Un paio di domande

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illetterato85
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Un paio di domande

Intervento di illetterato85 »

Alle pagine 59 e 60 della Prima lezione di grammatica, Editori Laterza, di Luca Serianni, l'autore porta un esempio di materiale studentesco scritto male, da lui corretto, a dimostrare e che pure chi sia iscritto a una facoltà umanistica non è detto che sia in grado di scrivere correttamente nella propria lingua materna, e che quindi la grammatica è necessaria ecc. ecc. ecc. Il materiale studentesco riportato e corretto dice che (non lo riporto tra virgolette perché altrimenti non me lo visualizza; non ne capisco il perché) il frate si invaghisce di Lisetta e decide di sfruttare le peculiarità della donna per poter avere rapporti piu intimi con lei.


La novella (ch'è del Decamerone) riassunta - ricordandola colle stesse parole di Luca Serianni - <<narra di un frate che, approfittando della vanità e della stupidità di una donna andata a confessarsi da lui, le fa credere di essere desiderata dall'arcangelo Gabriele il quale, sotto le spoglie del frate, la visiterà e si congiungerà carnalmente con lei>>. Quindi Luca Serianni spiega che il riassunto dello studente è inaccettabile, sia per quel peculiarità, ch'è oscuro, o proprio insensato; sia, e anzitutto, per quel rapporti piú intimi. Perch'esso paio di parole è una bell'e cristallizzata unità polirematica, cioè un sintagma dal senso indipendente da quello significato dai singoli termini che lo compongono (in questo caso, il sostantivo rapporti, e l'aggettivo intimi) ecc. ecc.; il cui senso è 'rapporti sessuali'. Quindi, è come se lo studente avesse scritto, in luogo di rapporti piú intimi, rapporti piú sessuali, ch'è affatto insensato. Ma quello che mi chiedo io è: e se lo studente avesse considerato le parole rapporti e intimi a sé stanti, indipendenti nel loro significato?, se le avesse considerate non per il sintagma polirematico (forse proprio ingorato, o sconosciuto) che formano, ma per quel che possono significare indipendentemente, cioè, ad esempio, 'rapporti di conoscenza meno superficiale'; avendo voluto cosí sia alludere a una certa sessualità di tali rapporti, sia esprimerla con un'allusività assai leggera e, per cosí dire, velata (anche se forse superfluamente, da che, stando alla novella, l'allusione se pur "ironica", eufemistica al fatto sessuale va bene fino a un certo punto che non sia ingenuo, perché all'ultimo il frate se la porta al letto, e questo lo sapeva il Boccaccio non meno che Luca Serianni e lo studente da lui corretto)? O basta che le parole rapporti e intimi s'imbattano per i righi d'un foglio, e addio che si cristallizzano immodificabilmente (come dice Luca Serianni, precisando che una volta che si congelano tra loro due o piú parole in una unità polirematica non c'è proprio verso di scongelarle)? Non so se mi spiego...

In ogni caso, cambiando argomento: sfogliando le Operette Morali del Leopardi, leggo, nel Dialogo della Natura e di un Isalndese, << ... piú che io mi ristringeva e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d'impedire che l'esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo; meno mi veniva fatto che le altre cose non m'inquietassero e tribolassero [...]>>. Perché tra non m'inquetassero e tribolassero ci sta una e, e non una cong. copulativa negativa , o l'equivalente e non?

Grazie, a rileggervi.

P.S Se il testo presenta interruzioni spazi bianchi ecc. non so da cosa sia dovuto.
Avatara utente
Marco1971
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Re: Un paio di domande

Intervento di Marco1971 »

illetterato85 ha scritto:In ogni caso, cambiando argomento: sfogliando le Operette Morali del Leopardi, leggo, nel Dialogo della Natura e di un Isalndese, << ... piú che io mi ristringeva e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d'impedire che l'esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo; meno mi veniva fatto che le altre cose non m'inquietassero e tribolassero [...]>>. Perché tra non m'inquetassero e tribolassero ci sta una e, e non una cong. copulativa negativa , o l'equivalente e non?
Perché inquietare e tribolare è qui preso come un tutt’uno, una sorta di dittologia sinonimica.
illetterato85 ha scritto:P.S Se il testo presenta interruzioni spazi bianchi ecc. non so da cosa sia dovuto.
Mi permetto di segnalarle amichevolmente che la forma corretta è dovuto a (di questo s’era parlato qui).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
illetterato85
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Re: Un paio di domande

