Dentale + Sibilante = Z ?

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Honorem Habens
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Dentale + Sibilante = Z ?

Intervento di Honorem Habens »

Da un po' di tempo sto pensando alla formazione della "Z" pesante (raZZa).
È vero che ogni dentale più una sibilante dà questa lettera?
Per esempio, se io dico "TS" mi viene da pronunciarlo "Z".
Quindi la mia domanda è: funziona per OGNI dentale anche aspirata (Theta greco, Dh arabo) ?

Ossequi.
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Infarinato
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Re: Dentale + Sibilante = Z ?

Intervento di Infarinato »

Honorem Habens ha scritto:Da un po' di tempo sto pensando alla formazione della "Z" pesante (raZZa).
È vero che ogni dentale più una sibilante dà questa lettera?
Per esempio, se io dico "TS" mi viene da pronunciarlo "Z".
Quindi la mia domanda è: funziona per OGNI dentale anche aspirata (Theta greco, Dh arabo)?
Cosa intende con «z pesante»? …sorda? doppia?

La sua domanda è in parte tautologica: la z italiana sorda (Canepàri direbbe «non-sonora») di razza (= «stirpe, etnia») è un’affricata (o «occlu-costrittiva», secondo la piú recente terminologia canepariana), che risulta dall’incontro [«molto stretto»] d’un’occlusiva dentale [rafforzata] [t], appunto, e della costrittiva (dentale, meglio che «alveolare» nella pronuncia «normale» e piú in generale centromeridionale) [s]. Analogamente, la z sonora di razza (pesce) risulta dall’incontro di una [d] [rafforzata] e di una [z] (= «s sonora»).

Questo vale per l’italiano. Se, infatti, è ovvio che l’incontro di una [t] e di una [s] darà sempre una sequenza «del tipo [ts]», il «grado di compenetrazione» dei due segmenti articolatòri («foni»), la presenza o assenza d’un particolare soluzione [udibile] nel primo, l’omorganicità di quest’ultimo rispetto al secondo variano da lingua a lingua: e.g., il [ts] dell’inglese hints (sequenza) è [diverso e] «meno unitario» del [ts] dell’italiano zio (vera affricata).

Ciò vale ancora di piú se il «fono da cui si parte» non è un semplice [t] (o [d]), ma è, ad esempio, un [th] come nel greco antico o una [θ] come in quello moderno: ogni lingua opererà la scelta che le è piú «consona» (…e non esplicito apposta questo «consona» ;)).
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Intervento di PersOnLine »

Mi sono sempre chiesto quale sia il modo migliore per trascrivere le affricate doppie secondo la scrittura IPA. Prendendo il caso di "raZZa" è meglio scrivere [tsts] o [tts]?
Ultima modifica di PersOnLine in data lun, 25 mag 2009 12:49, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Infarinato le saprà dire meglio di me. Il mio sentimento è che ogni simbolo IPA corrisponda a un fonema e che, se questo è geminato, vada scritto raddoppiando il simbolo stesso; quindi /'ratstsa/, /'radzdzo/, esattamente come si raddoppiano i fonemi IPA rappresentati da un simbolo costituito da una sola ‘lettera’ (infatti Luciano Canepàri ha disegnato un simbolo con legatura per /ts/ e /dz/, come se fosse, appunto, una cosa unitaria :) ...e lo stesso per /tS/ e /dZ/).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Marco1971 ha scritto:Il mio sentimento è che ogni simbolo IPA corrisponda a un fonema e che, se questo è geminato, vada scritto raddoppiando il simbolo stesso…
In linea di massima, sono d’accordo con Marco. Partirei, però, dalla fonetica.

Le affricate [italiane] sono, appunto, delle affricate, dove, per dirla col Castellani, i «due segmenti articolatori si compenetrano a tal punto da suscitare una netta impressione di unitarietà» e quindi da poter «esser considerati come un suono unico» (A. Castellani, «Fonotipi e fonemi dell’italiano», Studi di filol. it. XIV, 1956, 435–53, ora in Id., Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [19461976], Roma 1980, «Salerno Editrice», vol. I, pp. 49–69 [cito da questa edizione]: n. 1, p. 49.)

Quindi, dobbiamo considerare [ts, dz, tS, dZ] (uso la notazione SAMPA per comodità) come foni unitari, tant’è vero che l’IPA prevede a tal fine un «archetto» di legatura (e consente l’uso di monogrammi appositamente disegnati). In conclusione, cosí come scriviamo ['fat:to] (fatto), saremo autorizzati a scrivere —archetti e monogrammi a parte— anche ['rats:tsa] (razza [= «stirpe, etnia»]).

Una scrizione quale ['rat:tsa] mi «aiuterà» (nel caso lo ignori) a capire che impostazione e tenuta sono costituite dall’elemento occlusivo (ma la cosa non è nemmeno troppo pacifica: cfr. P.M. Bertinetto, Strutture prosodiche dell’italiano, Firenze 1981, «Accademia della Crusca», pp. 127–8; P. Ladefoged & I. Maddieson, The sounds of the world’s languages, Oxford 1996, «Blackwell», pp. 92–3; Ž. Muljačić, Fonologia dell’Italiano, Bologna 1972, «Il Mulino», p. 67) e che è questo a essere rafforzato, ma non è necessaria. D’altra parte, anche ['fat:to] non è scrittura del tutto precisa, in quanto la prima [t] non è una [t] a tutti gli effetti, essendo «inesplosa» (cioè, con soluzione/rilascio inudibile), e infatti in una trascrizione strettissima se ne dovrebbe tener conto.

Ancora piú forviante sarebbe una trascrizione fonematica come /'rattsa/, che mi fa pensare alla successione di due fonemi /t/ and /ts/ (ancora una volta, assumo d’aver in qualche modo notato la legatura «ts»), anziché al fonema lungo (secondo la visione «monofonematica» delle geminate italiane) /ts:/ o doppio (nella [tradizionale, e maggiormente condivisa] versione «bifonematica») /tsts/ (…per le ragioni dell’interpretazione bifonematica cfr., e.g., Muljačić 1972:67–8).

(In realtà, i fonemi «autogeminanti» italiani /ts dz L J S/ [in cui la lunghezza non è distintiva] potrebbero a rigore esser notati sempre scempi, anche se a scapito della chiarezza e della coerenza interna del sistema.)
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Secondo me la trascrizione [tts], se si usa il monogramma per il secondo elemento, non è così fuorviante dato che il primo elemento è effettivamente dentale (anche se non esploso). Invece [ttS] è decisamente fuorviante dato che il primo elemento è postalveolare arrotondato (Canepari direbbe postalveo-palato-labiale) e andrebbe trascritto con il simbolo corrispondente (in canIPA una t con la parte finale che ricorda il costrittivo corrispondente).
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