«L’intervento mi è parso fuori luogo»: dov’è il soggetto?

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Barbarella
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«L’intervento mi è parso fuori luogo»: dov’è il soggetto?

Intervento di Barbarella »

Prima di tutto, voglio dire grazie a tutti per l'aiuto!!!
Sono studentessa di italiano come lingua straniera è ho un dubbio:

Questa è la frase:

L'intervento del signore in prima fila mi è parso del tutto fuori luogo.

Dov'è il soggeto? L'intervento del signore in prima fila mi è parso "a me" del tutto fuoiri luogo, allora.... è "mi" il soggetto?????

Tante grazie
Barbara
Avatara utente
Marco1971
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Salve, Barbara!

Il soggetto della frase è l’intervento del signore in prima fila. Mi è complemento oggetto indiretto (‘a me’).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Benvenuta fra noi, Barbarella. :)

L'intervento è il soggetto.

Il soggetto, schematicamente, oltre alla persona che compie un'azione è anche la cosa di cui si parla.

Di che cosa si parla nella frase? Dell'intervento. L'intervento, quindi, è il soggetto.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Bue
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Intervento di Bue »

Fausto Raso ha scritto:Il soggetto, schematicamente, oltre alla persona che compie un'azione è anche la cosa di cui si parla.

Di che cosa si parla nella frase? Dell'intervento. L'intervento, quindi, è il soggetto.
Beh, questa indicazione mi sembra possa portare a confusione: le due frasi "non mi è piaciuto l'intervento del signore in prima fila" e "non ho apprezzato l'intervento del signore in prima fila" sono quasi indiscutibilmente uguali dal punto di vista di "ciò di cui si parla", ma il soggetto cambia.
Fausto Raso
Interventi: 1725
Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25

Intervento di Fausto Raso »

Bue ha scritto:Beh, questa indicazione mi sembra possa portare a confusione: le due frasi "non mi è piaciuto l'intervento del signore in prima fila" e "non ho apprezzato l'intervento del signore in prima fila" sono quasi indiscutibilmente uguali dal punto di vista di "ciò di cui si parla", ma il soggetto cambia.
Può darsi che l'indicazione che ho dato possa generare confusione, ma è, pressappoco, la definizione che danno del soggetto le maggiori grammatiche in uso.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Bue
Interventi: 866
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

Beh allora anche le maggiori grammatiche danno una definizione che genera confusione 8)
Temo che dare una definizione precisa (che tra l'altro non mi sembra un problema legato all'apprendimento dell'italiano: il concetto di soggetto è lo stesso in tutte le lingue indoeuropee, credo) sia un po' come cercare di dare la definizione di numero: si tratta insomma di un concetto abbastanza primario. Anche parlare di "chi o cosa compie l'azione" è sbagliato, basta pensare a una frase volta al passivo: "questa opinione è criticata da molti" vs "molti criticano questa opinione"...

Certo io non saprei dare una definizione assoluta e priva di autoreferenzialità... la più neutra che mi viene in mente, anche se non so formalizzarla bene, è che un verbo coniugato (nei modi finiti) presuppone sempre un soggetto (tranne alcune eccezioni, come "piove") e, se transitivo, un oggetto. Nel secondo caso si tratta di una relazione non commutativa A->B in cui A è il soggetto e B l'oggetto. Insomma il soggetto è quel sostantivo (generalizzato) che costituisce il primo elemento della coppia o tripletta (logicamente) ordinata soggetto-verbo-complemento: quell'elemento che va "attaccato alla coda della freccia" rappresentata dal verbo coniugato.

So di non essere stato tecnicamente preciso (sicuramente esistono i paroloni gergali opportuni) e soprattutto di essere stato completamente inutile alla povera iniziatrice del filone: me ne scuso... colpa dell'ora tarda
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Non credo che molti di noi abbiano difficoltà a individuare il soggetto d’una frase. Per me, la definizione che dà il Treccani è soddisfacente:

soggetto 4. a. In linguistica, la persona o la cosa, concreta o astratta, che nella proposizione fa l’azione o si trova nella condizione espressa dal verbo. Nella pratica scolastica, si usa distinguere dal s. grammaticale il cosiddetto s. logico, quello cioè che, pur non essendo sintatticamente il soggetto della proposizione, indica tuttavia la persona che compie l’azione, come è proprio, in partic., del compl. d’agente (per es., la frase passiva «gli alunni furono rimproverati dal maestro» equivale a quella attiva «il maestro rimproverò gli alunni»; nell’una e nell’altra, chi fa l’azione è sempre il maestro).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Bue
Interventi: 866
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

In particolare, può darsi che la perplessità di Barbarella sia dovuta al fatto che ad esempio in inglese la frase "non mi è piaciuto l'intervento" diventa "I did not like the speech/statement", e quindi il soggetto (logico) per la persona abituata a pensare in quella lingua è "io".
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Bue piglia molto a proposito il toro per le corna.

Dico nuovamente ciò che ho ripetuto altrove – ma vedo che son temi scottanti.

La scienza linguistica, per la sintassi, parla di due classi di principi [la terza classe, pragmatica, la do implicitamente]: la prima, quella delle «funzioni sintattiche», per cui [oggi] ai noti ruoli di soggetto, predicato e oggetto si associa molto volentieri il taglio ricordato da Bue – si parla cioè di «valenza verbale», guardando all’argomentare del verbo. Il soggetto è allora l’argomento principale; sotto l’aspetto morfologico, il sintagma nominale con cui si accorda il verbo: ecco due spiegazioni, mi pare, più stringenti e meno fuorvianti.

La seconda classe (anch’essa menzionata da Bue) è quella dei «ruoli semantici»: si volgono l’attenzione e l’analisi ai designata, e la frase è quello che rappresenta: si valùta l’evento descritto, si riferiscono quindi le implicazioni del significato. Abbiamo un agente, un paziente, un beneficiario, un esperiente (non più ‘chi compie l’azione’, o ‘chi la subisce’: indicazioni che guarda[va]no a un’analisi poco raffinata, legittimata storicamente) etc.

Le rispettive nozioni viaggiano su piani diversi.
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