Iati e dittonghi monofonem[at]ici

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Ferdinand Bardamu
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Iati e dittonghi monofonem[at]ici

Intervento di Ferdinand Bardamu »

[In risposta all’intervento di Carnby]

Grazie tante, caro Carnby, è stato molto chiaro. Ho alcune domande, che spero non l'infastidiscano.

Quindi, possiamo affermare che la forma forte dell'articolo maschile singolare, lo, è oggi accettabile davanti a iato, perché il gruppo vocalico ia- è considerato ormai dittongo, anche nella pronuncia? In una lingua piú elegante, sarebbe senz'altro consigliabile usare la forma elisa dell'articolo, e scrivere e dire l'iato, poiché la pronuncia corretta dovrebb'essere [i'ato]?

Inoltre, lei dice che iato «era considerato tradizionalmente trisillabo»: questo avveniva per influsso della forma latina da cui deriva per via dotta? In latino, se i ricordi del liceo non mi tradiscono, ia non costituisce dittongo. E ancora (poi ho finito :) ): potrebbe dirmi se con l'avverbio «tradizionalmente» si riferiva a qualche grammatico in particolare?
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Quindi, possiamo affermare che la forma forte dell'articolo maschile singolare, lo, è oggi accettabile davanti a iato, perché il gruppo vocalico ia- è considerato ormai dittongo, anche nella pronuncia?
Sì, sia il DOP che il DiPI accettano ormai questa possibilità.
Ferdinand Bardamu ha scritto:In una lingua piú elegante, sarebbe senz'altro consigliabile usare la forma elisa dell'articolo, e scrivere e dire l'iato, poiché la pronuncia corretta dovrebb'essere [i'ato]?
Sì, esatto.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Inoltre, lei dice che iato «era considerato tradizionalmente trisillabo»: questo avveniva per influsso della forma latina da cui deriva per via dotta?
Direi piuttosto che iato è una voce dotta di per sé (altrimenti avremmo avuto *giato o qualcosa del genere). Veniva considerato trisillabo sia perché in latino era così (hi-ā-tus), sia perché pronunciato così conteneva in effetti un iato stesso (a questo mi riferivo con lo strano termine autologicità, che richiama un noto paradosso logico).
Ferdinand Bardamu ha scritto:In latino, se i ricordi del liceo non mi tradiscono, ia non costituisce dittongo.
In genere no: i dittonghi latini erano tutti fonologici e del tipo «discendente»: ae, au, oe, eu, ei (raro), ui (raro), yi (raro e solo nei grecismi). Però è anche vero che, la i in iato (abietem, per esempio) poteva diventare consonante (abjetem), sia per motivi metrici (molte parole di questo tipo non avrebbero potuto far parte di un esametro), sia per una tendenza della lingua parlata che sarebbe diventata poi la norma nel passaggio alle lingue romanze.
Ferdinand Bardamu ha scritto:E ancora (poi ho finito): potrebbe dirmi se con l'avverbio «tradizionalmente» si riferiva a qualche grammatico in particolare?
Più che altro mi riferivo alla grammatica normativa tradizionale, specie a quella che esisteva prima che l'italiano divenisse lingua effettivamente parlata.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ottima risposta e squisita la sua gentilezza. Conoscevo il significato della parola autologico, ma non conoscevo l'interessante paradosso correlato.

Un'ultimissima cosa (giuro: non voglio appropriarmi il filone né approfittare della sua disponibilità): ho trovato in rete la definizione di dittongo fonologico.

In molte lingue i dittonghi sono monofonemici, vale a dire che contano come una vocale lunga qualsiasi: è il caso dell'inglese e del tedesco, ma anche del latino classico, del greco attico e del sanscrito. In questo caso si parla di dittongo fonologico. (Wikipedia, Dittongo)

Non mi è chiaro però cosa significhi: a ed e non sono fonemi della lingua latina? Perché se si uniscono a formare un dittongo «contano come una vocale lunga qualsiasi»?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Ottima risposta e squisita la sua gentilezza.
Si figuri, è sempre una bella cosa parlare tra persone interessate ai medesimi argomenti.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Un'ultimissima cosa (giuro: non voglio appropriarmi il filone né approfittare della sua disponibilità): ho trovato in rete la definizione di dittongo fonologico. [...]
Non mi è chiaro però cosa significhi: a ed e non sono fonemi della lingua latina? Perché se si uniscono a formare un dittongo «contano come una vocale lunga qualsiasi»?
Senza dubbio le vocali /a/ ed /e/ (nonché le corrispondenti vocali lunghe /a:/ ed /e:/) facevano parte dell'inventario latino classico. Nel caso dei dittonghi fonologici del latino (come di altre lingue) siamo in presenza di un qualcosa di – almeno parzialmente – differente: infatti i dittonghi fonologici, nelle lingue che li presentano, sono monofonematici, in altre parole valgono come una vocale lunga. Se li considerassimo come composti effettivamente da due vocali, si perderebbe la loro caratteristica fondamentale. Questa può essere mostrata bene prendendo come esempio una lingua moderna, il tedesco. I tre dittonghi fonologici /ai, au, OY/ – che alcuni dizionari trascrivono, per questa ragione, con la «barchetta» sottoscritta – sono realizzati nelle varie zone del territorio germanofono con foni particolari, non sempre corrispondenti alle realizzazioni comuni locali dei fonemi /a/, /i/, /u/, ecc. Può leggere qui la sezione del MaF, libro di Luciano Canepari, sulla mono- e bifonemicità dei dittonghi.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

