«Il/la prefetto»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

CarloB
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Intervento di CarloB »

Perfettamente d'accordo nel respingere forme come avvocato donna. Ma non sarei sincero, caro methao_donor, se dicessi che mi ha persuaso della inopportunità di avvocata (o ministra o sindaca). Penso, del resto, che sia una controversia senza soluzione, nella quale ciascuno resterà verosimilmente sulle proprie posizioni.
Mi permetta inoltre di dubitare che distinguere equivalga a discriminare: distinguere a me sembra un atto di precisione, anche nella lingua, e quindi positivo. Se parlo dell'avvocato difensore di Andreotti e lo chiamo l'avvocata Bongiorno segnalo subito che si tratta di una donna e ciò facendo non la sminuisco né la discrimino: fornisco semplicemente un'informazione in più. Il giornalista che la chiama avvocato per non discriminarla si affretterà a menzionare il suo nome di battesimo, Giulia, perché l'informazione che si tratta di una donna in un modo o nell'altro vorrà darla.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Non è mia intenzion persuadere. :)
Soprattutto, fondamentalmente si tratta di un giudizio estetico (per alcune forme, in ispecie).

Alcune cose però mi permetto di puntualizzarle:
Perfettamente d'accordo nel respingere forme come avvocato donna.
Sì, beh, non è che cambiando la forma cambi la sostanza.
Avvocato = figura professionale che bla bla bla
Avvocata = figura professionale che bla bla bla + donna

Insomma, tra "avvocata" e "avvocato donna" io una grande differenza non la vedo. A dire il vero, anzi, preferisco quest'ultima forma, ché mi suona meno eufemistica.
Mi permetta inoltre di dubitare che distinguere equivalga a discriminare:
Dubiti pure. :)
Io però, ho pochi dubbi sul fatto che discriminazione sia più che:
Distinzione operata in seguito a un giudizio o ad una classificazione
Da ultimo:
distinguere a me sembra un atto di precisione, anche nella lingua, e quindi positivo.
Sì, ma allora dovremmo creare parole di lunghezza mostruosa, per precisare tutto.
Perché precisare che l'avvocato Bongiorno è donna, e tacere che se è bionda, rossa, mora? E pure sarebbe positivo, secondo il suo ragionamento, che si precisasse il colore dei suoi occhi.
Né il freddo "avvocato" dice nulla sulla sua altezza, sulla sua età o sul suo peso.

Ma, per l'appunto, perché mai è necessario precisare che l'avvocato Bongiorno è donna e non (ad esempio) la sua età (che pure, in linea di massima, getta più luce e chiarezza sulla sua figura professionale)?
A me par sospetto. :wink:
Il sonno della ragione genera mostri.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

methao_donor ha scritto:Ma, per l'appunto, perché mai è necessario precisare che l'avvocato Bongiorno è donna e non (ad esempio) la sua età (che pure, in linea di massima, getta più luce e chiarezza sulla sua figura professionale)?
A me par sospetto. :wink:
«Necessario» non è, ma è conforme alla morfologia della nostra lingua… Le pare sospetto anche dire un’amica o preferirebbe invece un asettico a friend come in inglese? ;)

«Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.»
(Bernard de Morlay, De contemptu mundi, I, 952)
CarloB
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Intervento di CarloB »

Riassumo. Vent'anni fa una linguista femminista ha redatto delle raccomandazioni per un uso non sessista della lngua che proponevano, tra l'altro, di femminizzare sistematicamente i nomi di professioni, mestieri eccetera. Le raccomandazioni non sono mai diventate norma; e in questo frattempo l'uso ha generato le forme più varie e ibride, come recentemente il genovese la sindaco.
In questa piazza qualcuno ha concordato con questo aspetto delle raccomandazioni e qualcun altro no, per ragioni diverse: linguistiche, 'politiche', estetiche.
Per parte mia sono favorevole alla femminizzazione, perché la ritengo foriera di precisione ed economia di espressione, mentre non riesco a vedere in che sia discriminante. Ma forse è una mia deformazione professionale: sono le omissioni e le reticenze che mi insospettiscono :wink:
Nell'esempio presentato nel mio intervento precedente, si ha un bel non dire l'avvocata Bongiorno. Nel corso dell'ipotetico articolo di giornale si troverà sicuramente precisato che è una donna: indicando il nome di battesimo, magari aggiungendo una fotografia, e via particolareggiando sulla sua vita professionale e privata. Dunque, che si dovrebbe fare: tacere sistematicamente il genere per non peccare di discriminazione?
domna charola
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Intervento di domna charola »

