Consecutio temporum

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Stephanus
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Consecutio temporum

Intervento di Stephanus »

Nella seguente frase: "Carlo mi disse che suo nonno partì per l'Argentina nel 1947", il passato remoto "partì" può indicare anteriorità rispetto al verbo della principale? O non dovrebbe esserci "era partito", secondo le regole - non rigide - della consecutio temporum dell'italiano?
Insomma, è una frase errata o si può accettare?


Stefano Amaducci
Ultima modifica di Stephanus in data ven, 18 feb 2011 14:02, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Prima di tutto, riporto la trattazione della GGIC (vol. II, XII.3.2, pp. 620-621).

In generale, nelle subordinate non si può usare il perfetto semplice, che è un Tempo rigidamente deittico e non ammette un’interpretazione che implichi anche anteriorità rispetto a un Tempo diverso dal tempo dell’enunciazione:

(37 a) *Allora Carlo ammise che Maria non lo insultò.
(37 b) *Ti chiese dove lo trovasti.
(37 c) *Non mi ricordavo quando lo incontrai.
(37 d) *Restituii finalmente il libro allo studente che me lo prestò.
(37 e) *Ruppi ogni rapporto con Carlo perché mi mentí.

Il perfetto semplice di anteriorità rispetto a un Tempo nella principale è frequente invece in italiano antico e si trova fino all’Ottocento nella prosa letteraria (v. I.2.3.3.2.):

(38 a) «Ricominciò colei che pria m’inchiese» (Dante, Purgatorio, XXVI, 74)
(38 b) «A dar si volse Vita coll’acqua a chi col ferro uccise» (Tasso, da Fornaciari, 407)
(38 c) «Ritrovossi alfine onde si tolse» (Ariosto, da Fornaciari, 407)

Nelle frasi causali è invece possibile usare il perfetto semplice quando queste precedono la frase principale; in questo caso il perfetto semplice va interpretato come Tempo deittico e il rapporto di anteriorità rispetto al Tempo della principale è desunto contestualmente:

(39 a) Dal momento che il libro non fu trovato, accusarono il ragazzo di averlo rubato.
(39 b) Poiché il Direttore decise di dimettersi, tutti i dipendenti scrissero una lettera di protesta.

Se però nella causale compare un’espressione temporale che richiede come punto di riferimento il tempo della principale, il perfetto semplice non è ammesso perché la presenza dell’espressione temporale anaforica costringe a interpretarlo anche come anteriore al Tempo della principale:

(40 a) *Poiché il Direttore una settimana prima decise di dimettersi, tutti i dipendenti scrissero una lettera di protesta.
(40 b) Poiché il Direttore una settimana prima aveva deciso di dimettersi, tutti i dipendenti scrissero una lettera di protesta.

L’unico caso in cui si può trovare il perfetto semplice nella subordinata si ha quando nella principale c’è un perfetto composto. Questa possibilità è dovuta al valore intrinseco del perfetto composto, che indica un evento i cui effetti persistono ancora al momento dell’enunciazione (v. I.2.3.2.): il perfetto semplice può allora essere usato, essendo possibile interpretarlo come anteriore esclusivamente al ME, punto finale dell’evento descritto dal perfetto composto. Ess.:

(41 a) Non ho capito se Gianni la accompagnò nel suo viaggio.
(41 b) Ho saputo che Gianni la accompagnò nel suo viaggio.
(41 c) Ti ho chiesto quando lo vedesti per l’ultima volta.


Si può dire, dunque, che la frase oggetto di questo filone non appartiene all’italiano normale di oggi, ma che sarebbe possibile in uno stile letterario e arcaizzante. In un registro comune e formale è necessario sostituire il passato remoto col trapassato prossimo (era partito).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Stephanus
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consecutio dell'imperfetto

Intervento di Stephanus »

Ringrazio della risposta di Marco1971. E pongo un altro quesito.

Nella frase: "Renzo mi disse che era dell’opinione che Gianni avrebbe dovuto smettere di fumare", l'imperfetto "era" può avere valore di anteriorità rispetto alla principale "mi disse" (se si mettono un indicatore temporale di anteriorità la frase mi sembra accettabile: "Due anni fa Renzo mi disse che l'anno prima era dell’opinione che Gianni avrebbe dovuto smettere di fumare") o ha solo valore di contemporaneità secondo le regole della consecutio temporum italiana?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí, l’imperfetto può esprimere l’anteriorità rispetto al passato remoto, e la frase è corretta.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Una precisazione della GGIC (vol. III, IX.3.2.3.1.2, pp. 455-456):

A un imperfetto del discorso diretto che sia in rapporto di anteriorità rispetto a un Tempo del passato della frase citante corrisponde nel discorso indiretto un piucchep[p]erfetto, (149b) e (150b); può corrispondere un imperfetto solo se l’anteriorità dell’evento è esplicitata da un avverbiale o da una proposizione temporale, come in (149e), (150e), (151b), altrimenti l’imperfetto indicherebbe contemporaneità nel passato, (149c) e (150c):

(149 a) Mi domandò: «Non ne sapevi niente?»
(149 b) Mi domandò se non ne avevo/avessi saputo niente.
(149 c) *Mi domandò se non ne sapevo niente.
(149 d) Mi domandò: «Non ne sapevi niente prima dell’interrogatorio/prima che ti interrogassero/prima di essere interrogato?».
(149 e) Mi domandò se non ne sapevo niente prima dell’interrogatorio/prima che mi interrogassero/prima di essere interrogato.
(150 a) Dissi: «Ero il primo della classe».
(150 b) Dissi che ero stato il primo della classe.
(150 c) *Dissi che ero il primo della classe.
(150 d) Dissi: «Ero il primo della classe, al liceo/quando facevo il liceo».
(150 e) Dissi che ero il primo della classe, al liceo/quando facevo il liceo.
(151 a) Gli ho chiesto: «Andavi al mare da ragazzo?».
(151 b) Gli ho chiesto se da ragazzo andava al mare.


Naturalmente le due frasi asteriscate sono grammaticali se si esprime la simultaneità.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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