«Molti/e piú» o «molti/e di piú»

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Francesco94
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«Molti/e piú» o «molti/e di piú»

Intervento di Francesco94 »

Buonasera,

gentilmente chiedo d'aiutarmi a sciogliere questo dubbio: qual è la forma corretta fra "molti/e di più (di)" e "molti/e più (di)" quando molto è un pronome indefinito quantitativo?

Fornirò una frase —forse banale ma onestamente su due piedi non mi mi sovviene un esempio più adatto— come esempio da seguire e in un secondo momento trasformeró la frase fornendo il pronome indefinito.

«Hai molte più informazioni di quante ne hai qui».
Tale frase diverrà: «Ne hai molte (di?) più di quante ne hai qui».

La subordinata comparativa nella frase succitata evidenzia un paragone di grado quantitativo di un unico elemento.

Al fine di richiedere un ulteriore chiarimento sulla scelta della locuzione congiuntiva più adatta —"più di" o "più che"?— allego qui di séguito un rimando: Treccani. In quali casi usare la prima locuzione e in quali casi usare la seconda?

Ringrazio anticipatamente chiunque avrà la pazienza di rispondere al mio quesito.
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Marco1971
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Re: «Molti/e piú» o «molti/e di piú»

Intervento di Marco1971 »

Come mostrano gli esempi seguenti, è possibile adoperare sia molti/e piú sia molti/e di piú. Sarà, di volta in volta, l’orecchio a suggerire la versione migliore nel contesto fonetico. Probabilmente si preferisce il di in particolare in chiusura di frase.

Noi riferiremo soltanto alcune delle moltissime parole che mandò fuori, in quella sciagurata sera: le molte più che tralasciamo, disdirebbero troppo; perché, non solo non hanno senso, ma non fanno vista d’averlo: condizione necessaria in un libro stampato. (Manzoni, I promessi sposi, 1840)

\GIULIA\ Ne capisci, tu, delle cose!
\NENN.\ Molte più che non credi.
(Giacosa, Come le foglie, 1900)

...perché la Dea
sol di due parti fu feconda, ed essa
di ben molti di più...
(Monti, Traduzione dell’Iliade, 1810)

Il presidente lodò la mia tranquillità, e mi consigliò a serbarla sempre, dicendomi che da questa tranquillità potea dipendere l'essere forse, fra due o tre anni, creduto meritevole di maggior grazia. (Invece di due o tre, furono poi molti di più.) (Pellico, Le mie prigioni, 1832)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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