In merito alla parola iato, riporto, per completezza, la definizione che ne dà il dizionario di linguistica dell'Einaudi [Concetto Del Popolo, iato, in Gian Luigi Beccaria (a cura di), Dizionario di linguistica, pag. 394, Torino, Einaudi, 2004]. La sottolineatura è mia:

iato (lat. hiatus ʻaperturaʼ). Pronuncia distinta di vocali vicine, quando, all'interno di parola, non si produce dittongo. Poiché quest'ultimo avviene solo in presenza di i ed u, si ha i se mancano queste vocali: aereo, beato, croato. Si ha anche i, se i e u seguite da a, e, o (da i nei plurali) sono toniche: pia, tua, suo, zii. Se nelle parole composte si percepisce ancora il rapporto fra i componenti, avviene di nuovo i: riammettere. Il fenomeno può aversi anche in fonotassi: proprio il lemma iato, se preceduto da articolo, suona staccato: «lo iato» (cioè non tollera elisione). Queste regole, valide generalmente, tollerano eccezioni in poesia, dove la sineresi può fare valere una sola sillaba metrica un gruppo di vocali.

Quanto dice Del Popolo, però, sembra cozzare con la norma dell'uso dell'articolo forte lo, quella riportata dalla grammatica di Serianni in IV.5:

Davanti alla semiconsonante /j/, pur sussistendo ancora le varianti minoritarie il («il Jugoslavo» P. Levi, cit. in SATTA 1981:118) e l' («l'iato» Calvino, Ti con zero), lo e il rispettivo plurale gli sembrano ormai le forme prevalenti, almeno nell'uso scritto se non nella codificazione grammaticale [...].


Insomma, se il gruppo vocalico ia- in iato è, appunto, in iato (mi si perdoni il gioco di parole), dovremmo avere piuttosto l' e non lo, che ricorre, invece, davanti alla semiconsonante /j/ e, quindi, al dittongo /ja/.
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Intervento di Infarinato »

Caro Ferdinand, a questo punto Lei mi «costringe» a citare [per l’ennesima volta :oops:] un mio vecchissimo intervento su dittonghi e iati. ;)

Il fatto è che, non appena ci discostiamo da una definizione prettamente fonetica di questi concetti, l’arbitrio è massimo.

Per quanto riguarda l’allomorfia dell’articolo davanti a /i'V-/ e /(')jV-/, mi permetto invece di rimandarla alle pp. 191–4 di Camilli & Fiorelli (1965) [Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell’italiano, terza edizione riveduta a cura di Piero Fiorelli, «Sansoni», Firenze 1965], che purtroppo ora non ho il tempo di ricopiare (ma trova parte della nota n. 304 [p. 194] del Fiorelli qui).

Tuttavia, come notavo di sfuggita altrove (e piú esplicitamente —anche se a proposito di altro— in una recensione di una [pessima :evil:] tesi di dottorato), non possiamo mettere sullo stesso piano due «entità fonetiche» come il dittongo e l’iato [nella loro accezione autenticamente fonetica] e un’allomorfia, che (per quanto [nel nostro caso] foneticamente motivata) è pur sempre un fenomeno —appunto— morfologico;)

Mi scuso davvero per la concisione e i molti rimandi, ma «vado di fretta» (…e odio ripetermi). :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Caro Infarinato, la ringrazio tanto dell'intervento e dei rimandi. :)

Ricordo di aver letto l'intervento del suo primo rimando; tuttavia, essendo la mia preparazione in materia pressoché nulla, non riuscii a trattenerne il contenuto, come invece credo di aver fatto (almeno in parte) ora.
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Intervento di Carnby »

Concetto Del Popolo ha scritto:iato (lat. hiatus ʻaperturaʼ). Pronuncia distinta di vocali vicine, quando, all'interno di parola, non si produce dittongo. Poiché quest'ultimo avviene solo in presenza di i ed u, si ha i se mancano queste vocali: aereo, beato, croato. Si ha anche i, se i e u seguite da a, e, o (da i nei plurali) sono toniche: pia, tua, suo, zii. Se nelle parole composte si percepisce ancora il rapporto fra i componenti, avviene di nuovo i: riammettere. Il fenomeno può aversi anche in fonotassi: proprio il lemma iato, se preceduto da articolo, suona staccato: «lo iato» (cioè non tollera elisione). Queste regole, valide generalmente, tollerano eccezioni in poesia, dove la sineresi può fare valere una sola sillaba metrica un gruppo di vocali.
Una brutta spiegazione, confusa e contrastante con l'uso letterario e grammaticale. Fino a tempi recenti, iato è sempre stato considerato trisillabo e quindi – quantomeno – la spiegazione doveva includere la possibilità d'elisione davanti a vocale piena. L'autore avrebbe dovuto scrivere: «proprio il lemma iato, nella pronuncia tradizionale, viene considerato trisillabo: /i'ato/, ovvero con uno stacco tra la prima i (pienamente vocalica) e la a, che porta l'accento tonico. Oggi però è spesso pronunciato bisillabo, /'jato/, quindi non si avverte lo stacco tra la i (semi)consonantica e la a». La selezione della forma lo dell'articolo davanti a /j-/ è un fenomeno che non ha niente a che fare con l'iato vero e proprio e non suona affatto «staccato». Queste mescolanze «allegre» di vecchia grammatica e opinioni personali non sono per niente rare anche tra gli studiosi.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Insomma, se il gruppo vocalico ia- in iato è, appunto, in iato (mi si perdoni il gioco di parole), dovremmo avere piuttosto l' e non lo, che ricorre, invece, davanti alla semiconsonante /j/ e, quindi, al dittongo /ja/.
Ovviamente sì: il gruppo vocalico ia- in iato sarebbe /i'a-/ e quindi selezionerebbe automaticamente il anziché lo.
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