il tema del mio dubbio è la particella da operare per il secondo termine nel paragone di maggioranza. Partendo dalla seguente asserzione del Serianni:
, il dubbio m'è sorto nella seguente frase: "Preferivamo sapere piú che cosa volesse nel concreto di che cosa pensasse". In questo caso non sarebbe meglio operare che, siccome i due termini sono due intere proposizioni? ma però v'è la ripetizione cacofonica di due che. Che fare?La preposizione di si adopera di preferenza quando:
a) il secondo termine di paragone e costituito da un nome o da un pronome non retti da preposizione: «Mario è più esperto di Luisa», «meno alto di me», ecc.;
b) il secondo termine è un avverbio: «più esperto di prima»; «più stupidi di così si muore» (battuta ricorrente del celebre attore comico dei primi decenni di questo
secolo Ettore Petrolini).
Si adopera invece la congiunzione che quando:
a) il secondo termine di paragone è un nome o pronome retto da preposizione: «Mario è più gentile con me che con te»;
b) si mettono a raffronto non due nomi caratterizzati dall’aggettivo qualificativo («Mario è meno religiosa di Gino») ma
due qualità riferite in misura differente allo stesso nome (che funge, per così dire, da termine di paragone rispetto a sé stesso): «Mario è più fi4rbo che intelligente»; «un’occasione più unica che rara»;
c) si paragonano fra loro parti del discorso che non siano aggettivi (avverbi, verbi): «l’ha detto più per scherzare che per
offenderti», «mi piace meno dirà che prima» (ma si può dire anche «meno ora di prima»); «Far poesia è diventato per me, più che mai, modo concreto di amar Dio e i fratelli» (Rebora, Le poesie).