suo conio nulla mi s’inforsa».
(Paradiso, XXIV, 82-87)

Anche presso Matilde Serao leggiamo:

Sí, l’ho qui, nel taccuino. (Cuore infermo, 1888)

E, dulcis in fundo:

Ha Ella la mia tabacchiera? No, non l’ho. (William Brownrigg Smith, Inductive Italian course for beginners, 1856)

Credo che oggi, se pronunciassimo una frase del genere, desteremmo l’ilarità generale... :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Zeno
Interventi: 2
Iscritto in data: gio, 14 ott 2010 23:43

Intervento di Zeno »

Grazie dell’esauriente risposta.
Buona giornata.
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