Ripesco il filone, ché a distanza di sette anni, ancora si brancola nella penombra...
Ieri in una radio si parlava del segretario di un partito di una certa regione, che è femmina, e i due presentatori sono incespicati sul titolo: segretario/a?
Alla fine hanno optato per "il segretario del TSP, Maria Bianchi", in base alla considerazione che "la segretaria del TSP, Maria Bianchi" avrebbe evocato tutt'altra figura e di tutt'altra rilevanza.
In effetti, anche se segretaria è il normale femminile di segretario (nessuna forzatura, come invece in presidenta o simili), "la segretaria" è un mestiere ben preciso, legato ad agende da tenere d'occhio, dattilografia, gestione dei contatti telefonici etc. di una persona di posizione gerarchica più elevata della media dei comuni impiegati.
Quindi in questo caso secondo me il dubbio permane. I due termini si sono sessizzati da soli nel corso del tempo, e oggi sembrano ormai avere significato diverso, tanto da indurre il dubbio circa la femminilizzazione della carica in questione.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Mi pare che l'ambiguità sia forte sulla parola isolata, ma che il contesto aiuti a distinguere.
Un'organizzazione così grande da avere un segretario "dirigente" molto probabilmente avrà parecchi segretari "impiegati".

Quindi "un/a segretario/a del partito" o "il/la segretario/a del partito" non lascerebbero dubbi.
Tenere i vocaboli sessizzati in una situazione desessizzata porta a risultati un po' strani. Mettiamo il caso che il/la dirigente abbia un suo segretario/a. Dovremmo dire sempre "la segretaria del segretario", indipendentemente dal fatto che le combinazioni siano mM fF fM mF (la maiuscola indica il ruolo dirigente, e nel caso mF suggerisce l'esatto opposto su chi sia maschio o femmina).
Fausto Raso
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Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25

Intervento di Fausto Raso »

A proposito di "prefetta", riporto LA NOTA D'USO di "Sapere.it" (De Agostini):
Nota d'uso
Il femminile regolare di prefetto è prefetta, e così si può chiamare una donna che eserciti il ruolo di prefetto. Alcuni preferiscono però chiamare anche una donna prefetto, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Avatara utente
Scilens
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Iscritto in data: dom, 28 ott 2012 15:31

Intervento di Scilens »

Non ho mai creduto che l'essere femmina in ambito lavorativo potesse dar luogo a discriminazioni, ma si parla per capirci e di conseguenza riferendosi a un soggetto femminile non mi sembra di nessuna stranezza il rivolgercisi (meglio: rivolgerlesi) al femminile.
Tutte queste proBBlematiche (nel senso di Guzzanti) le trovo oziose.
Così dell'avvocato c'è l'avvocata o anche avvocatessa, come da dottore si va a dottoressa (non *dottrice, come parrebbe), del pugile pugilessa, dell'oste l'ostessa, del ministro la ministra, del maestro la maestra, del prefetto la prefetta, del presidente la presidentessa, e così via, senza che la terminazione in -essa abbia alcunché di negativo.
Il sesso, di per sé, non è un problema.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
domna charola
Interventi: 1633
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Intervento di domna charola »

Ce ne fossero tanti come lei, caro Scilens! (senza ironia, sinceramente)

In alcune professioni, ha senso capirsi, perché anche la dimensione del genere assume un significato.
In altre, purtroppo, è preferibile non capirsi.
Esistono campi in cui l'esclusività maschile è stata ormai frantumata, ma permane l'idea che la professionalità femminile sia inferiore, una specie di ripiego.
E quindi, per meri motivi "sociologici", le adepte preferiscono mimetizzarsi dietro un titolo neutro. Oddio, non è che "preferiscono", a volte devi proprio farlo, perché sai già che se sanno che arriva una -essa/-a, pensano a priori che sia un po' meno capace, e la mettono subito sotto la lente.
Brutto a dirsi, ma in molti campi è ancora così.
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