«Il mistero della ‹galaverna›»

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Marco1971
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«Il mistero della ‹galaverna›»

Intervento di Marco1971 »

Un interessante e bell’articolo di Matilde Paoli. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Articolo davvero molto bello e interessante per un appassionato di linguistica e meteorologia come me. :D Tra l'altro ho le fotocopie degli articoli del Chistoni sui Rendiconti della Reale Accademia delle Scienze di Napoli, dalle quali ho attinto per scrivere o aggiornare le pagine di Wikipedia su quei fenomeni. L'intervento della Paoli offre nuovi spunti per migliorare le mie conoscenze sull'argomento.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Concordo con Carnby e aggiungo una nota personale: nel dialetto della bassa veronese si dice calinverna (in cui, a mio parere, si trova un incrocio con inverno) ma molti parlanti del dialetto affermano che la forma italiana dovrebbe essere galaverna, con [g] iniziale.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Dalle mie parti la galaverna non è conosciuta popolarmente, sebbene talvolta ci possa essere, nelle mattine invernali più umide, una leggera nebbia che forma dei piccoli cristalli di ghiaccio su alberi e superfici rialzate (tutt'altro che spettacolare) e probabilmente la gente la considererebbe solo una brinata particolarmente intensa. Dato che l'ultima seria galaverna c'è stata a dicembre del 2005, si capisce come non sia necessaria una parola popolare per il fenomeno. In ogni caso, anche in certe zone dell'Appennino tosco-emiliano (per es. Fiumalbo) non si distingue bene la galaverna dal più famoso bruscello, ovvero lo strato di ghiaccio traslucido (quello che Chistoni chiama, forse un po' impropriamente, gelicidio e i francesi verglas) che si forma quando cade la pioggia con temperatura dell'aria inferiore a zero gradi.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Dalle mie parti il fenomeno è praticamente inesistente o rarissimo, quindi non ho nel mio dialetto (Liguria occ.) un termine per indicarlo. Esiste però nel savonese e nel genovesato, dove il clima è più rigido. Partendo proprio dalla forma ligure galaverna (con varianti) faccio qualche riflessione sull'etimologia.
Se non si tratta di un prestito da aree dialettali confinanti, bisogna presupporre, per gala-, la derivazione da un termine con -l- intensa (-ll-), perché in ligure da -l- l'esito è -ř- con possibile passaggio a 0 (ALA 'ala' > lig. occ. ařa > gen. aa, mentre da -ll- abbiamo, come nell'Italia sett., -l-.
Sembrerebbe, quindi, esclusa una derivazione da caligine (che dà, pur con il significato di 'fuliggine', regolarmente cařìge in lig. occ. e càise in gen.). Esiste, in particolare nei paesi rivieraschi, anche il termine calìgu, con il significato specifico di 'nebbia marina', il quale è diffuso ampiamente anche al di fuori della Liguria nel lessico marinaro. Una forma calligo è però segnalata nell'Appendix Probi (caligo non calligo).
Ripeto, se la forma ligure non è un prestito, bisognerebbe rivedere tutte le proposte etimologiche che partono da -l-.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Ripesco, avendo ricercato "gelicidio".

Quanto al termine in questione, citato solo in questa discussione, mi chiedevo:

- indica una cosa diversa dal "vetrato"?

- (domanda che mi si è aggiunta ora) perché l'esperto meteo lo cita qui aggiungendo "impropriamente"?

Il termine, saltato fuori sulla stampa quest'anno in particolare (io non lo avevo mai sentito) non riesce a piacermi, e suscita in giro malintesi e domande, visto che molti lo interpretano come costruito analogamente a "omicidio", cioè finisce per diventare (sentito più volte anche dai colleghi di ufficio) "il ghiaccio così pericoloso che ti può uccidere", mentre pochi lo legano alla pioggia che cade.

p.s. forse è meglio aprire un altro filone, dedicato?...
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Carnby
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Intervento di Carnby »

domna charola ha scritto:Ripesco, avendo ricercato "gelicidio".

