Dittonghi

Spazio di discussione su questioni di fonetica, fonologia e ortoepia

Moderatore: Cruscanti

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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Due domande molto semplici: in una trascrizione stretta dovremmo usare i simboli di cui sopra (['k̟ja:ro], ['a:ɡ̟i])?
Sí, [r] a parte: veda qui.
Ivan92 ha scritto:E per quale ragione tra i luoghi d'articolazione non figura mai quello prevelare?
Perché è una sottigliezza, cui pochi si sono premurati di dare un nome: ad esempio —vado a memoria!— Alberto Mioni nel Trattato di Foniatria e Logopedia (a cura di L. Croatto) parla semplicemente di «leggero avanzamento»… ;)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

La ringrazio. :)
Infarinato ha scritto:Sí, [r] a parte.
Sí, mi scusi. Con simboli di cui sopra mi riferivo esclusivamente alle prevelari. In generale, comunque, la monovibrante non viene quasi mai contemplata. Le mie dispense non la prendono proprio in considerazione. :evil:

Cosa pensa invece della nasale postalveolare? Anche questa è una sciocchezza bella e buona, o ha una sua ragion d'essere?
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Cosa pensa invece della nasale postalveolare? Anche questa è una sciocchezza bella e buona, o ha una sua ragion d'essere?
Ha la sua ragion d’essere (davanti a [ʃ ʧ ʤ]), ma anche qui solo a livello di leggerissima coarticolazione.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Grazie mille. :)
Marco Treviglio
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Intervento di Marco Treviglio »

valerio_vanni ha scritto:
Marco Treviglio ha scritto:No, perché non può esserci dittongo senza i o u [semi]consonantiche.
Da un punto di vista fonetico, il dittongo ci può essere anche in assenza di semiconsonanti. "Via" e "Vai" sono dittonghi, e non hanno /j/.
Vero! D'accordo per "Vai", ma non per "Via" che ha iato [non per la /j/ ma per l'accento].
valerio_vanni ha scritto:
Marco Treviglio ha scritto:La sillabazione di «maestà» è ma|e|stà e deriva da [lett. ant.] maiestà, maiestade che a sua volta deriva da maior con i
Mi soffermo su questo punto perché lo ritengo importante. Lei sta facendo derivare la sillabazione di "maestà" da quella di "maiestà" (sicuramente /ma.jes'ta/), ma nel presente quella /j/ è sparita e non possiamo basarci su di essa per sillabare.
E' evidente che ci si sta basando su un aspetto di sviluppo storico della lingua, ma una sillabazione fonetica deve basarsi su come la lingua viene pronunciata ora.

In pratica, non mettiamoci a dire che "città" è trisillabica perché deriva da "cittade". In "maestà" è più facile farlo, perché le lettere scritte per fare (il giochino delle) tre sillabe ci sono.
No! Io non «sto facendo derivare la sillabazione» dalla forma arcaica, bensí affermo che maestà ha tre sillabe per l'iato che si sviluppa tra a ed e. Dunque, in base alla pronunzia odierna. ;)
valerio_vanni ha scritto:Per la fonetica, bisogna ascoltare come la parola viene pronunciata. Ma spontaneamente, se ci convinciamo di voler dire una sillaba per vocale e le scandiamo non se ne viene fuori. Impuntandoci, potremmo anche dire /pi,an.gi'a.mo/... ma dedurremmo che la parola ha cinque sillabe.

Sulla base fonologica so poco e poco la comprendo data la funzione della sillabazione. Pur leggendo per intero la presente discussione [sino al mio primo intervento in essa] non ho avuto né l'idea né l'impressione che si discutesse principalmente sulla realtà fonetica del dittongo.
Dal mio punto di vista, modestamente, credo che, vista l'esistenza di altre discussioni sul tema, distinguere il dittongo su base fonetica e su base morfologica sia d'aiuto alla lettura.
Comunque, piangiamo ritengo ne abbia sempre tre.
valerio_vanni ha scritto:E' anche utile ascoltare delle canzoni, secondo me. E' vero che la musica può generare delle eccezioni, ma per lo più rispecchia la struttura sillabica spontanea.
E' utile perché ci porta ad affrontare il "dove sono le note", note che poi corrispondono ai nuclei sillabici. C'è una melodia, che potrebbe essere suonata con uno strumento, e c'è un testo che viene distribuito su di essa.

