«Appropriarsi... di»?

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Anche se è un po' fuori tema mi piace portare all'attenzione degli amici una perla di un docente universitario di lingua italiana circa il "famigerato" QUAL È (con o senza apostrofo?). Per costui occorre fare un distinguo: se quale si riferisce a un maschile si tronca (qual è il risultato?); se si riferisce a un femminile si apostrofa (qual' è la prospettiva?). Spiace dirlo, ma oggi il livello "linguistico" dei docenti universitari e no è questo e davanti a appropriarsi una cosa non esiterebbero a tirar fuori la fatidica matita blu.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Re: «Appropriarsi... di»?

Intervento di Marco1971 »

A 14 anni di distanza, vedo con piacere che la costruzione tradizionale – soppiantata nell’uso da quella «errata» – non è ancora del tutto defunta, sebbene ampiamente minoritaria. Di recentissimo ho trovato quest’unico esempio (strano che non sia stato «corretto»!):

Sono codici di appartenenza. La Z sta per zona: i municipi. A volte «zona» viene sostituita da «blocco», come nelle città americane, per appropriarsi il territorio. (Corriere della Sera, 17 marzo 2019)

Ma chi mai potrà contrastare l’uragano stridulissimo degli spaventevoli «appropriarsi di»? :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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