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Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Vede, caro Scilens, il fatto è questo: «Prima […] di misurare e giudicare tutta la lingua col metro di una grammatica del discorso logico, bisogna pensare che accanto ad essa c'è anche la grammatica del discorso affettivo, ad una grammatica del parlato accanto a quella dello scritto. O meglio, c'è una lingua sola, ma che adempie funzioni comunicative ed espressive diverse, di tutte le quali una grammatica moderna deve render conto».

Insomma, la lingua italiana, oggi, è completa di tutti i registri comunicativi; da libresca e cólta è diventata finalmente una lingua popolare. Non si può dire allora che l’uso di «a me mi» in alcuni autori celebri sia errato; men che meno in Manzoni, che adoperò questo modulo con sapienza. È una possibilità che la lingua offre, e va usata con criterio.

Ora, sappiamo bene che l’italiano nasce come lingua fortemente normalizzata. Se in toscano non si dice «a me piace» (e questo è vero anche per altri dialetti, come il mio: suonerebbe foresto chi dicesse *«a mi piaxe»), è perché l’uso vivo e spontaneo privilegia la messa in rilievo, la ridondanza, l’accumulo. La lingua scritta, in ispecie se, come nel nostro caso, è stata esposta per secoli all’influsso del latino, tende invece a rispettare la logica.

«A me piace» è grammaticalmente ineccepibile. Tanto piú che, se spostassimo quel sintagma preposizionale dopo il verbo (mutando del tutto il suo valore pragmatico, che ora diverrebbe rema, cioè informazione nuova), non avremmo del pari alcun errore grammaticale: «Piace a me (non a te, ecc.)». Che «a me piace» sia una forma che appartiene al parlato piú sorvegliato è indubbio; che sia estranea al dialetto, è altrettanto pacifico. Ma il dialetto si usa solo quando si può: in situazioni comunicative molto informali. E pure nel parlato esistono diversi gradi di formalità.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Approvo ciò che dice Ferdinand Bardamu! E la stessa cosa vale per " A me fa schifo", giusto?



Dunque l'ipercorrettismo è un fenomeno che prende vita solamente nel momento in cui un parlante si trovi ad aver a che fare con un verbo Transitivo?
Avatara utente
Scilens
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Intervento di Scilens »

Gentilissimo Ferdinand, se "a me piace" è formalmente corretto in italiano, ma anormale in toscano, vuol dire che le coerenze interne del toscano sono diverse da quelle dell'italiano, com'è evidente. Eppure in caso di dubbio sull'italiano si va a ricercare come fu detto dagli autori del passato, trovando anche certi errori oggi evidenti che forse all'epoca non erano considerati tali. Per me l'italiano è una lingua artificiale e tale dovrebbe restare. Quest'artificialità presenta alcuni vantaggi sulle lingue vive soggette a mutazioni incontrollabili e anche se oggi l'italiano si avvia a diventare lingua viva non deve scordare la propria origine. La tensione tra le esigenze del parlato quotidiano e quelle di correttezza formale soprattutto dello scritto dovrebbero essere temperate da un organismo normativo, in mancanza del quale, mi sembra, nasce questo fòro. Ma se si accetta che l'italiano sia una lingua viva si accetta anche che se ne vada per proprio conto verso vernacolarizzazioni locali e gerghi, che invece è proprio quanto viene qui combattuto. Così si torna a cercare il toscano, che è altro. E anch'io ho confuso le due lingue.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Caro Scilens, mi spiegherò meglio: qui si cerca di preservare una norma che poggia sul magistero della tradizione. Ma esistono innumerevoli livelli al di sotto di questa norma.

Se, parlando con amici, le sfuggisse un «a me mi piace», non solo non commetterebbe alcuno sbaglio, ma sarebbe pragmaticamente giustificato nella sua scelta. Avesse di fronte un altro interlocutore, poniamo un estraneo, si potrebbe sentire spinto a elevare il suo eloquio: allora dirà «a me piace». Ma questo è possibile perché l’italiano ha «esercito e marina», laddove i dialetti e i diversi vernacoli italiani, relegati come sono ai registri piú bassi, possono esprimere solo i sentimenti piú spontanei e semplici, e a questo adeguano le loro strutture.

L’accettazione dell’italiano in quanto lingua viva non implica l’appovazione indiscriminata di qualsiasi parola, locuzione o modulo sintattico in qualsiasi contesto. È vero che si parla di «neostandard», e certi usi prima proscritti ora sono accettati: si veda la tolleranza nello scritto verso la dislocazione dell’oggetto, la frase scissa, ecc. Ma un parlante davvero avvertito dovrebbe essere in grado di capire quando può usare certe parole o certi costrutti, e quando no. Qui entra in gioco la scuola: se s’insegnasse ai bambini che «a me mi» non si scrive (nei temi), si evita coll’insegnante ma va benissimo con gli amici, forse eviteremmo tanti fraintendimenti.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Non mi sfugge, lo dico davvero e volontariamente. Perché un tempo, fino a trenta o quarant'anni fa', lima e lesina, parlavo un italiano senz'accenti tanto che mi chiedevano di dove fossi. Alla terza volta rifiutai quello che m'apparve un vero tradimento di me stesso e della mia origine e tornai alla parlata degli avi. Con fatica e in modo imperfetto. L'italiano serve a scrivere, io parlo toscano. E, come per i salamini di Petrolini, me ne vanto, perché per me è stata una riconquista.

Quanto al resto, la lingua di una Nazione non può e non deve essere ridotta ad una questione di élite di illuminati, la lingua non è un fine, dovrebbe essere un mezzo. Se per separare o unire, va scelto. Ma parlare italiano è innaturale e non voglio più, però posso (o forse potevo?). Eppure chi vuol fare informazione su mezzi nazionali deve parlarlo o/e (vel) scriverlo in modo corretto e scorrevole, perché possa dire di saper fare un mestiere.
L'italiano si presta a quasi tutto, anche ad essere usato come un trapano o un flabello, o anche un baffo di gatto per miniare, ma il parlante davvero avvertito, come dice lei, è un maniaco linguistico, non una persona normale. A meno che la lingua non sia un attrezzo del mestiere. Così ritiro il mio intervento della pagina precedente e seguo la sua spiegazione che è riuscita a rendermi meno confuso.
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