Infinitive latineggianti

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Ferdinand Bardamu
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Infinitive latineggianti

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Questo intervento d’Infarinato m'ha offerto l’occasione per approfondire il costrutto dell’infinitiva latineggiante. Fermo restando che si tratta di una forma confinata a un registro assai elevato e propria d’una lingua preziosa e uno stile peregrino, mi chiedevo, in particolare, quali verbi possano reggerlo (volere mi sembra tra questi). È una domanda impegnativa, soprattutto per la difficoltà a reperire esempi: so che farò dannare il povero Marco e me ne scuso in anticipo. :oops:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

C’è qualcosa nella grammatica di Luca Serianni (XIV.64). Per la lista dei verbi, una ventina, rimanda a un saggio di Skytte negli Studi di Grammatica Italiana. Siccome domani passerò in biblioteca per l’articolo di Alisova sulle relative (e il libro del Larsson), prenderò anche lo Skytte. ;)

Osservando gli esempi di Serianni, possiamo cominciare l’elenco: affermare, sentenziare, dubitare, sapere. Cercherò qualche esempio per illustrare questi (esempi diversi da quelli di Serianni, sennò che gusto c’è? ;)).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie per la risposta e per il consueto, preziosissimo, impegno. :D
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Eccone quattro.

…in quanto vedemo le sopra dette ragioni e molt’altre: sì come afferma chi ha li occhi chiusi l’aere essere luminoso, per un poco di splendore o vero raggio che passa per le pupille del palpastrello… (Dante, Convivio)

I Caldei e gli Assiri sentenziarono il mondo essere fatalmente eterno. (Marino, Dicerie sacre)

…l’amato lo riceve con ardente pensiero, risuscita ancora quando lui nello amato finalmente si riconosce e non dubita sé essere amato. (Ficino, El libro dell’Amore)

…e sappiamo ancora Domeneddio ora non essere in terra sceso a risuscitar lei. (Boccaccio, Filostrato)

Tutti gli esempi recano essere come infinito; nel Serianni ce n’è uno con potere: sicuramente è possibile con tutti i servili, ma penso che vi siano restrizioni semantiche (che forse scopriremo nell’articolo di Skytte).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ecco, ho il volume VII degli Studi di grammatica italiana (e quello che ci serve anche per le frasi relative, di cui mi occuperò dopo) in cui si trova l’articolo di Gunver Skytte Il cosiddetto costrutto dotto di accusativo con l’infinito in italiano moderno, pp. 281-315. Riporto dunque l’elenco, con un esempio per ciascun verbo.

affermare
Affermava infatti esser la famiglia, e in particolare la sua propria, la maledizione dell’uomo… (Morante)

aggiungere
…e aggiungeva essere tal debito un simbolo non solo della miseria, ma del disonore… (Morante)

assumere
…non c’era poi a stupire se, sul piano teorico, nettamente assumesse avere la filosofia già risolto e oltrepassato le difficoltà agitate dai modernisti… (Guarin)

chiarire
…chiariva [Mussolini] tuttavia trattarsi di una vera e propria marcia, materialmente da farsi con le gambe. (Lussu)

confermare
…mi conferma laconicamente trattarsi, proprio cosí, di un matrimonio di un giovane parente… (Marghieri)

conoscere
…dove di qua strapiomba, irraggiando, sulla turchese livellazione del fondovalle, che conosciamo essere un lago. (Gadda)

dare a(d) intendere
…acconsentí a riprenderla solo quando gli diedero a intendere trattarsi di seconde nozze. (Contini)

dichiarare
Fu mandato a chiamare il medico, il quale, dopo un rapido esame, dichiarò trattarsi di polmonite. (Bassani)

dire
…poi i civili scattarono gli occhi in alto all’altipiano dove Johnny aveva detto esser caduto il Biondo. (Fenoglio)

dubitare
…sia che, non dubitando esser la faccenda ormai sistemata, giudicasse ogni discorso inutile, sia che… (Morante)

immaginare
Uno dei figli, che lei immaginò essere Michele perché sembrava il piú giovane, tolse su la pesante valigia. (De Céspedes)

intendere
…trasformare in un’alternativa quella che intendeva essere la risoluzione chiarificatrice di una antinomia. (Garin)

pensare
…senza por mente a quel batter di tacchetti da donna poc’anzi udito, pensai trattarsi, forse, del Maresciallo dei Carabinieri… (Morante)

reputare
…offesa piú che nel suo sentimento morale nell’orgoglio di donna che non ottiene il tributo di eroismo che reputa spettarle… (Croce)