Ma, foneticamente, quante parole formano dittongo in questa canzone? :mrgreen:
valerio_vanni ha scritto:
Marco Treviglio ha scritto:«Sciattone», invece, ha un dittongo come «sciatico», «sciatica».
Personalmente, non so Voi, non pronuncio scia- delle parole «sciare, sciatore, sciatorio» nello stesso modo di «sciattone, sciatica, sciatico». :roll:
Sono «tradizionale», dunque? :?
Neanch'io le pronuncio alla stessa maniera, ma in "sciattone" il dittongo non c'è. Quella "i" è diacritica, serve solo a distinguere (nello scritto) la parola da "scattone" (quello che fa un ciclista a pochi metri dal traguardo ;-) ).
Lo stesso vale per "sciocca" ~ "scocca": non ci sono né /i/ né /j/. Forse è più evidente nella maniera in cui scriverebbero gli inglesi ("shock" "shaft" etc).

Sí, è vero! Errore mio di disattenzione. In luogo di «dittongo» volevo scrivere «sillaba».
Infarinato ha scritto:[L]a sua interpretazione [...] non è «in disaccordo con me», sibbene con la realtà fonetica, come le già ha spiegato molto bene Valerio e come credo di aver chiarito definitivamente in un mio vecchio intervento, citato millanta volte in questo fòro (e anche in tesi di dottorato! :shock:), e in particolare nel secondo intervento di questo filone… Ma non s’era detto di leggerci per bene quanto scritto in precedenza prima d’intervenire s’un qualsiasi argomento? :P

Per l'appunto, il «disaccordo con Lei» l'ho in quanto io non accetto la sillabazione fonetica ma solo morfologica, poiché il motivo per sillabare è specificare la forma della parola e lo svolgimento di tale azione avviene di certo non a velocità frenetica ("a ritmo allegro"). Almeno, è quello che penso.
Inoltre intendo chiarire bene che ho letto tutto quanto in questa discussione saltando solo il primo collegamento, al «secondo intervento», per la sua lunghezza e che pensavo di leggere una volta finito l'intero filone; poi, per dimenticanza, non l'ho fatto. Di ciò e del ritardo di questa mia risposta chiedo venia. :oops: Tuttavia, in fondo, anche quell'intervento non cambia il succo di ciò che avevo da dire al riguardo. ;)
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Marco Treviglio ha scritto:Per l'appunto, il «disaccordo con Lei» l'ho in quanto io non accetto la sillabazione fonetica ma solo morfologica…
Cioè non scientifica… ma allora, come minimo, ha sbagliato sezione del fòro! :P

Inoltre, se a Lei interessa soltanto la cervellotica [metrico-etimologica, grafomorfologica] definizione tradizionale di «dittongo e iato» e [quindi] di «sillaba» (peraltro già richiamata piú sopra —sarebbe già qualcosa se fosse meramente «morfologica»!), essendo essa una «semplice» convenzione, ogni intervento al riguardo è per definizione superfluo. ;)
Marco Treviglio
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Intervento di Marco Treviglio »

Infarinato ha scritto:
Marco Treviglio ha scritto:Per l'appunto, il «disaccordo con Lei» l'ho in quanto io non accetto la sillabazione fonetica ma solo morfologica…
Cioè non scientifica… ma allora, come minimo, ha sbagliato sezione del fòro! :P
Giusta osservazione. :oops:
Infarinato ha scritto:Inoltre, se a Lei interessa soltanto la cervellotica [metrico-etimologica, grafomorfologica] definizione tradizionale di «dittongo e iato» e [quindi] di «sillaba» (peraltro già richiamata piú sopra —sarebbe già qualcosa se fosse meramente «morfologica»!), essendo essa una «semplice» convenzione, ogni intervento al riguardo è per definizione superfluo. ;)
Già! Vi prego di perdonarmi l'intrusione molesta ché tale non era nell'intenzione mia. :oops:
Speravo di avere un seppur minimo chiarimento riguardo ai pro di una sillabazione fonetica, ma credo di aver sbagliato metodo.
Errore di “cruscante” novello. In futuro, proverò a porre maggiore attenzione. :!:
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Infarinato ha scritto:Inoltre, se a Lei interessa soltanto la cervellotica [metrico-etimologica, grafomorfologica] definizione tradizionale di «dittongo e iato» e [quindi] di «sillaba» (peraltro già richiamata piú sopra —sarebbe già qualcosa se fosse meramente «morfologica»!), essendo essa una «semplice» convenzione, ogni intervento al riguardo è per definizione superfluo. ;)
Meglio così, stavo per partire con una lunga pappardella a partire dal "via" bisillabico. ;-)
Marco Treviglio ha scritto:Speravo di avere un seppur minimo chiarimento riguardo ai pro di una sillabazione fonetica…
Se lo scopo della sillabazione fosse solo quello di andare a capo, non ci sarebbe alcun pro.
Ma potremmo andare anche oltre la sillabazione tradizionale, nel fare delle regole scollegate dalla fonetica.
Sillabiamo "cane": ca-ne? perché non can-e, o addirittura c-ane? [1]
Sarebbe lecito andare a capo in tutte le maniere, basterebbe mettersi d'accordo.

