Per una definizione di «allòfono»

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Giorgio1988
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Per una definizione di «allòfono»

Intervento di Giorgio1988 »

Ho notato che alcuni linguisti (tra cui Serianni) considerano allòfoni solo le varianti combinatorie di un fonema (quelle che Canepari chiama «tassòfoni») e non le varianti libere. Dunque desidererei sapere se sia sbagliato o perlomeno fuorviante designare le varianti libere come «allòfoni».
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Non è certamente sbagliato, è solo che Canepari preferisce un altro termine, una cosa che succede spesso tra gli studiosi (si pensi a logografico vs ideografico).
Riporto quanto scrive Canepari sul suo Manuale di fonetica (p. 4):
Luciano Canepari ha scritto:Perciò, molti suoni diversi, ma simili, in definitiva, costituiscono dei foni. E vari foni, parzialmente diversi (ma secondo determinate regole sistematiche, che si possono/devono ricavare ed esporre compiutamente), all'interno d'un idioma particolare, vengono a costituire i fonemi di quella lingua, con tutti i loro eventuali tassofoni (o foni combinatòri o «allofoni» [con termine più vago e meno consigliabile, perché, di per sé, non indica necessariamente la modifica per combinazione, ma semplicemente una qualche differenza, con motivazioni diverse e —magari— anche occasionali, non sistematiche]).
Inoltre sempre nel Manuale di fonetica (p. 22):
Luciano Canepari ha scritto:La colorazione può anche essere grigia, per indicare varianti (contestuali [: i fondamentali tassofoni, che si realizzano tramite foni peculiari], oppure possibili, come quelle degli accenti regionali [: i geofoni], o di gradazioni sociali, più o meno marcate [: i sociofoni]).
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Giorgio1988
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Intervento di Giorgio1988 »

La ringrazio molto per il suo aiuto, caro Carnby. Avevo presente la terminologia canepariana, e tuttavia riportandola qui ha fatto cosa giovevole a tutti gli interessati.
Ciò che mi domando è, in definitiva, se sia possibile descrivere un allòfono in questi termini: «realizzazione foneticamente diversa, ma priva di valore distintivo, di uno stesso fonema; tale realizzazione diversa può essere dovuta al contesto fonetico (variante combinatoria) o all’abitudine fonetica del singolo parlante, che varia in funzione di fattori diatopici, diastratici e diafasici (variante libera)».
Mi pare di capire che lei, Carnby, riterrebbe accettabile una definizione simile, inclusiva del riferimento alle varianti libere.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Riporto la definizione che si trova sul Dizionario di linguistica Einaudi.
Michele Loporcaro ha scritto:allofono (ingl. allophone, sul gr. állos 'altro' + phoné 'suono'). Termine introdotto in fonologia dalla linguistica statunitense ed usato in origine per quello che la fonologia praghese definisce → variante. L'uso prevalente, successivamente stabilizzatosi, restringe però l'accezione di a facendone un sinonimo di "variante posizionale" (anche variante contestuale o combinatoria) ed opponendolo a "variante libera". In tal senso, a di un fonema A è un suono A' foneticamente distinto dalla realizzazione canonica di A, che condivide con A un certo numero di tratti fonetici distintivi e ricorre rispetto ad esso in → distribuzione complementare, non opponendosi mai nello stesso contesto. Per es. la nasale labiodentale [M] di inverno è in italiano un a del fonema /n/ (per convenzione grafica, un a è indicato col simbolo fonetico incluso in parentesi quadre). Si ha in questo caso allofonia intrinseca: a intrinseco è un a il cui scostamento fonetico rispetto alla forma canonica del fonema è direttamente riconducibile a fenomeni di → coarticolazione entro il contesto di ricorrenza; in caso contrario si ha invece un a estrinseco: per es. sono tali [ph th kh] aspirate dell'inglese, realizzazione di /p t k/ all'inizio di sillaba, in quanto nessun fattore coarticolatorio imporrebbe la comparsa di → aspirazione in tale contesto. Lo statuto allofonico è strettamente idiolinguistico, in quanto ciò che è a di un dato fonema in una lingua può essere un fonema distinto in un'altra: per es. [N] è a di /n/ in italiano (ricorre solo davanti a consonante velare, dove non ricorre [n]) ma non in inglese, dove si oppongono /n/ e /N/ (per es. /'bæn/ 'bando' ~ /'bæN/ 'esplosione').
Come può notare, la definizione di Loporcaro non include le varianti libere (i sociofoni e geofoni di Canepari, in precendenza da lui stesso definiti variofoni). Riporto anche la definizione di variante dalla stesso libro.
Michele Loporcaro ha scritto:variante I. Ciascuna delle realizzazioni di un → fonema in una data lingua. Il rapporto intercorrente tra le varianti, tra loro differenziate per uno o più tratti fonetici non → pertinenti, è detto "variazione". Si dice v fondamentale di un fonema quella fra le sue realizzazioni che dipende in minor grado da condizionamenti contestuali o stilistici, mentre sono dette varianti accessorie tutte le rimanenti. In italiano, [n] alveodentale (per es. in nano) è la v fondamentale del fonema /n/: nessun → tratto è in essa condizionato dal contesto, al contrario che per [N] velare (per es. in àncora) o [M] labiodentale (per es. in ànfora), in cui il luogo di articolazione si assimila a quello della consonante seguente. Le varianti accessorie si suddividono ulteriormente in combinatorie (o posizionali, o contestuali; → allofono) e libere (o facoltative, o stilistiche). Perché un dato fono sia attribuito come v, combinatoria o libera, al fonema /A/ esso deve stare in una determinata relazione con /A/ (o, più esattamente, con la sua v fondamentale [A]): deve avere in comune con A un certo numero di → tratti distintivi (al limite, il che accade frequentemente, tutti tranne uno); deve appartenere alla stessa classe strutturale (una consonante non può essere v di una vocale, a prescindere da ogni altra considerazione); deve ricorrere in → distribuzione complementare con A (v combinatoria: ad es. gli allofoni di /n/ sopra citati, [N] e [M], non ricorrono mai nello stesso contesto di [n]) oppure essere identica funzionalmente ad A, cioè commutabile nello stesso contesto (→ commutazione I) senza che ciò comporti mutamento di significato (v libera). Ad es., nell'italiano [r] polivibrante apicoalveolare è la v fondamentale del fonema /r/: ad essa si possono però sostituire altre realizzazioni, funzionalmente identiche ma stilisticamente connotate, come la fricativa [R] o la polivibrante [R\] uvulari, o come l'approssimante alveolare [r\].
Non sono molto d'accordo sul fatto che un fonema vocalico non possa avere un allofono consonantico (contoide): a mio avviso potrebbe essere il caso di /u/ in uomo (con [w]). Una miglior definizione secondo me è: un fonema vocalico ha perlopiù allofoni vocalici (vocoidi); un fonema consonantico ha perlopiù allofoni consonantici (contoidi), con la possibilità di avere allofoni consonantici nel primo caso e vocalici nel secondo (per es. vocalizzazioni di /r/ e in qualche caso anche di /l/ nelle lingue germaniche) in particolari contesti.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