ribadire
…ma ribadiva essere essenziale in Marx una «concenzione volontaristica e critico-pratica della storia». (Garin)

ricordare
E al Conti […] ricordava, ironicamente, «esserci stata, e lungamente, una tradizione astrologica». (Garin)

sapere
Soltanto allora, dunque, seppi esser quella una sorta di penitenza o rito. (Morante)

scoprire
…il treno che scoprite essere quello che stavate aspettando, ahimè, sul binario sbagliato. (Marghieri)

scrivere
…restò cosí scandalizzato della sua poca ortodossia che scrisse a Londra questa d’Ombrosa dover essere una nuova Massoneria di rito scozzese… (Calvino)

sentire
Poteva [Dante] al piú derivare da essi, come derivò, quanto sentisse poter riuscire utile alla propria arte e al proposito che lo guidava. (Cosmo)

sostenere
E cosí si spiega la tesi del Bartoli, che con tanto rigore sostenne essere Beatrice, piú che persona concreta, la donna angelicata. (Cosmo)

sottolineare
Il Croce sottolinea doversi intendere questo fare «nel senso piú ampio…» (Garin)

spiegare
La stampa, presso che unanime, spiegava trattarsi di una marcia ideale… (Lussu)


Il costrutto è possibile anche dopo i seguenti sostantivi: affermazione, asserzione, conclusione, conseguenza, definizione, osservazione, proposizione, spiegazione, tesi. Un solo esempio, ché mi sono stancato di ricopiare (:D):

…ov’è ribadita la tesi essere la filosofia concetto del mobile farsi della realtà, ossia conoscenza storica… (Garin)

Non ho ancora letto tutto…
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Molti di questi verbi ammettono l'infinito personale in portoghese. Interessante.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie, Marco, della tua grandissima disponibilità. :)

L'autrice (il libro è disponibile in formato anteprima anche in Google Libri, ovviamente monco per via del diritto d'autore) divide il costrutto in tre ordini, dal piú dotto al piú comune.

Purtroppo, però, le pagine (302-304) in cui si spiegano le caratteristiche di ciascun ordine non sono visibili nell'anteprima.

Ricopio poi un passo in cui vien detto quali verbi possono comparire nella posizione dell'infinito.

Per quanto riguarda l'infinito sono valide certe restrizioni di natura aspettuale. Al posto dell'infinito possono comparire soltanto queste forme e questi tipi di radici: essere, avere + ptcp. pass.; essere e avere (come verbi autonomi); i verbi modali; un numero assai ristretto di verbi intransitivi, p.es. trattarsi, esistere, spettare. Tratto comune e caratteristico di tali forme e radici è la loro neutralità davanti all'Aktionsart. Esclusi sono, nella forma semplice, i verbi transitivi, i verbi intransitivi che siano positivi davanti all'Aktionsart (cioè perfettivi o imperfettivi) e la forma composta di venire + ptcp. pass. Inoltre, ho rilevato come elemento neutralizzante la negazione: perciò, in certi casi i verbi normalmente esclusi dal costrutto possono comparirvi in forma negata.

Il passo che ho evidenziato in grassetto m'è un po' difficile. Che cosa s'intende per Aktionsart e per positività o negatività rispetto a essa? Inoltre, quali sono i verbi perfettivi o imperfettivi? (Sono parecchio petulante, me ne rendo conto :oops: .)

L'autrice, poi, non porta esempi della sua rilevazione, quando afferma che la negazione funge da elemento neutralizzante.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data gio, 13 gen 2011 11:10, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Un verbo imperfettivo indica «l’azione nel suo svolgimento (ad es. crescere, dormire)» (GRADIT); un verbo perfettivo «indica l’azione in quanto raggiunge una meta, un termine (ad es. parare)» (stessa fonte).

Per il termine tedesco: Aktionsart. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Benissimo, ora m’è piú chiaro. :)

Riporto qui per completezza anche il passo della Grammatica di Serianni (XVI.64):

Ad imitazione del latino, in cui l’oggettiva – cosí come la soggettiva – si costruisce con l’infinito e col soggetto obbligatoriamente espresso in accusativo («puto te bonum esse»=ritengo che tu sia buono), anche l’italiano ha conosciuto largamente nel passato e mantiene tuttora in alcuni casi «un costrutto infinitivo con soggetto proprio (SKYTTE 1978: 281). Qualche esempio: «Deucalione e Pirra, affermando seco medesimi niuna cosa potere maggiormente giovare alla stirpe umana che di essere al tutto spenta», ecc. (Leopardi, Operette morali, 140); «altri sentenziavano non essere altro, il problema meridionale, che un caso particolare della oppressione capitalistica» (Levi, Cristo si è fermato a Eboli, 220); «non dubitando esser la faccenda ormai sistemata» (Morante, cit. in SKYTTE 1978: 287)..

