Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Moderatore: Cruscanti
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Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Buonasera,
nella frase "Spero di essere già uscita per quando tu [terminare]", la flessione di quest'ultimo verbo obbedisce alle regole generali sulla concordanza? Esso, cioè, andrà coniugato al futuro semplice, istituendo l'impiego dell'infinito passato un rapporto di posteriorità?
nella frase "Spero di essere già uscita per quando tu [terminare]", la flessione di quest'ultimo verbo obbedisce alle regole generali sulla concordanza? Esso, cioè, andrà coniugato al futuro semplice, istituendo l'impiego dell'infinito passato un rapporto di posteriorità?
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Suggerirei il futuro anteriore, ma, a mio modesto avviso, è possibile anche il futuro semplice. La invito comunque ad attendere il parere degli esperti...
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Sí, sarebbero possibili sia il futuro semplice, sia il futuro anteriore; ma in una lingua inappuntabile qui si userebbe quest’ultimo, perché si esprime un’auspicata contemporaneità tra l’essere uscito e l’aver terminato, e la contemporaneità viene generalmente resa con lo stesso tempo.
La frase infatti corrisponde a: Spero che sarò già uscita per quando tu avrai terminato.
La frase infatti corrisponde a: Spero che sarò già uscita per quando tu avrai terminato.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
In effetti il futuro anteriore mi sembrava più naturale, non avevo pensato ad una lettura in chiave di simultaneità. Grazie signori.
Abuso della vostra sollecitudine per domandare un ulteriore chiarimento: perché in quest'esempio formulato dalla Treccani ("vorrei che l’appartamento fosse già pronto per quando mia figlia andrà a vivere da sola") il tempo prescelto è il futuro semplice?
Abuso della vostra sollecitudine per domandare un ulteriore chiarimento: perché in quest'esempio formulato dalla Treccani ("vorrei che l’appartamento fosse già pronto per quando mia figlia andrà a vivere da sola") il tempo prescelto è il futuro semplice?
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Sempre a mio modesto avviso, anche in questo caso sono possibili entrambi i tempi. Con il futuro anteriore, sarebbe stato posto l'accento sulla compiutezza dell'evento.
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Perché (e chiedo scusa per la ripetizione) vorrei è l’espressione di un desiderio formulato nel presente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Scusate se mi intrometto. Il futuro anteriore sarebbe però inaccettabile?
"Quando" si potrebbe interpretare anche come "una volta che".
Mi rimetto a chi è più qualificato di me, ma non mi suona così innaturale.
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Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Vorrei che l’appartamento fosse già pronto per quando mia figlia andrà a vivere da sola. (L’appartamento non è ancora pronto, purtroppo, e mia figlia andrà a vivere da sola fra qualche tempo.)
Quando mia figlia sarà andata a vivere da sola esprime un evento che ha luogo prima di un altro evento futuro. Ma qui il desiderio è l’opposto: si vuole che l’appartamento sia pronto prima che mia figlia vada a vivere da sola (o che i due eventi coincidano temporalmente). Quindi il futuro anteriore non ha senso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Salve,
ho letto gli interventi e mi permetto di alimentare il filone con i miei dubbi...
Se dall'esempio in esame eliminassimo "già", il futuro anteriore continuerebbe a essere ingiustificato?
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Forse ci vediamo piú chiaro togliendo il condizionale.
Voglio che l’appartamento sia pronto per quando mia figlia andrà a vivere da sola. Mia figlia andrà a vivere da sola, poniamo, il 2 ottobre, quindi io voglio che l’appartamento sia pronto per quella data, che coincide col momento in cui mia figlia se ne va.
Voglio che l’appartamento sia pronto per quando mia figlia sarà andata a vivere da sola. L’appartamento dovrà essere pronto per quando mia figlia sarà andata a vivere da sola? Significherebbe qualcosa di poco realistico secondo la cronologia espressa dai tempi: prima mia figlia va a vivere da sola (il 2 ottobre), e dopo l’appartamento è pronto (poniamo il 9 ottobre; e nel frattempo alloggia in albergo?). Logicamente, si desidera e si spera che le due cose avvengano al piú tardi contemporaneamente, o che l’appartamento sia pronto prima della partenza della figlia.
Voglio che l’appartamento sia pronto per quando mia figlia andrà a vivere da sola. Mia figlia andrà a vivere da sola, poniamo, il 2 ottobre, quindi io voglio che l’appartamento sia pronto per quella data, che coincide col momento in cui mia figlia se ne va.
Voglio che l’appartamento sia pronto per quando mia figlia sarà andata a vivere da sola. L’appartamento dovrà essere pronto per quando mia figlia sarà andata a vivere da sola? Significherebbe qualcosa di poco realistico secondo la cronologia espressa dai tempi: prima mia figlia va a vivere da sola (il 2 ottobre), e dopo l’appartamento è pronto (poniamo il 9 ottobre; e nel frattempo alloggia in albergo?). Logicamente, si desidera e si spera che le due cose avvengano al piú tardi contemporaneamente, o che l’appartamento sia pronto prima della partenza della figlia.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Mi scuso con Marco1971 per averlo indotto a estenuanti spiegazioni...
Senza il condizionale, effettivamente, risulta tutto più chiaro. Sono stata tratta in inganno dal fatto che il futuro anteriore - deviando per un attimo dalla logica - non sia grammaticalmente scorretto...
Per chiudere, per quanto mi riguarda, la questione, potremmo dire che il periodo con il futuro anteriore è illogico ma sintatticamente valido?
Senza il condizionale, effettivamente, risulta tutto più chiaro. Sono stata tratta in inganno dal fatto che il futuro anteriore - deviando per un attimo dalla logica - non sia grammaticalmente scorretto...
Per chiudere, per quanto mi riguarda, la questione, potremmo dire che il periodo con il futuro anteriore è illogico ma sintatticamente valido?
Re: Futuro semplice o anteriore in dipendenza da «per quando»
Il futuro anteriore è un «passato nel futuro»: Quando mia figlia sarà andata a vivere da sola, avremo una stanza in piú è una frase grammaticale, in cui la cronologia degli eventi risponde alla logica: mia figlia se ne va e, di conseguenza, dopo avremo piú spazio nell’appartamento o nella casa.
Una frase in cui la sequenza degli eventi rompe la logica (si vestí e poi si fece la doccia), quando ciò è voluto, è una figura retorica che si chiama isteropròtero (cioè hysteron proteron); quando ciò non è voluto, i grammatici gratificano la frase di una stellina iniziale, un asterisco, che la relega tra gli enunciati agrammaticali.
Insomma, la sintassi è «valida» solo quando, nel rispetto delle leggi interne di una lingua, produce un senso «valido».
Una frase in cui la sequenza degli eventi rompe la logica (si vestí e poi si fece la doccia), quando ciò è voluto, è una figura retorica che si chiama isteropròtero (cioè hysteron proteron); quando ciò non è voluto, i grammatici gratificano la frase di una stellina iniziale, un asterisco, che la relega tra gli enunciati agrammaticali.
Insomma, la sintassi è «valida» solo quando, nel rispetto delle leggi interne di una lingua, produce un senso «valido».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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