La ringrazio anch’io, Carnby, per aver riportato le definizioni del Dizionario di linguistica. A proposito del suo ultimo intervento, ho alcune domande: le [ph th kh] aspirate inglesi sono comunque varianti combinatorie o sono varianti libere? Inoltre, potrebbe portarmi un esempio di allofono vocalico di un fonema consonantico nelle lingue germaniche?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:La ringrazio anch’io, Carnby, per aver riportato le definizioni del Dizionario di linguistica. A proposito del suo ultimo intervento, ho alcune domande: le [ph th kh] aspirate inglesi sono comunque varianti combinatorie o sono varianti libere?
La ringrazio per l'apprezzamento. I contoidi iniziali occlusivi aspirati sono presenti nella maggior parte delle varianti dell'inglese, quindi parlerei di varianti combinatorie (anche se ci sono accenti come l'anglo-scozzese di Aberdeen che non li presentano).
Ferdinand Bardamu ha scritto:Inoltre, potrebbe portarmi un esempio di allofono vocalico di un fonema consonantico nelle lingue germaniche?
Mi riferivo a questo: alcune interpretazioni fonologiche potrebbero sempre prevedere un fonema /l/ che viene pronunciato in certi contesti con un vocoide posteriore.
Ultima modifica di Carnby in data gio, 26 mag 2011 21:01, modificato 1 volta in totale.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Molto bene, ancora grazie.
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Intervento di Decimo »

Giorgio1988 ha scritto:Ciò che mi domando è, in definitiva, se sia possibile descrivere un allòfono in questi termini: …
Sí, la definizione che lei propone, caro Giorgio, è coerente coll’accezione iperonima sdoganata da Canepari. Tuttavia, come mostra il risultato delle ricerche di Carnby —che ringrazio—, resta pur sempre sconsigliabile per non ingenerare equivoci, poiché il significato ormai consolidatosi nell’uso di alcuni linguisti è appunto quello di «variante combinatoria».

Canepari scrive, a proposito dell’ambiguità di «allofono», anche di varianti «occasionali, non sistematiche»; esse —mi par di capire— non sarebbero classificabili nemmeno come varianti libere (sistematiche secondo un criterio specifico: regione [geofoni], gradazione sociale [sociofoni], idioletto, ecc.): è cosí?
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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Giorgio1988
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Intervento di Giorgio1988 »

Decimo ha scritto:Canepari scrive, a proposito dell’ambiguità di «allofono», anche di varianti «occasionali, non sistematiche»; esse —mi par di capire— non sarebbero classificabili nemmeno come varianti libere (sistematiche secondo un criterio specifico: regione [geofoni], gradazione sociale [sociofoni], idioletto, ecc.): è cosí?
Anch'io, caro Decimo, interpreto nello stesso modo ciò che ha scritto Canepari.
Colgo l'occasione per ringraziare lei, Ferdinand Bardamu e, ovviamente, Carnby del prezioso contributo offerto.
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