Serianni, piú sotto (ibidem), elenca le categorie dei verbi reggenti (che, nello specifico, sono quelli pazientemente elencati e esemplificati da Marco) e sottolinea la limitazione d’uso al registro alto:

Nella lingua dei primi secoli l’accusativo con infinito si può incontrare «dopo verbi del giudicare, del sentire, del pensare, del volere, e dopo verbi impersonali» (ROHLFS 1966-1969: 706): «sapere adunque dovete in Lombardia essere un famosissimo monistero» (Boccaccio). Oggi il costrutto si realizza sostanzialmente all’interno della stessa categoria di reggenze, ma dopo un numero assai ridotto di verbi (poco piú di una ventina secondo SKYTTE 1978: 293) ed è limitato alla lingua scritta, in particolare alla prosa saggistica e accademica.
Olya
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Re: Infinitive latineggianti

Intervento di Olya »

Buongiorno a tutti!
Scusatemi per aver riesumato un filone vecchio, ma cercavo proprio qualcosa del genere e vorrei approfondirne un po'!

È già da tempo che trovo degli esempi che sembrano contraddire alla grammatica classica dei manuali dai quali sto studiando l'italiano. In grammatica per gli studenti stranieri si prescrive:
"La forma implicita (cioè col infinito) si usa se il soggetto della frase principale e della secondaria è lo stesso".
Esempio: "Siamo contenti di andare in vacanza" vs "Siamo contenti che andiate in vacanza".
E intanto ci sono tanti esempi dove i soggetti della frase reggente e la frase secondaria sono diversi e nonostante ciò il congiuntivo viene sostituito con infinito. Quando li mostro ai traduttori o insegnanti della lingua italiana fanno spallucce e non possono spiegarmelo.

Posso aggiungere alla vasta e admirabile lista di Marco1971 e agli ottimi esempi di Ferdinand Bardamu tratti dalla Grammatica di Serianni qualcosa di mio:

1) con il verbo dire:
"...un suo antenato... che dicevano essere stato avventuriero al fianco di Vasco da Gama"
2) volere:
"...di sant’Agostino che voleva l’oceano essere la casa del demonio".
3) affermare:
"Plasson affermava trattarsi, in realtà, di quattro immagini profondamente differenti"
(tutti e tre sono tratti dal libro "Oceano mare" di Alessandro Baricco).
O anche
4) sospettare:
"Dopo qualche metro si rammentò d’una cosa importante: le pastiglie per profumare l’alito. Scese di macchina ed entrò in una farmacia. Era la prima volta che le comperava e le chiese non senza imbarazzo al farmacista, pensando che costui avrebbe sospettato aver egli l’alito puzzolente".
(Tratto da Achille Campanile, "Avventura").

O anche una frase trovata sull'internet:
Ancora con dire:
5) "Questo romanzo è tratto dalla storia della mia adolescenza, quegli anni che tutti dicono essere i migliori".
E un'altra ancora:
6) "I filosofi dicono essere l'anima immortale".

La cosa più ridicola è che l'ultimo esempio l'ho trovato sotto la frase:
"Nella forma implicita la proposizione oggettiva si costruisce col verbo all'infinito... purché il soggetto sia lo stesso della proposizione principale"!
Qui: https://grammatica-italiana.dossier.net ... ana-15.htm.
Direttamente sotto la regola ecco un esempio che smentisce e confuta assolutamente la stessa! Cosa ve ne pare? I filosofi — il soggetto della frase principale, l'anima — il soggetto della frase secondaria. Secondo la grammatica si deve dire: "I filosofi dicono che l'anima sia immortale", no? Come se lo facessero aposta per confondere gli studenti della lingua.

Ma ora mi sembra più o meno comprensibile, grazie a questo forum.
Potrei chiedervi alcuni chiarimenti in merito?
Quindi, dopo "affermare", "dubitare", "volere" e simili si può aggiungere un infinito anche se i soggetti delle frase sono diverse? "...sant’Agostino che voleva l’oceano essere la casa del demonio"...
E come si può capire, per esempio, nella frase "mi vogliono vincere" di che cosa si tratta: "vogliono che vinca io" oppure "vogliono vincere contro di me"?

