Preposizioni, «fondativo», zeri e dittongo mobile

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

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Max
Interventi: 22
Iscritto in data: dom, 07 nov 2004 22:31
Località: Toscana

Preposizioni, «fondativo», zeri e dittongo mobile

Intervento di Max »

Innanzitutto complimenti a Marco e a Infarinato per la lodevole iniziativa: speriamo solo che il forum raggiunga la necessaria visibilità, per non risultare “autoreferenziale”.

Poiché Infarinato ha deciso di aprire le danze, “ballando con i lupi”, allora anch’io (che non intendevo togliere ai fondatori la primazia), mi butto e mi infarino, proponendo quattro spunti di discussione (anche se, per ora, a discutere saremo proprio in quattro!).

1) Preposizioni. Stanno inesorabilmente scomparendo dalla lingua parlata e sempre più spesso capita di sentir dire, anche dai ben parlanti, “ci sentiamo settimana prossima”, “ci vediamo davanti casa tua” eccetera. Si tratta, pure in questo caso, di "normale evoluzione" della lingua italiana, oppure è una “inosservanza condannabile” – citando Aldo Gabrielli – di una regola grammaticale?


2) Fondativo. Ho sentito Massimo D’Alema pronunciare la frase “[…] la bocciatura […] costituirebbe un valore fondativo della democrazia parlamentare europea”. Io avrei detto “fondante”, voi che ne pensate di “fondativo”?


3) Zero e zeri. Dalla traduzione di Francesca Saltarelli del libro di Fernando Savater “Etica per un figlio” (Ed. Laterza), appendice: “Quindi, per il fatto che i calendari passino dall’uno seguito da molti nove al due seguito dagli zero o da due zero e un uno […]”. Io avrei preferito “zeri”, ma sono frequenti i casi in cui “zero” rimane invariabile al plurale. Che ne dite?

4) Dittongo mobile. Sto rileggendo “Come parlare e scrivere meglio”, opera del 1986 curata da Aldo Gabrielli per il Reader’s Digest. Si tratta di un testo ancora attuale, sebbene alcune posizioni rigide con il tempo sono state certamente ammorbidite dall’uso. Trascrivo: «Perché dire, per esempio, suonare, suonatore, suonatina, quando la regola stabilisce che bisogna dire sonare, sonatore, sonatina? Perché dire buonissimo e nuovissimo mentre più correttamente diremo bonissimo e novissimo?» Poco più avanti nel testo, c’è una rassegna di «esempi sconcertanti», ed è divertente leggere, tra le parole definite “sconcertanti”: nuovamente, infuocato, rimuovevo, suonavano, buonissimo eccetera. Possibile che in soli vent’anni la regola ferrea del dittongo mobile, così strenuamente difesa da Gabrielli, sia stata quasi del tutto dimenticata?

Un saluto a tutti!

Max :D
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Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Grazie, Max, per aver lanciato una discussione. Vorrei innanzitutto chiarire che ha fatto tutto Infarinato (io non ho le conoscenze informatiche sufficienti) per creare questo forum.

1) Per quanto mi riguarda, credo che la scomparsa delle preposizioni sia condannabile, perché sono state create nel passaggio dal latino alle lingue romanze per sostituirsi ai casi del latino. Ancora una volta, si tratta di rispetto della norma, forse non nota a tutta la popolazione. Certo è che l'influenza dei giornali e della televisione rende comuni certi usi nella coscienza del parlante, sicché l'evoluzione della lingua è lasciata in gran parte in loro mano. Speriamo che siano consci della loro responsabilità...

2) Io direi che è puro politichese... «Fondante» sembra molto migliore anche a me.

3) Non si capisce perché zero debba essere invariabile (eppure, il Sabatini-Coletti dice «s. inv.» e poi dà l'esempio «togliere, aggiungere gli zeri). Secondo me non è accettabile due zero, bisogna dire due zeri. I dizionari danno normalmente il plurale in –i.

4) Il Come parlare e scrivere meglio ha del buono e del meno buono, e in certi casi è decisamente inattuale e non riflette neanche certe posizioni espresse dal Gabrielli in altre sue opere. La faccenda del dittongo mobile, nella lingua scritta d'oggi, è, credo, morta e sepolta, mentre è ancora viva nel parlato toscano piú genuino.
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Interessante la questione relativa al termine "fondativo". Concordo con Marco nel dire che "fondante" è un termine più "eufonico". Ma l'aggettivo, più che dal politichese, è preso dal linguaggio filosofico. In effetti sfumature di connotazione fra "fondante", "fondativo", "fondamentale" esistono, anche se si giocano sul filo del rasoio delle suddistinzioni minime. "Fondante" ha il ruolo di un vero e proprio nomen agentis: si riferisce all'elemento che fonda, in quanto operatore attivo al momento dell'atto del fondare. Dire "valore fondante della democrazia" significa rifersi a una dimensione assiologica che opera attivamente nel fondare la democrazia come tale. "Fondativo", come lo stesso suffisso "-ivo" denuncia (per quanto la regola non sia universalizzabile -l'italiano è una lingua a struttura lessicale opacizzata, e i morfi di derivazione lessicale non hanno sempre uno e un solo significato), indica qualcosa di relativo e connaturato al compimento dell'atto del fondare: "valore fondativo della democrazia" è un'espressione praticamente sinonimica, rispetto a "valore fondante", con la sfumatura (per quanto lambiccata) che si parla di una dimensione assiologica, di una norma, intimamente connaturata con i processi di fondazione della democrazia: una sorta di corollario indissolubile, senza specificare l'aspetto (comunque sottinteso) relativo al fatto che tale corollario indissolubile è anche attivo nel fondare, quindi, nei fatti, fondante (la distinzione è nel come i due aggettivi si differenziano nel correlare qualcosa all'atto del fondare e al processo del fondarsi, non nella sostanza di ciò che indicano). "Fondamentale" significa semplicemente, cosa lapalissiana, "proprio dei fondamenti", "strutturalmente legato ai fondamenti", considerati non più come derivato di un processo in atto del fondare (come accade nel caso di "fondante"); ciò che è fondamentale non è nemmeno un portato logico indissolubile del processo del fondare (come nel caso di "fondativo"): ciò che è fondamentale è legato ai fondamenti come dati in quanto tali.

Ripeto: si tratta di sottili suddistinzioni sinonimiche sulla prospettiva di inquadramento e di categorizzazione dei vari aspetti del significato, fermo restando che "valore fondativo", "valore fondante", "valore fondamentale" sono tre locuzioni indicanti, nella sostanza, lo stesso concetto.
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