Ancora su «u consonantica»

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Carnby
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Ancora su «u consonantica»

Intervento di Carnby »

Da uno spoglio del dizionario risultano esserci in italiano le seguenti parole con una "u (semi)consonantica":

uabaina;
uabaio;
uadi;
uistitì;
uomo;
uopo;
uosa;
uovo.

Tranne le ultime quattro, le altre sono tutti adattamenti di forestierismi con /w/. Strana anche la definizione data dal Devoto sul carattere (semi)consonantico di u: "...la vocale più chiusa della serie velare; solo in età moderna distinta da v, mentre in latino valeva sia come vocale che come semivocale. Questa proprietà si mantiene anche in italiano, in cui lo stesso suono indica carattere pienamente vocalico (uno) e suono privo di qls. valore sillabico (quale). La differenza appare anche attarverso l'elisione: l'uva, lo uadi". Da questo deriverebbe tuttavia che si dovrebbe dire (e scrivere) anche "lo uomo" e "lo uovo"...
La confusione tra u e v appare chiara nella parola ovest, dal francese ouest interpretato come OVEST (a sua volta dal germanico west) con /v/ anziché /w/. Un miglior adattamento sarebbe stato *uest(e) oppure anche *guest(e), con il rafforzamento della /w/ iniziale per dare carattere totalmente consonantico al segmento.
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Re: Ancora su "u consonantica"

Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto:Strana anche la definizione data dal Devoto sul carattere (semi)consonantico di u: "...la vocale più chiusa della serie velare; solo in età moderna distinta da v, mentre in latino valeva sia come vocale che come semivocale. Questa proprietà si mantiene anche in italiano, in cui lo stesso suono indica carattere pienamente vocalico (uno) e suono privo di qls. valore sillabico (quale). La differenza appare anche attraverso l'elisione: l'uva, lo uadi". Da questo deriverebbe tuttavia che si dovrebbe dire (e scrivere) anche "lo uomo" e "lo uovo"...
Non direi: la questione qui è un po’ piú complicata;)
Gianni Pardo
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Intervento di Gianni Pardo »

Interessante è notare come in inglese le parole che cominciano per "w", pur avendo questo segno il valore di "u" semivocalica, richiedano l'articolo che si usa per le parole che cominciano per consonante. "a wasp", una vesta, e non "an wasp". Lo stesso vale per "y": "a yearling".
Gianni Pardo
Roberto_P
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Intervento di Roberto_P »

Salve!

Per quanto attiene alla lingua inglese, bisogna tenere presente due fattori principali, prima di paragonare vocaboli inglesi (e articoli ad essi associati) a quelli italiani:

1) Nella linguistica inglese, le lettere "w" e "y" sono semiconsonanti e non semivocali.

2) Per quanto riguarda la grammatica inglese, la regola dice:

- gli articoli "a" e "the" (dove la "e" ha il valore di schwa) si usano davanti a parole con suono consonantico iniziale (e non davanti a parole con consonante iniziale).

Quindi, @/D@ in: a hotel/the hotel; a European country/the European country; a herb/the herb (nell'inglese britannico).

- gli articoli "an" e "the" (dove "e" ha valore approssimativo di "i" italiano nella parola pino) si usano davanti a parole con suono vocalico iniziale (e non davanti a parole con vocale iniziale)

Quindi, @n/Di: in: an LP/the LP; an herb/the herb (nell'inglese americano); an honest/the honest.

Legenda:

1) Nell'inglese britannico la "h" di herb è generalmente pronunciata, mentre nell'inglese americano, generalmente muta.
2) Il suono @ equivale a una vocale centrale corta atona.
3) Gli articoli determinativi e indeterminativi, in posizioni diverse, possono assumere altre pronunce secondo che si trovino in posizione tonica o atona.

Quindi, e dopo quanto ho scritto, non vedo nulla di strano nell'uso inglese degli articoli.

Roberto
uno studioso autodidatta di lingue e linguistica
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Intervento di Infarinato »

Roberto_P ha scritto:Quindi, e dopo quanto ho scritto, non vedo nulla di strano nell'uso inglese degli articoli.
Sono sostanzialmente d’accordo. Tuttavia, questo
Roberto_P ha scritto:1) Nella linguistica inglese, le lettere "w" e "y" sono semiconsonanti e non semivocali
non ha molto senso: foneticamente, [j w] (comunque resi sul piano grafico) sono dei contoidi approssimanti sia in inglese sia in italiano (…sia in qualsiasi altra lingua che li preveda).

I termini «semivocale» e «semiconsonante» possono tornare utili per ragioni d’ordine fonologico e/o grafematico.
Roberto_P
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Intervento di Roberto_P »

Salve!

Certamente. E come potrebbe essere vero il contrario? Se un identico suono (in questo caso un contoide approssimante) esiste in piú di una lingua, non vedo perché chiamarlo diversamente nei diversi paesi?

