«Si direbbe che…»: perché l’indicativo?

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Zabob
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«Si direbbe che…»: perché l’indicativo?

Intervento di Zabob »

Sul dizionario di Tommaseo-Bellini, al lemma “DIRE”, punto 37., trovo il seguente esempio:

«Quel ritratto si direbbe che parla»

Esempio del tutto simile nel Novo vocabolario della lingua italiana (Broglio-Giorgini) al lemma “Dire”, § 64: «Quella figura si direbbe che parla».

Non vi stonano questi esempi? Mi suona meglio una frase come «Si direbbe che ti disturbo», se non altro perché evita l’ambiguità di «Si direbbe che ti disturbi».

Per fare un ultimo esempio (mio), nel parlato userei l’indicativo affermando «guarda com’è pimpante Luigi, si direbbe che la cura alle terme gli ha fatto bene», ma nello scritto il congiuntivo mi pare d'obbligo.

Che ne pensate?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Millermann
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Intervento di Millermann »

Buonasera, Zabob. :)
Le sue proposte mi sembrano corrette e convincenti: anch'io trovo che, nel parlato, l'uso dell'indicativo renda l'affermazione piú incisiva e immediata. Nello scritto, invece, non credo si possa fare a meno del congiuntivo.

Mi sembra di poter affermare, tuttavia, che gli esempi tratti dai dizionari storici da lei citati si pongano, per l'appunto, come trascrizioni del parlato. È proprio davanti al quadro in questione, infatti, che uno potrebbe esclamare «Quella figura si direbbe che parla!», quasi come se ne sentisse in quel momento le parole. Altrimenti, col congiuntivo, l'osservazione mi parrebbe ben piú tecnica e distaccata, e l'interpreterei quasi come «Quella figura si direbbe che stia parlando [con quell'altra]», giusto perché, ad esempio, ha le labbra socchiuse. :P
Non crede anche lei?
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Re: «Si direbbe che…»: perché l’indicativo?

Intervento di Infarinato »

Zabob ha scritto:«Si direbbe che…»: perché l’indicativo?
Forse perché [di norma] dire regge l’indicativo. ;)

Certo, il costrutto potrebbe rientrare nel caso (52b) del Serianni, ma non sempre. Una cosa è si direbbe proprio che, un’altra si direbbe quasi che. Si confronti questo passo del Fermo e Lucia con quest’altro dei Promessi Sposi —e no, qui non c’entra la risciacquatura dei panni in Arno.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Vi ringrazio per le risposte.
Infarinato, non trova che la scelta fra indicativo e congiuntivo possa dipendere anche da un rapporto di contemporaneità o di anteriorità della subordinata rispetto alla principale?

Mi spiego con alcuni esempi:
  • «Si direbbe che hai una gran fame» (stai mangiando)
  • «Si direbbe che avessi una gran fame» (hai appena finito di mangiare)
  • «Si dice che Tizio ha un’amante» (Tizio è vivente)
  • «Si dice che Tizio avesse un’amante» (Tizio è morto)
In questi casi, personalmente, avverto come preferibile il congiuntivo all’imperfetto. Ma forse è solo una questione di “orecchio”.

P.S.: ho trovato in proposito anche questo filone.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Zabob ha scritto:Infarinato, non trova che la scelta fra indicativo e congiuntivo possa dipendere anche da un rapporto di contemporaneità o di anteriorità della subordinata rispetto alla principale?
Direi di no. Uso e integro i suoi esempi:
  • «Si direbbe che hai una gran fame» (hai senza dubbio una gran fame, e io te lo faccio notare scherzosamente) ~ «Si direbbe che tu abbia una gran fame» (ma forse stai mangiando a quattro palmenti per una delusione d’amore);
  • «Si direbbe che avevi una gran fame» (come sopra) ~ «Si direbbe che avessi una gran fame» (come sopra);
  • «Si dice che Tizio ha un’amante» (ed è plausibile / io ci credo) ~ «Si dice che Tizio abbia un’amante» (ma io non ci credo tanto);
  • «Si dice che Tizio aveva / ebbe / ha avuto un’amante» (come sopra, con differenziazione aspettuale) ~ «Si dice che Tizio avesse un’amante» (come sopra).
Come ricordava Marco nel succitato intervento, entrambi i modi sono ben attestati in letteratura e, sebbene l’indicativo (segnatamente, presente) si ritrovi piú facilmente nel parlato (per ragioni —direi— prettamente deittiche), non vedo particolari differenze di registro fra le alternative proposte.
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