Intervento di illetterato85 »

Mi permetto di segnalarle amichevolmente che la forma corretta è dovuto a (di questo s’era parlato qui).
Già, cosí logico, che certe volte non so nemmeno io quel che vado scrivendo... La ringrazio.
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Prego. :)

Tornando alla sua domanda iniziale – che volutamente avevo lasciato senza risposta affinché altri s’esprimessero – le dirò che chi ha scritto «rapporti piú intimi» evidentemente ignorava l’esistenza della polirematica immodificabile che significa «rapporti sessuali» (e se non intendeva questo, avrebbe dovuto scrivere «rapporti piú stretti» o qualcosa di simile). Una volta cristallizzato, un sintagma di questo tipo non è piú alterabile in modo alcuno, cosí come non possiamo dire *a battuto sprone o *a spron piú battuto e nemmeno *a sprone battuto in luogo di a spron battuto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Tuttavia, intimo è una parola molto usata anche in altri significati: in questo caso, il problema mi sembra piú che altro che è già un superlativo, e come si fa a farne un comparativo di maggioranza? Si dovrebbe scrivere rapporti interiori?
No, perché se si dice che due persone sono intime si dice qualcosa di abbastanza generico e ambiguo (volutamente?), dal momento che può trattarsi di amicizia (come nel sostantivato) o di altro; ma se si dice rapporti intimi si indicano già i rapporti sessuali, proprio perché in questo caso il superlativo è relativo, per cosí dire, almeno in genere – anche se ovviamente si può riproporre l'ambiguità, ma a rischio di non essere capiti –.
illetterato85
Interventi: 4
Iscritto in data: sab, 03 feb 2007 10:15

Re: Un paio di domande

Intervento di illetterato85 »

Perché inquietare e tribolare è qui preso come un tutt’uno, una sorta di dittologia sinonimica.
Capisco. Infatti pare che nell'espressione non m'inquietassero e tribolassero, il secondo verbo manchi di proposito del pronome personale mi a facilitare e rendere chiara una sorta di, per cosí dire, fusione semantica col primo.
Quindi non sarebbero sbagliate neanche espressioni quali, non mi andò a genio di studiare e scrivere/di starle vicino e parlarle/ecc.? O nel caso del luogo leopardiano citato, si ha quella dittologia sinonimica perché i verbi sono, dirò cosí, astratti, o meglio, significanti azioni di una certa astrattezza e (come nel caso di due o piú sostantivi astratti accordabili al singolare) perciò suscettibili di amalgamazione del significato (in quanto è ragionevole, credo, esprimere cose astratte, cioè dalla natura indeterminata, o poco definita ecc. ecc., nella maniera logicamente piú aderente alla loro stessa natura; e quindi confusamente, indefinitamente, per mezzo, ad esempio, di 'ste belle fusioni di concetti e di significati)? E quindi in caso ci si riferisca invece ad azioni piú determinate, piú concrete (parlare, scrivere) ecc., conviene evitare una dittologia sinonimica che sarebbe non appropriatissima (per i suddetti accenni di ragioni), in luogo di una copulativa avversativa , che invece mi pare distingua e definisca a dovere diverse azioni nella loro determinatezza e "unicità"?

Ciao
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: Un paio di domande

Intervento di Marco1971 »

illetterato85 ha scritto:Quindi non sarebbero sbagliate neanche espressioni quali, non mi andò a genio di studiare e scrivere/di starle vicino e parlarle/ecc.?
Esatto, non sono sbagliate. Interessante la sua ipotesi sull’astrattezza, ma non credo che sia determinante, come dimostrano gli esempi concreti da lei qui sopra citati. Basta che i due verbi vengano considerati come un’attività (o uno stato) per cosí dire unitaria.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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