Il punto era un altro:

Il mio intervento era volto a chiarire quanto era stato detto erroneamente (e non me ne voglia la persona alla quale mi sono rivolto).

Se ho usato il termine "semiconsonante", l'ho fatto per rendere la regola sull'uso degli articoli determinativi/indeterminativi piú chiara. Se avessi usato il termine "contoide" in quel contesto, non avrei di certo reso chiaro il mio discorso (poiché se una persona ha già le idee confuse su un argomento, l'uso della terminologia tecnica servirebbe soltanto ad accressere le sue perplessità)

Ammetto che avrei potuto esprimermi meglio.

Comunque, definire foneticamente due fonemi quali [w] e [y] non è cosí semplice e spiego perché:

Per risolvere il problema terminologico, bisognerebbe fare una distinzione tra discorso strettamente fonetico e discorso basato sulla funzione o sui criterî fonologici

Per quanto riguarda la distinzione fonetica, un vocoide è definito come:

- orale= Perché l'aria passa attraverso la cavità orale.
- centrale= Perché non è un suono laterale come [l].
- risonante=Perché non vi è costrizione.

Ne deriva che tutto ciò che non è un vocoide è un contoide, quindi [j], , [a], [w] sono vocoidi, mentre [l], [p] e sono contoidi.

Questo rende possibile l'uso di termini quali "vocale" e "consonanti" come termini fonologici.

Generalmente, le vocali sono vocoidi sillabici, quindi, dei vocoidi succitati, e [a] possono essere vocali, mentre [w] e [y], no, perché non sono mai sillabici.

Le consonanti sono contoidi che funzionano come margini di sillaba, i.e. [p], e talvolta [l].

Detto ciò, questa definizione di "vocali" e "consonanti" lascia lo spazio ad altre due possibili classificazioni:

- vocoidi non sillabici, quali [w] e [y].

- contoidi sillabici, quali [l] e [n] sillabici inglesi o il fricativo sillabico [s] in "s'pose" o, ancora, [z] sillabico nel cinese [sz] (equivalente al numero quattro).

Nell'esporre l'argomento, ho preso spunto da un articolo di Kenneth Lee Pike (linguista americano)

Un saluto cordiale.
uno studioso autodidatta di lingue e linguistica
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Intervento di Infarinato »

Tutto giusto (…a parte qualche refuso: [y] per [j], e i foni [j w] sono sempre contoidi: i fonemi /j w/ possono non essere classificati come [semi]consonanti, ché talora stanno per [ĭ ŭ]).

Continuo, però, a non capire la rilevanza del punto (1) ai fini della sua argomentazione, soprattutto nel raffronto con l’italiano, visto che, e.g., la i di ieri e la u di uomo rappresentano gli stessi foni della y di yes e della w di win, rispettivamente. :?:
Roberto_P
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Intervento di Roberto_P »

Salve!

Mi sembra che fosse chiaro che la pensavamo alla stessa maniera sul fatto che la "i" di ieri ha lo stesso valore della "y" di yes e che la "u" di uomo ha lo stesso valore di "w" di water.

Inoltre, nel mio intervento volevo solamente dimostrare il mio disaccordo con quanto detto da un utente in merito alla regola degli articoli determinativi e indeterminativi.

Resto, comunque - e rispettando, nonché condividendo, quanto detto da Lei - dell'opinione che il termine "semiconsonante", riferito alla fonologia inglese, non era per nulla impreciso in quel contesto. Quando ho scritto che in inglese questi grafemi sono semiconsonti e non semivocali (e partendo da questo presupposto si può spiegare semplicemente la regola degli articoli), sapevo di peccare d'imprecisione, ma la cosa importante era fare capire un concetto il piú semplicemente possibile. Del resto non stavo affrontando un discorso tecnico di fonematica e quindi con: "Nella linguistica inglese i grafemi "w" e "y" sono semiconsonanti e non semivocali" - e qui può risultare come un controsenso poiché per alcuni questi grafemi sono semiconsonanti e per altri, semivocali, in fonologia - volevo semplicemente arrivare a qualcosa nella mia spiegazione.

Mi lasci ribadire solo un'altra cosa:

Leggendo i suoi interventi ai miei scritti, constato che le nostre opinioni sono sulla stessa lunghezza d'onda riguardo all'argomento. L'unica cosa di cui mi rammarico è che Lei non abbia capito che il mio primo scritto non voleva altro che essere un semplice intervento per le motivazioni succitate (i.e. la regola inglese degli articoli), senza voler affrontare un discorso di fonematica.

Beh, mi sono, per il mio solito, dilungato nella spiegazione, ma spero che abbia capito o, meglio, spero di "avere dissipato le perplessità di quel suo punto interrogativo".

Saluti.
uno studioso autodidatta di lingue e linguistica
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