Perché a me pare che siano ambigue molti frasi come questa citata da Marco1971:
"E cosí si spiega la tesi del Bartoli, che con tanto rigore sostenne essere Beatrice, piú che persona concreta, la donna angelicata". Posso vederci un doppio senso, questo meno ovvio sarebbe: "E cosí si spiega la tesi del Bartoli (e chi è questo Bartole?), Bartole, che con tanto rigore sostenne essere Beatrice (Bartole si credeva Beatrice!), piú che persona concreta, la donna angelicata (si immaginava di essere la donna angelicata — dunque, era pazzo, schizofrenico).
Ho raggione? C'è una ambiguità?
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Animo Grato
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Re: Infinitive latineggianti

Intervento di Animo Grato »

Ben ritrovata, gentile Olya!
La costruzione di una frase come dichiaro la vita essere solo un sogno (alternativa alla più comune e meno stilisticamente marcata dichiaro che la vita è solo un sogno) è sempre possibile (e il limite non è tanto un elenco finito di verbi specifici, quanto il tipo di frase, come la dichiarativa dell'esempio) ma meno comune perché più letteraria: come è stato detto, essa ricalca fedelmente la sintassi del latino, che in questi casi prevede che il soggetto della frase sia declinato nel caso accusativo e il verbo vada all'infinito.
Esempio: latino: dico panem bonum esse --> italiano latineggiante: dico il pane essere buono --> italiano comune: dico che il pane è buono. Ovviamente una costruzione così solenne non sarebbe mai usata per una frase banale come quella del mio esempio, a meno che non si voglia creare un effetto grottesco.

Per quanto riguarda la possibile ambiguità dell'esempio con Beatrice, la risposta è no: non c'è ambiguità.
"E cosí si spiega la tesi del Bartoli, che con tanto rigore sostenne essere Beatrice, piú che persona concreta, la donna angelicata": ciò a cui deve fare attenzione è che, per avere quel significato "alternativo" (Bartoli si crede Beatrice), la frase dovrebbe essere scritta così: "[...] Bartoli, che con tanto rigore sostenne di essere Beatrice [...]". La presenza della preposizione di è l'indizio principale, ma diciamo anche che il seguito della frase (piú che persona concreta, la donna angelicata) sarebbe troppo contorto in quel tipo di interpretazione.
A parte rare eccezioni*, quando il soggetto della frase con l'infinito è lo stesso della principale, c'è di mezzo un di: dice di meritare il premio, sospetta di essere seguito, afferma di aver sempre detto la verità. Nella costruzione latineggiante, il di non c'è.

Spero di esserle stato d'aiuto.

*Tra i verbi con cui è possibile anche la costruzione latineggiante, mi viene in mente solo volere che, come verbo servile, regge direttamente l'infinito, senza di: voleva essere libero.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Olya
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Re: Infinitive latineggianti

Intervento di Olya »

Grazie, Animo Grato, mi è sempre d'aiuto!
Me ne sono completamente dimenticata della preposizione "di"!
Certo. Ho ancora tanto da imparare.

Ne ho trovato un altro, di esempi: "Pure oggi che conosco essere la terra che gira intorno al Sole".

Interessante come dopo anni passati a studiare le regole grammaticali si venga a sapere che si può infrangerle tutte. Che non si può usare il infinito se il verbo principale e quello subordinato hanno soggetti differenti, l'ho imparato tempo fa :)
Avatara utente
Animo Grato
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Re: Infinitive latineggianti

Intervento di Animo Grato »

Olya ha scritto: ven, 19 lug 2019 11:51 Interessante come dopo anni passati a studiare le regole grammaticali si venga a sapere che si può infrangerle tutte.
Be', questa è un'interpretazione un po' troppo radicale. :wink:
I testi didattici (soprattutto quelli per stranieri) si prefiggono l'obbiettivo di fornire gli strumenti per comunicare in un contesto normale. Da un punto di vista pratico, è comprensibile limitare il numero delle regole che lo studente dovrà apprendere e, di conseguenza, mettere "fuori legge" le eccezioni. Questa costruzione latineggiante, poi, è doppiamente eccezionale: in primo luogo, ovviamente, perché è diversa dalla costruzione standard; in secondo luogo, perché si incontra molto raramente (diciamo pure: mai nel parlato spontaneo e sporadicamente solo in una sottocategoria dello scritto, ovvero lo stile elevato).
Mi pare che sia stato Marco1971 ad osservare, una volta, che gli "strappi alla regola" sono propri dei due opposti estremi dello spettro linguistico: lo stile letterario elevato (con la cosiddetta "licenza poetica") e il registro più trascurato degli ignoranti (e allora si parla semplicemente di strafalcione). È quindi prudente tenere lo studente straniero, che ha già i suoi problemi nel districarsi tra le regole "normali" di una lingua sconosciuta, lontano da questo "campo minato".
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