«Non so se è/sia perché mi piace/piaccia»

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Keeneve
Interventi: 1
Iscritto in data: gio, 04 mar 2021 15:34

«Non so se è/sia perché mi piace/piaccia»

Intervento di Keeneve »

Stavo traducendo felice e beata quando sono stata colta da un dubbio grammaticale.

"Non so se è perché mi piace o se è questione di pura abitudine."
"Non so se sia perché mi piace o se sia questione di pura abitudine."
"Non so se sia perché mi piaccia o se sia questione di pura abitudine."

Qual è la forma corretta?
Carlo_Porta04
Interventi: 216
Iscritto in data: dom, 27 dic 2020 2:50

Re: «Non so se è/sia perché mi piace/piaccia»

Intervento di Carlo_Porta04 »

In generale il verbo sapere regge l'indicativo nelle proposizioni positive e il congiuntivo nelle proposizioni negative (proprio il suo caso). È dunque giusto "Non so se sia … o se sia …". Per quanto riguarda il congiuntivo nella causale, la rimando a un punto del Treccani:
Le frasi causali esplicite presentano un verbo di modo finito (all’indicativo, congiuntivo o condizionale); a questi ultimi due, tuttavia, si ricorre in circostanze particolari: il congiuntivo è usato di norma per esprimere cause presentate non come fattuali, ma come possibili (9), se non addirittura improbabili (10) o platealmente irreali (11):

(9) ci sono due ipotesi sul perché il sugo tipico di Salerno si chiami genovese: o perché la ricetta sia arrivata attraverso gli scambi commerciali e culturali con la repubblica marinara di Genova, oppure perché Genovese fosse il cognome del cuoco che l’ha inventato

(10) dubito che Mario non sia uscito perché piovesse

(11) Dico questo non perché sia d’accordo con Berlusconi ma perché mi sembra un ragionamento di buonsenso («La Repubblica» 15 febbraio 2008, Cronaca di Napoli)

In (9) due cause sono presentate come entrambe possibili e perciò concorrenti; in (10) è il significato del verbo della principale (dubitare) a indebolire il valore di verità della causale; in (11) compare una formula correlativa (➔ correlative, strutture) piuttosto diffusa nel discorso argomentativo (dico questo non perché … ma perché): la causale al congiuntivo veicola una causa fittizia, che viene sconfessata; questa seguita dalla causa reale, espressa infatti all’indicativo; la negazione può essere anche affiancata da elementi che sottolineano la correlazione (non già / non tanto … ma / quanto perché …; cfr. Giusti 2001: 741).

Contrariamente a Serianni (1991: 575), Giusti (2001: 741-742) qualifica come agrammaticale la frase causale al congiuntivo in cui la negazione risalga alla sovraordinata; si tratta tuttavia di un’affermazione sconfessata dalla prassi, come mostra l’esempio seguente:

(12) Se malgrado ciò rispondo alle critiche di Labriola, non lo faccio perché abbia trovato i suoi argomenti fuori posto, al contrario, li stimo altamente (Enzo Collotti, L’antifascismo in Italia e in Europa: 1922-1939, Torino, Loescher, 1975, p. 163)

(9) e (11) presentano entrambi causali coordinate e correlate (o perché … oppure perché; non perché … ma perché); in maniera analoga, è possibile coordinare una causale a una subordinata di altro tipo, con il contenuto della quale essa sia in qualche modo correlata:

(13) non si sa se piangeva perché fosse davvero addolorata o per apparire tale di fronte agli altri

(14) il mio ginocchio è guarito non perché mi sia operato, ma benché mi sia operato
Siccome nella frase si vuole esprimere dubbio, io metterei il congiuntivo, anche se credo che pure l'indicativo non sia sbagliato. Secondo me, a orecchio e in linea con il Treccani, la frase piú grammaticalmente corretta è la terza con ambi i verbi al congiuntivo. Direi comunque di aspettare di sentire il parere di chi sia piú informato. :)
Ultima modifica di Carlo_Porta04 in data gio, 04 mar 2021 16:43, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: «Non so se è/sia perché mi piace/piaccia»

Intervento di Marco1971 »

Sono corrette la prima e la seconda, ma non la terza, in cui il congiuntivo piaccia è fuori luogo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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