Se però pensiamo che una lingua non ha solo una forma scritta, ma anche una orale, il discorso cambia. Se un testo deve essere letto ad alta voce o cantato, si deve prendere in considerazione la realtà fonetica.

E stiamo parlando solo di risvolti pratici, se ci spostiamo nel campo dello studio linguistico l'aspetto fonetico della sillabazione diventa un pezzo da novanta. E' vero, come dice Infarinato, che una definizione rigorosa di sillaba è molto complessa. Ma, d'altra parte, un concetto di "sillaba" come unità di scomposizione della parola è presente spontaneamente in tutti i parlanti.

Tanto che le varie strutture, nell'apprendimento infantile della lingua, arrivano in momenti diversi (per esempio, le sillabe aperte arrivano prima di quelle chiuse).
E tanto che, nello sviluppo storico della lingua, la struttura sillabica ci consente di capire tante cose. Strutture diverse hanno preso strade diverse.

Non l'hanno fatto dei grammatici a tavolino, l'ha fatto la gente che parlava.

Se la sillabazione fonetica fosse un'inutile astrazione, questo non sarebbe mai successo.

[1] Una domanda: trova l'ultima (c-ane) particolarmente assurda? E se sì, perché?
Marco Treviglio
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Intervento di Marco Treviglio »

Premetto che nulla mi è chiaro nel suo intervento. Sicuramente dev'essere demerito mio, in quanto, evidentemente, non preparato per comprendere la sua cortese spiegazione della quale La ringrazio comunque, se non altro, per “averci provato”. :P
Due precisazioni: 1) ho sempre considerato [e considero tuttora] che, nella lingua, il «parlato» abbia precedenza sullo «scritto», poiché è da lí che la stessa si evolve, poi dallo «scritto» si tenta una «regolamentazione»; 2) non ho mai affermato, né sottointeso, che la «sillabazione fonetica» sia «inutile» a prescindere, solo che non ne vedo la ragione «normativa» [a differenza della «fonetica» in sé].
Detto ciò, non so se la mia risposta sarà consona alla sua richiesta [perché sono assai ignorante della materia sulla quale è fondata].
valerio_vanni ha scritto:[1] Una domanda: trova l'ultima (c-ane) particolarmente assurda? E se sì, perché?
Perché se l'accettassi dovrei accettare anche quest'altra possibilità: c-a-ne [e chissà quali altre cambiando parola d'esempio].
Dal mio punto di vista, ogni sillaba necessita di un accento e [in italiano] può essere solo sulle vocali, per cui la formazione di una di esse composta da una sola consonante renderebbe il processo piuttosto “caotico” [anche se credo di aver compreso il perché mi ha chiesto espressamente di questa e non della precedente “variante”].
Dunque, no, non la trovo «assurda», semplicemente trovo che il metodo sia piú complicato e meno limpido, perché dipende da piú fattori.

Questo è quanto di meglio posso esprimere al momento sulla sua richiesta, caro Valerio.
Spero solo di non averLa delusa troppo. :P
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Marco Treviglio ha scritto:Due precisazioni: 1) ho sempre considerato [e considero tuttora] che, nella lingua, il «parlato» abbia precedenza sullo «scritto», poiché è da lí che la stessa si evolve, poi dallo «scritto» si tenta una «regolamentazione»; 2) non ho mai affermato, né sottointeso, che la «sillabazione fonetica» sia «inutile» a prescindere, solo che non ne vedo la ragione «normativa» [a differenza della «fonetica» in sé].
Avevo capito che la ritenesse inutile a prescindere.

In ogni caso, secondo me sarebbe meglio che la sillabazione «normativa» riflettesse la realtà fonetica. Sarebbe più semplice da capire, e aiuterebbe nei punti di contatto tra scritto e parlato.
Marco Treviglio ha scritto:
valerio_vanni ha scritto:[1] Una domanda: trova l'ultima (c-ane) particolarmente assurda? E se sì, perché?
Perché se l'accettassi dovrei accettare anche quest'altra possibilità: c-a-ne [e chissà quali altre cambiando parola d'esempio].
Dal mio punto di vista, ogni sillaba necessita di un accento…
Mi permetto di far notare che questa è una considerazione di natura fonetica.
E' un problema insito nella sillabazione tradizionale: questa (o, meglio, chi la sostiene) non si limita a dire "sono solo convenzioni grafiche", afferma che le regole abbiano un'origine fonetica.

