«Capitale morale»

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Animo Grato
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«Capitale morale»

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Da un paio di giorni è tornata d'attualità l'espressione "capitale morale". Per chi non avesse seguito le ultime vicende, è successo che il presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha affermato che Milano è tornata ad essere la "capitale morale", contrapposta a Roma che, invece, affonderebbe nella corruzione perché priva di "anticorpi morali" (qui uno dei tanti articoli in proposito, con video annessi).
Ora, a me pare che si sia smarrito il senso di "morale" in espressioni come "capitale morale" e "vincitore morale". Ho sempre creduto (e il Treccani, punto 1.c, sembra darmene conferma) che in questo caso "morale" non fosse contrapposto a "immorale", ma a "ufficiale": ad esempio, il vincitore morale di Sanremo (di cui si parla regolarmente ad ogni edizione del noto festival) non è il cantante che cede il posto alle vecchiette sull'autobus o dona il sangue, ma quello che, pur non vincendo, riscuote il maggior successo in classifica nelle settimane seguenti.
Quando Cantone dice di Milano che è la "capitale morale", non è immediatamente chiaro in che senso lo intenda (e "capitale morale" è un titolo di cui il capoluogo lombardo, a torto o a ragione, s'è sempre fregiato, ma a motivo della sua industriosità, capacità di creare ricchezza, dinamismo, vivacità culturale e fervore creativo, non certo per l'anima bella dei suoi abitanti), ma il successivo richiamo ai latitanti "anticorpi morali" della Roma del malaffare lascia pochi dubbi su quale sia l'accezione che ha in mente: "capitale morale" significa (significherebbe) "capitale della moralità". E in questo senso è stata ripresa dai commentatori televisivi e cartacei di questi giorni.
Quello che mi lascia l'amaro in bocca è che, tra questi commentatori, nessuno abbia sommessamente fatto notare che "capitale morale" vuol dire un'altra cosa.
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