Complemento di termine

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Nel caso specifico devo concordare con Federico: è vero che si tratta di un «accusativo preposizionale», ma per gli esempi classici di costrutto marcato nel quale è impiegato (nell’Italia centromeridionale sempre con ripetizione del clitico, almeno nel registro colloquiale, scil.: «a me… mi») non c’è generalmente alternativa, se non in un registro [molto piú] formale (e.g., «quanto a me… mi»). Qui invece l’alternativa (data da Marco) c’è (…in toscano [informale] si direbbe: «e te lei sí?»).
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:... Qui invece l’alternativa (data da Marco) c’è
Non capisco cosa voglia dire.

Qui non si sta dicendo che non esistano alternative al costrutto marcato proposto. Sia marcate con modifiche alla struttura morfo-sintattica della frase sia da una particolare intonazione. Anche se la “resa” comunicativa difficilmente sarà mai la stessa.

Si sta dicendo che la struttura proposta è sempre più diffusa (e perfettamente ammissibile) nella lingua parlata, tanto da essere studiata e valutata positivamente da un’illustre studiosa, e risponde non a capricci momentanei ma a precisi meccanismi di efficienza linguistica.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:... Qui invece l’alternativa (data da Marco) c’è
Non capisco cosa voglia dire.
Mi riferivo semplicemente a questo:
Federico ha scritto:Non siamo in presenza di nessuno degli ultimi due casi, ma non c'è nemmeno un reale bisogno di distinguere soggetto e oggetto, perché tutte le forme ellittiche proposte («Tu lei sí?», «Lei tu sí?», «Tu sí lei?»), oltre ad essere sufficientemente enfatiche, marcano eccome la distinzione soggetto/oggetto.

M’azzardo addirittura a dire («rima petrosa» :D) che lo specifico costrutto riportato da Pocoyo non si sente in Toscana: saremo noi toscani a mancare [parzialmente] di «marcatezza» o sarà il costrutto in oggetto a non essere proprio «canonico» neanche come «costrutto marcato»?
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Una cosa è certa. Su questi fenomeni del parlato moderno la Toscana non fa testo. :lol:
Gl'influssi preponderanti sono del restante Centro-Sud e del Nord. La Toscana è diventata ormai una regione estremamente marginale.
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Fabio48
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Intervento di Fabio48 »

La Toscana "estremamente marginale"?... :(

Ma sì, dai, non prendiamocela; stiamo pure ai margini. Se fosse per me, ripristinerei anche subito il Granducato di Toscana.

Anzi, dirò di più: rifarei la Repubblica di Lucca con buona pace del Nord e del Centro-Sud.

Cordialità da un emarginato :oops:

P.S.
W Leopoldo!
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
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Federico
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Intervento di Federico »

bubu7 ha scritto:I reali bisogni non li decidono i teorici ma i parlanti. I quali decidono anche quale forma privilegiare.
Però i parlanti non sono influenzati solo dai «reali bisogni»; e comunque i «teorici» potranno pur esprimere un giudizio sulla loro scelta, pur senza naturalmente alienarsi dalla lingua della maggioranza.
bubu7 ha scritto:Come dicevo, siamo di fronte ad una struttura innovativa che risponde a precise motivazioni di evoluzione linguistica e che arricchisce le possibilità espressive della nostra lingua.
Sí, ma non in tutti i casi: quello che diciamo noi è semplicemente che nella fattispecie non vediamo alcun bisogno di questa costruzione, cui andrebbe pertanto probabilmente preferita una canonica, che infatti suona meno strana (laddove altri usi di oggetto preposizionale appaiono perfettamente normali, ormai).
bubu7 ha scritto:Si sta dicendo che la struttura proposta è sempre più diffusa (e perfettamente ammissibile) nella lingua parlata, tanto da essere studiata e valutata positivamente da un’illustre studiosa, e risponde non a capricci momentanei ma a precisi meccanismi di efficienza linguistica.
E dove starebbe qui la maggiore efficienza? Non nel risparmio di fiato, e nemmeno nel minore sforzo necessario all'interlocutore.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Fabio48 ha scritto:La Toscana "estremamente marginale"?... :(
Sì, ma mi riferivo solo a:
...questi fenomeni del parlato moderno...
Ricambio le cordialità. :)
Federico ha scritto:E dove starebbe qui la maggiore efficienza?...
Potrei anche spiegarglielo, ma vedo che la sua è più che altro una domanda retorica visto che nega con decisione una delle sicure motivazioni del fenomeno.
Per il resto, rileggendo le mie puntualizzazioni, si dovrebbe capire che stiamo seguendo due strade diverse.
Lei parla di giudizi teorici e di cosa, secondo lei, andrebbe preferito, io parlo di un processo in atto e della sua interpretazione.
Sono due punti di vista ugualmente validi ma, come dicevo, diversi. :)
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