Quanto al termine in questione, citato solo in questa discussione, mi chiedevo:

- indica una cosa diversa dal "vetrato"?
Che io sappia, il termine vetrato non è usato in meteorologia, bensì in geologia e in alpinismo, dove indica una parete di ghiaccio trasparente (adattamento del francese verglas, che indica anche il gelicidio). Termini più o meno analoghi a gelicidio sono ghiaccio vitreo, vetrone, vetriore, vetroghiaccio, solvetro, bruscello. C’è comunque un po’ di confusione dato che le idrometeore a regola dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale in questo caso sono più di una, anche se l’effetto è simile (ghiaccio vitreo):
  • incrostazione dovuta a nebbia sopraffusa a gocce grosse (clear ice);
  • incrostazione dovuta a pioggia congelantesi (glaze).
L’OMM non distingue tra la formazione di ghiaccio dovuta a pioggia sopraffusa (temperatura superficiale delle gocce < 0 °C) e quella dovuta a pioggia normale (temperatura superficiale delle gocce ≥ 0 °C) che congela a contatto con superfici la cui temperatura è inferiore a 0 °C.
Alcuni termini indicano la precipitazione (pioggia sopraffusa, pioggia congelantesi, tempesta di ghiaccio dall’inglese ice storm ecc.), altri l’incrostazione di ghiaccio causata dalla precipitazione (ghiaccio vitreo, vetrone, vetriore, vetroghiaccio, solvetro ecc.) e altri l’intero fenomeno (gelicidio, bruscello ecc.).
domna charola ha scritto:- (domanda che mi si è aggiunta ora) perché l'esperto meteo lo cita qui aggiungendo "impropriamente"?
«Esperto meteo» è un po’ troppo generoso. :) Comunque gelicidio significa propriamente ‘caduta di ghiaccio (dal cielo)’ (cfr. stillicidio) e non è, secondo me, un buon termine per descrivere il fenomeno in questione, dato che cade acqua liquida che poi solidifica a contatto con il suolo. Etimologicamente, gelicidio mi fa pensare alla caduta di granelli di ghiaccio trasparenti (chiamati Eiskörner nei Paesi germanofoni, ice pellets nei Paesi anglosassoni, sleet negli Stati Uniti, grésil in Québec), che avviene quando un fiocco di neve incontra uno strato di temperatura relativamente calda e si scioglie parzialmente, per poi incontrarne uno più freddo e ricongelare; questa meteora, relativamente comune, non ha un nome «ufficiale» in italiano (Chistoni la chiamò pioggia gelata, ma non è sicurissimo che si riferisse alla stessa identica meteora).
domna charola ha scritto:Il termine, saltato fuori sulla stampa quest'anno in particolare (io non lo avevo mai sentito) non riesce a piacermi, e suscita in giro malintesi e domande, visto che molti lo interpretano come costruito analogamente a "omicidio", cioè finisce per diventare (sentito più volte anche dai colleghi di ufficio) "il ghiaccio così pericoloso che ti può uccidere", mentre pochi lo legano alla pioggia che cade.
In realtà non ha nulla a che fare con omicidio: è spiegato qui. In ogni caso è possibile parlare di vetrone, e i fraintendimenti cadrebbero.
Ultima modifica di Carnby in data gio, 08 mar 2018 21:07, modificato 5 volte in totale.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:Che io sappia, il termine vetrato non è usato in meteorologia, bensì in geologia e in alpinismo, dove indica una parete di ghiaccio trasparente (adattamento del francese verglas, che indica anche il gelicidio). Termini più o meno analoghi a gelicidio sono ghiaccio vitreo, vetrone, vetriore, vetroghiaccio, solvetro, bruscello.
Segnalo anche svidrio (dovrebbe provenire dal dialetto romagnolo).
domna charola
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Intervento di domna charola »