Insomma, un piede dentro e uno fuori.
Marco Treviglio ha scritto:…e [in italiano] può essere solo sulle vocali, per cui la formazione di una di esse composta da una sola consonante renderebbe il processo piuttosto “caotico” [anche se credo di aver compreso il perché mi ha chiesto espressamente di questa e non della precedente “variante”].
Non era tanto quello il punto. Se sillabassimo "canneto" "can-neto" avremmo la sillaba "can" che non presenta il problema di "s".
Il punto era più la singola sillaba "ane" (o questa "neto"), che dovrebbe fare saltare sulla sedia qualunque senso di sillaba.
Marco Treviglio
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Intervento di Marco Treviglio »

Ma infatti!
Quello che cercavo di dire sin dall'inizio, caro Valerio, è che se potessi sillabare ma-es-tà [«maestà»] allora potrei sillabare anche qu-es-ta o qu(q-u)-e-st-a [«questa»], ossia «sarebbe tutto valido», poiché dipende da come pronuzio la determinata parola e da quali suoni, secondo il “mio” criterio, è formata.

Preciso inoltre che, secondo me, lo scopo della sillabazione non è semplicemente determinare come si può «andare a capo» ma quello di specificare quale parola ho pronunziato e come è scritta a chi ascolta, utilizzando la scomposizione di questa nelle sillabe che la compongono. È un processo che credo sia naturale ad ogni nativo e madrelingua italiano e credo che nessun tale staccherebbe quella «-s-» da «-sta» per attaccarla alla «-e-» e formare la sillaba «-es-» nelle parole di cui sopra.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Marco Treviglio ha scritto:Preciso inoltre che, secondo me, lo scopo della sillabazione non è semplicemente determinare come si può «andare a capo» ma quello di specificare quale parola ho pronunziato e come è scritta a chi ascolta, utilizzando la scomposizione di questa nelle sillabe che la compongono.
Anche secondo me.
In questo, però, la sillabazione tradizionale fallisce. Parte da una base fonetica, ma poi l'abbandona.

C'è da dire che su alcuni punti non è facile trovare una sillabazione fonetica senza difetti (cioè che renda giustizia a tutto). Sono i punti in cui la grafia della nostra lingua non è fonetica.
Sono rari, ma ci sono.
Uno è quello della zeta singola intervocalica. E' singola nello scritto, e doppia nel parlato. «azione» /aʦ'ʦjo.ne/
La sillabazione tradizionale suggerisce "a-zio-ne": manca una zeta nella prima sillaba.
Facciamo "az-io-ne": manca una zeta nella seconda.
Facciamo "az-zio-ne": ci troviamo con una zeta di troppo nel testo.

Considerazioni analoghe (e anche più complesse) si possono fare per i digrammi <sc> <gl> <gn>, altro punto di divergenza tra grafia e fonetica.
Marco Treviglio ha scritto:È un processo che credo sia naturale ad ogni nativo e madrelingua italiano e credo che nessun tale staccherebbe quella «-s-» da «-sta» per attaccarla alla «-e-» e formare la sillaba «-es-» nelle parole di cui sopra.
In realtà molti bambini, a scuola, sillabano propro così: «asta» /as.ta/.
Poi vengono indirizzati verso la sillabazione tradizionale, dato che questa si trova sui testi di scuola.
Col tempo imparano che "si sillaba così: "a-sta"", ma il loro orecchio gli aveva suggerito la sillabazione fonetica.

A chi scrive "azzione" si potrà dare dell'ignorante, non del sordo.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Il DiPI, alla voce Jesi, dà come pronuncia corretta /diˈjɛzi/; soltanto abbastanza consigliabile l'altra variante, /diˈɛzi/. Qual è la differenza tra ieri e Jesi? Entrambe le parole presentano un'approssimante, eppure, se precedute da di, le pronunce giuste sono rispettivamente /diˈɛri/ e /diˈjɛzi/. Come mai questo diverso trattamento? O meglio: come mai per Jesi non valgono le considerazione fatte per ieri, iettatore, etc.?
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Il DiPI, alla voce Jesi, dà come pronuncia corretta /diˈjɛzi/; soltanto abbastanza consigliabile l'altra variante, /diˈɛzi/. Qual è la differenza tra ieri e Jesi?
Nessuna, se non di frequenza lessicale. Ma potrebbe anche trattarsi di un banale refuso.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Grazie mille! Le chiedo: non potrebbe incidere il fatto che in Jesi ci sia la j e non la i?
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