«Scritto a computer»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

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Giorgio1988
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«Scritto a computer»

Intervento di Giorgio1988 »

Ritrovo sempre più spesso, tanto nell’uso scritto quanto nell’uso parlato, frasi come «pagine scritte a computer» [si vedano degli esempi qui, qui, qui e qui], dove a computer (in luogo di al computer) sembra evidentemente ricalcare la locuzione avverbiale a macchina. È da considerarsi corretta tale locuzione (a computer)?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A parte che mi rifiuterò sempre d’impiegare l’inutile barbarismo computer, l’espressione con la preposizione semplice è da proscrivere: nessuno ha mai detto, ch’io sappia, *scrivere a calcolatore/elaboratore. Non solo il forestierismo deturpa la compagine fonica della lingua, ma ottunde le facoltà mentali di che se ne serve.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Giorgio1988
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Intervento di Giorgio1988 »

Questa volta, caro Marco, debbo ringraziarla non soltanto per la sua competenza e perspicuità, ma anche per il suo spirito. Il motteggio alla fine del suo intervento mi ha fatto prorompere in più di una risata! :D
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

:D

Possiamo però rassicurarci: prevale di gran lunga, nello stesso Google Libri, scritto/i/a/e al computer. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

L'espressione pare strana anche a me, ma non sarebbe un normale uso del complemento di mezzo? Scrivere a macchina, a penna, giocare a dadi, giocare a scacchi...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Basta pensare alla differenza tra andare a teatro e andare al cinema per rendersi conto che quel che guida la lingua non è mai la logica grammaticale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Però questo non risponde alla domanda se non trattasi di normale complemento di mezzo. E comunque in rete si vedono anche casi di andare al teatro e andare a cinema. Insomma i complementi sono fluidi, come ben sappiamo. Mi interesserebbe una risposta razionale - non emotiva! - sul perché sbaglierebbe chi dice a computer.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ma è semplice, caro Roberto: la norma si fissa attraverso gli usi consolidati. Diciamo correttamente Ci sono andato a piedi anche se teoricamente sarebbe possibile *con piedi, *per piedi, *ai piedi, *da piedi. Insomma, non tutti gli usi sono da mettere sullo stesso piano, e chi scrive *a cinema commette un errore d’italiano, sviando dal codice vigente condiviso dalla comunità dei parlanti e repertoriato nei dizionari.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ladim
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Intervento di Ladim »

Tempo fa, sul sito dell’Accademia, avevo depositato una riflessione su questo uso: non saprei come ripescarla (del resto i miei interventi si contano sulle dita di una mano!) – lì si abbozzava una risposta, mi pare, diversamente ragionata (anche se dovrei rileggerla, per verificarne la reciprocità con quanto affrontato qui).
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ladim ha scritto:Tempo fa, sul sito dell’Accademia, avevo depositato una riflessione su questo uso: non saprei come ripescarla…
Eccola qui. :)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Forse questo? Sennò può trovare qui tutti i suoi interventi (piú numerosi di quanto pensi lei ;)).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Grazie (a entrambi; ma pensavo all'intervento riproposto da Infarinato – il rimando di Marco, invece, svela una realtà un po’ inquietante!).

La questione è sull’uso generico di un sostantivo (azione, oggetto etc.). La rifunzionalizzazione passa di qui: il concetto è riusato in modo strumentale, prelevato dal contesto segnatamente extralinguistico. L’uso non accompagnato dall’articolo comporta quell’astrazione che ricordavo nell’Accademia: quindi una sorta di grammaticalizzazione del sintagma (riduzione formale e genericità semantica).

Ovviamente si parla dell’intuito del parlante, che spesso ristruttura attraverso l’analogia (fino a modificare la ‘norma’): quindi ‘sbagliando’ [ma è argomento delicato, specie in chi come me vede nella lingua un dinamismo giustamente connesso con l’uso anche urgente – ma che dovrebbe sempre osservare un esempio accurato, per quanto possibile].

In sostanza: al computer è sempre un complemento di mezzo; a computer punta più direttamente alla trazione avverbiale (ma si tratta ancora di un «complemento di mezzo», sia inteso; si scomodi pure la supposta legge della semplificazione – non formale soltanto, quanto psicologica: l’idea del ‘calcolatore elettronico’, in questa occorrenza, perde di forza e diventa accessoria, tanto da indicare soprattutto il prodotto dell'azione: il documento stampato su un A4 etc. – la metonimia è un meccanismo del mutamento linguistico, dopo quello del pensiero e dello stile).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Tutto quello che lei dice è condivisibilissimo. Ma vorrei insistere, per chiarezza (ci saranno utenti per i quali il suo messaggio non sarà forse trasparente), sul fatto che per ora la locuzione *a computer è un errore di lingua e che cesserà di esserlo solo quando/se il suo impiego diventerà comune e generalizzato presso tutti gli strati sociali della popolazione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Tutto quello che lei dice è condivisibilissimo. Ma vorrei insistere, per chiarezza (ci saranno utenti per i quali il suo messaggio non sarà forse trasparente), sul fatto che per ora la locuzione *a computer è un errore di lingua e che cesserà di esserlo solo quando/se il suo impiego diventerà comune e generalizzato presso tutti gli strati sociali della popolazione.
Spero, cortese Marco, che quanto lei ipotizza non si avveri mai: la nostra lingua sprofonderebbe ancora piú giú nel baratro.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Ladim
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Intervento di Ladim »

Marco1971 ha scritto:[P]er ora la locuzione *a computer è un errore di lingua [...].
Senza dubbio.
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