Carnby ha scritto:«Esperto meteo» è un po’ troppo generoso. :)
Beh, qua dentro direi di sì... vedi l'articolata risposta sopra.
Carnby ha scritto:In realtà non ha nulla a che fare con omicidio: è spiegato qui. In ogni caso è possibile parlare di vetrone, e i fraintendimenti cadrebbero.
Lo so... riferivo i commenti e i tentativi di etimologia che ho raccolto in giro, fra conoscenti e ufficio. Appunto per questo, mi sembrava più trasparente un termine legato direttamente all'aspetto dello strato di ghiaccio che si forma. Effettivamente, il termine "vetrato" mi viene dalla pratica di montagna, con i piedi per terra ma a contatto anche con "alpinisti".
Ma anche "vetrone", che non conoscevo, assolve la medesima funzione. Concordo con il suo suggerimento.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

domna charola ha scritto:Ma anche "vetrone", che non conoscevo, assolve la medesima funzione. Concordo con il suo suggerimento.
Per quanto riguarda la meteora in questione (‘formazione di ghiaccio traslucido da pioggia’) Raffaele Giacomelli, nella sua Terminologia di idrometeore, propone, senza dubbio, vetrone (anche se preferirebbe il toscano vetriore) rispetto al latineggiante gelicidio proposto da Chistoni (lo stesso che propose galaverna e calabrosa).
Raoul Bilancini, nel suo pregevole Breve dizionario di termini meteorologici in cinque lingue, parla in genere di ghiaccio vitreo; poi specifica che «il ghiaccio vitreo da pioviggine si chiama anche ghiaccio trasparente; quello da pioggia anche vetrone». Non cita gelicidio, solo pioggia sopraffusa e congelantesi.
Ferdinand Bardamu ha scritto:aggiungo una nota personale: nel dialetto della bassa veronese si dice calinverna (in cui, a mio parere, si trova un incrocio con inverno) ma molti parlanti del dialetto affermano che la forma italiana dovrebbe essere galaverna, con [g] iniziale.
In realtà la forma galaverna è un settentrionalismo (emiliano) usato da Chistoni. Giacomelli specifica che in Toscana (in zone alto-collinari e montane, dato che in pianura il fenomeno è rarissimo: qui l’ultima galaverna risale al 2005) Umbria e parte delle Marche si usa piuttosto calaverna e che proprio in questa forma il termine avrebbe dovuto passare nella lingua italiana.
valerio_vanni ha scritto:Segnalo anche svidrio (dovrebbe provenire dal dialetto romagnolo).
Giacomelli segnala svétrio per San Godenzo e la considera una forma di transizione fra il toscano (solvétro) e l’emiliano (svíder).
Ultima modifica di Carnby in data mar, 06 mar 2018 10:36, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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«Calinvèrna», dialetto veronese

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Per completezza, segnalo che in Giorgio Rigobello, Lessico dei dialetti del territorio veronese, Verona: «Fondazione Cassa di risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona», 1998 si trova messo a lemma soltanto calinvèrna, alla cui voce si trovano le varianti calimvèrna (attestate a Raldon e Cerea; ignoro in cosa si possa distinguere dalla forma originaria), calivèrna e calinvèrnia (col significato di «mezza bruma»).

Le accezioni riportate dal Rigobello sono: brina, nebbia invernale, caligine (Oppeano), galaverna (Vigo di Legnago, Isola della Scala, Romagnano, Roverchiara), brina ghiacciata (Malcesine), rugiada, ghiaccio sui rami (Veronella), nebbia bassa e folta (Verago di Fumane). Per me la calinverna è «[b]rina o nebbia che, nelle notti umide e di freddo intenso, si cristallizza sui rami e le foglie degli alberi, sui fili telegrafici e sim., formandovi come un rivestimento di ghiaccio o di neve» (Treccani).
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

La prima attestazione letteraria di galaverna è ligure.
Nel TLIO:
[1] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311,
37.123, pag. 232: Vento e zer e garaverna / chi tute cosse desquerna...
Largu de farina e strentu de brenu.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:
valerio_vanni ha scritto:Segnalo anche svidrio (dovrebbe provenire dal dialetto romagnolo).
Giacomelli segnala svétrio per San Godenzo e la considera una forma di transizione fra il toscano (solvétro) e l’emiliano (svíder).
Praticamente è la stessa voce, che ha saltato l'appennino.
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