In ogni caso, a me sembra che il costrutto ellittico riportato da Pocoyo sia regionalmente connotato [oltre che sintatticamente marcato], e quindi non sia un costrutto marcato dell’italiano… Ma qui bisognerebbe ovviamente disporre di statistiche specifiche.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:In ogni caso, a me sembra che il costrutto ellittico riportato da Pocoyo sia regionalmente connotato [oltre che sintatticamente marcato], e quindi non sia un costrutto marcato dell’italiano
Non sono d'accordo.
Il costrutto non è limitato ad una particolare regione (area). Lo si ritrova al Sud, al Centro (a Roma, sicuramente) e al Nord.
Può essere più o meno frequente, ma questo non è un problema per il parlato.
Sicuramente appartiene ad un particolare registro.
Sicuramente, nella forma dislocata a sinistra, è più diffuso.
Ma se lo sentissi in una trasmissione televisiva, non sobbalzerei né saprei indovinare la provenienza del parlante (potrei forse escludere qualche regione).
È importante sottolineare che stiamo considerando la lingua parlata (la vera lingua) che necessariamente deve avere regole molto, ma molto, più elastiche della lingua scritta.
È proprio questa elasticità che favorisce l'evoluzione e l'adattamento della lingua ai mutamenti della società.
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:In ogni caso, a me sembra che il costrutto ellittico riportato da Pocoyo sia regionalmente connotato [oltre che sintatticamente marcato], e quindi non sia un costrutto marcato dell’italiano
Non sono d'accordo.
Ovvero: Lei dispone di statistiche specifiche su costrutti del tipo «Tu sí a lei?» in risposta ad affermazioni del tipo «Tanto non mi riconoscerebbe»?

Se è cosí, ne prendo atto. Se invece conosce semplicemente la letteratura riguardante la costruzione marcata con oggetto preposizionale senza specifico riferimento al contesto in esame, allora rimango della mia opinione.

La differenza tra Lei e gli altri che sono intervenuti in questa discussione non è il giudizio di merito sui costrutti marcati con oggetto preposizionale, bensí il ritenere l’espressione in questione un esempio «canonico» di tale tipo di costrutti…
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Federico
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Intervento di Federico »

Bubu7, capisco benissimo il suo punto di vista, che è piú vicino al mio di altri.

È vero che l'oggetto preposizionale si sta espandendo, e in certi casi si può dire del tutto necessario, e comune a tutta la penisola, ma questi casi sono quelli indicati da Serianni, e non altri, e io continuo a sentirlo come un uso regionale, nell'esempio indicato.
Questa è una percezione personale, certo, cui però come giustamente dice Infarinato lei non può contrapporre dati piú certi; i miei giudizi teorici non sono valutazioni astratte che tentano di imbrigliare la libertà dei parlanti, ma solo considerazioni che porto a sostegno della mia percezione: poiché in un caso come questo una simile costruzione non è necessaria, è facile che essa non sia entrata nell'uso uscendo dall'ambito regionale e colloquiale che le è proprio.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Vi trascrivo il passo della GGIC relativo all’argomento di cui si discute (vol. I, pp. 155-156, II.2.1.1.1., sott. mie):
Se l’oggetto dislocato è un pronome di I o II singolare, esso può essere preceduto dalla preposizione a, non solo nelle varietà italiane meridionali dove esiste la costruzione dell’oggetto preposizionale, ma anche nell’italiano settentrionale e toscano:

(19 a) A te, non ti vogliamo.
(19 b) A me, non mi hanno invitato.
(19 c) A te, ti ho già visto.

Piú o meno la stessa cosa dovrebbe valere per i pronomi di I e II pers. pl. (ess. (20 a, b)). Con i pronomi di III pers. sing. e pl. e con SN, l’anteposizione di a, corrente nell’it. parlato spontaneo centromeridionale, è estranea a quello settentrionale e toscano (ess. (20 c-e)). Con SN inanimato, l’anteposizione di a è esclusa in ogni caso (es. (20 f)):

(20 a) ?A noi, non ci vogliono.
(20 b) ?A voi, vi ho visto a Roma.
(20 c) ??A lui, l’hanno chiamato ieri.
(20 d) ??A loro, li ha invitati Carlo.
(20 e) ?A Giorgio, non lo vuole piú nessuno.
(20 f) *Al tavolo, non lo aggiusto.
Ricordo che:

*A = A è agrammaticale, inaccettabile;
??A = A è molto anomalo, quasi agrammaticale;
?A = A è leggermente anomalo, non perfettamente accettabile.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Marco1971 ha scritto:Vi trascrivo il passo della GGIC relativo all’argomento di cui si discute (vol. I, pp. 155-156, II.2.1.1.1., sott. mie)…
Grazie, Marco.
La GGIC ha scritto:Con i pronomi di III pers. sing. e pl. e con SN, l’anteposizione di a, corrente nell’it. parlato spontaneo centromeridionale, è estranea a quello settentrionale e toscano (ess. (20 c-e)).
Mi fa piacere costatare che l’orecchio non mi/ci tradisce… :D
La GGIC (grassetto mio) ha scritto:Se l’oggetto dislocato è un pronome di I o II singolare, esso può essere preceduto dalla preposizione a, non solo nelle varietà italiane meridionali dove esiste la costruzione dell’oggetto preposizionale, ma anche nell’italiano settentrionale e toscano…
Mi fa molto piacere anche quel «può», ché io trovo del tutto normali (e sufficientemente marcate dalla sola dislocazione) realizzazioni del tipo:
  • (19' a) Te, non ti vogliamo.
    (19' b) Me, non mi hanno invitato.
    (19' c) Te, ti ho già visto.
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Federico
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Intervento di Federico »

Interessante, il passo della GGIC.
Infarinato ha scritto:io trovo del tutto normali (e sufficientemente marcate dalla sola dislocazione) realizzazioni del tipo:
  • (19' a) Te, non ti vogliamo.
    (19' b) Me, non mi hanno invitato.
    (19' c) Te, ti ho già visto.
Pure io.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ringrazio Marco1971 della citazione della GGIC e della “sobrietà” delle sue sottolineature.
Vedo che il brano riportato ha suscitato in qualcuno notevole entusiasmo.

Io cerco di fornire elementi per comprendere quali siano le caratteristiche più vitali della nostra lingua.
Quali siano i meccanismi (ancora) attivi e quali quelli ormai morti.

Se si rileggono con la dovuta attenzione i miei interventi, si vedranno i limiti nei quali, fin dal primo di essi, ho cercato d’inquadrare il fenomeno (e l’esempio proposto).

Ma torniamo al nostro caso e forniamo, a chi ci segue, ulteriori elementi di valutazione e riflessione.
L’esempio della GCIC è importante per la particolare impostazione di questa grammatica.
Infatti, a differenza di quella del Serianni, essa indaga le caratteristiche della lingua spingendola fino alle sue estreme possibilità (e anche oltre). Questo è il significato dei simboli, asterisco e punto interrogativo, molto opportunamente spiegati da Marco1971. È importantissimo notare che, proprio perché essa si spinge fino al limite dell’accettabilità grammaticale, la GCIC non può che essere una grammatica sincronica, legata cioè allo stretto presente, e non può che dare indicazioni passibili di rapida evoluzione come conseguenza di ulteriori ricerche. Invece la grammatica del Serianni fornisce risultati più consolidati e si spinge spesso in considerazioni diacroniche, di grammatica storica e (più raramente) in proiezioni per il futuro.

Detto questo, vediamo che le osservazioni della citazione riportate da Marco1971 si riferiscono alla situazione di almeno una ventina d’anni fa (precedenti il 1988) e che riguardano un fenomeno “emergente” cioè con tendenza all’espansione.

Mi potrei fermare qui.

La cosa più importante (e più difficile) non è avere a disposizione dei buoni strumenti di consultazione (cosa comunque da non sottovalutare) ma disporre della chiave di lettura per poterli interpretare.

Dicevo che potrei fermarmi qui. Ma, non tanto per raffreddare un poco facili entusiasmi, quanto per fornire ulteriori prove che i testi vanno interpretati, riporto alcune riflessioni di Monica Berretta, prese stavolta da un libro datato 1993, Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, dal capitolo relativo alla Morfologia (pag. 236).

Dopo aver premesso che l’accusativo preposizionale ha una diffusione maggiore di quanto normalmente si giudichi, la Berretta, riporta una serie di esempi.
Tra questi, uno preso dallo scritto (questo, per chi vuol capire, è un indice di diffusione notevolmente superiore alla lingua parlata colloquiale) tratto da un articolo di Giorgio Bocca su La Repubblica (15.5.1992): “A lui […] questa conclusione lo spiazzò…”.
Come si vede, si tratta di un costrutto giudicato “molto anomalo” dalla GCIC e riportato non più come tale dalla Berretta (anche se a diffusione più limitata rispetto ad altri). Per inciso, Bocca non è certo un meridionale.

Sull’accusativo preposizionale la Berretta conclude:
Si tratta di una forma incipiente di marcatura differenziale dell’oggetto, cioè di una marca che segnala, come accusativi, elementi che più spesso emergono in un caso per essi inusuale […] L’accusativo preposizionale costituisce un potenziale arricchimento della morfologia dell’italiano che risponde […] ad una rinnovata tendenza a segnalare morfologicamente l’oggetto.
Cosa ne pensate? Non vi sembra di uscire dai mausolei, impregnati dall’odore del liquido di conservazione dei cadaveri, ed entrare in un mondo vitale? In cui quelle che domani saranno le regole codificate dalle grammatiche più conservatrici sono oggi “forme incipienti” dell’italiano parlato colloquiale, quell’italiano a cui molti studiosi attribuiscono l’aggettivo “tendenziale”, proprio per questo suo manifestare “in anteprima” le tendenze evolutive della lingua.
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