Vocalismo tonico nei dialetti meridionali estremi

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Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Sono d'accordo con lei, caro Valerio, ma il punto è proprio quella regolarità cui lei ha accennato. Giòrno e téma sono parole captate in una recente conversazione. Presumo, anche se non ho la controprova, che la pronuncia sia quella e che sia regolare. Ovviamente dovrei passare più tempo con loro per avere qualche certezza in più. A ogni modo, ieri sera m'è capitato di sentir parlare Nino Frassica in tivvù. Anche lui si comporta grosso modo come i miei due amici: a un certo punto ha detto signòre e poco dopo Vincénzo. Certo, può ben darsi ch'io abbia giudicato erroneamente sulla base delle esperienze del mio orecchio eptavocalico, ma sono convinto che non si trattava d'una vocale oscillante tra [o] e [ɔ] e tra [e] e [ɛ]. Sono sostanzialmente d'accordo con voi: in un sistema fonematicamente pentavocalico potrebbe non esserci una perfetta corrispondenza fonetica. Nel mio caso, però, non c'è un "equo trattamento" delle vocali toniche. Non c'è insomma un unico grado intermedio d'apertura: o sono aperte o sono chiuse. E non capisco perché mai si debba dire , ma perché. In quel sistema, anche presupponendo la non perfetta corrispondenza fonetica di cui sopra, l'esito di queste due parole dovrebbe comunque essere lo stesso.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:A ogni modo, ieri sera m'è capitato di sentir parlare Nino Frassica in tivvù. Anche lui si comporta grosso modo come i miei due amici: a un certo punto ha detto signòre e poco dopo Vincénzo. Certo, può ben darsi ch'io abbia giudicato erroneamente sulla base delle esperienze del mio orecchio eptavocalico, ma sono convinto che non si trattava d'una vocale oscillante tra [o] e [ɔ] e tra [e] e [ɛ].
Appunto… non c’è alcuna contraddizione: tutto torna. :) Come del resto ben argomentava Valerio piú sopra, ipercorrettismi a parte, un orecchio eptavocalico tenderà a interpretare [ɛ̝ ɔ̝] come delle /ɛ ɔ/ quando si aspetti /e o/, e come delle /e o/ quando si aspetti /ɛ ɔ/. ;)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Dunque, se ho ben capito, i signòre e Vincénzo di Frassica sono in verità /siɲˈɲɔ̝re/ e /vinˈʧɛ̝nʦo/? Mi resta ancora un dubbio: assodato che non si tratta di vere e proprie vocali medio-basse e medio-alte, ma di vocali intermedie, per quale motivo il mio orecchio percepisce un'apertura più accentuata in e una meno in perché? Voglio dire, in base a quale criterio, in quel sistema vocalico, si sceglie d'aprire un po' di più o un po' di meno la bocca?
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:
valerio_vanni ha scritto:Essendo molto lontani i suoni adiacenti , c'è più spazio di oscillazione verso la chiusura.

I dialetti basso-meridionali non hanno in genere [i, u], bensì [ɪ, ʊ].

Sì, sicuramente le vocali tendono a cadere lì.
Ligure
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Sistemi linguistici penta-/eptavocalici

Intervento di Ligure »

Ovviamente, il principio di "aspettativa linguistica", se così mi è concesso di sintetizzarlo, esposto da Infarinato non può che essere di guida in questa materia e s'inserisce perfettamente nella "visione canepariana" dei fenomeni linguistici in esame.

Inoltre, va sempre di più tenuta presente la distinzione tra dialetto e lingua.

Intendo dire che oggi (e sempre di più) il sistema pentavocalico "originario" influenza ancora certamente i parlanti, ma non costituisce più un "vincolo linguistico" assoluto.

Risultano fondamentali le influenze della lingua e dei "media". Anche quanto ho scritto s'inserisce perfettamente in un'"ottica canepariana".

Infatti, nel suo Manuale di Pronuncia italiana, il Canepari distingue sempre tra "vocogrammi" relativi all'accento locale marcato e quelli che descrivono un accento meno marcato.

Relativamente alla Sicilia, ad esempio, fornisce tre "vocogrammi", di cui uno relativo all'accento meno marcato.

Che cosa scrive? A pag. 465, "… Nella parte orientale [della Sicilia, Frassica è messinese, aggiunta mia], di solito, sono relativamente meno rari timbri meno aperti [e E, o σ] che, insieme all'articolazione monottongata, contribuiscono all'impressione generale di minor apertura. Va, però, sempre tenuto presente che l'oscillazione c'è, e è mutevole, anche per la stessa persona…".

Nel vocogramma citato compaiono nove vocoidi: /i,u, e,o, E,σ, ɛ,ɔ, a/. Evidentemente, per parlanti che possano essere ricollegati a questo "riferimento", varrebbe /siɲˈɲɔ:re/ o /vinˈʧenʦo/.

Per altro, certamente non "neutri"… - anzi, opposti! -.

Il che conferma l'ascolto effettuato da chi ha avuto a che fare con questo tipo di parlanti ed è ben sintetizzato dal Canepari stesso nella pagina precedente a quella citata: "… L'accento meno marcato, più diffuso (ma non esclusivamente) tra i giovani e, in particolare, tra le ragazze, ha timbri più simili a quelli della pronuncia neutra, però, la distribuzione è, spesso, ben diversa…".

E, spesso, come conferma l'ascolto di chi ha scritto - ma anche la mia esperienza personale - del tutto "idiosincratica"!

Sono stati, infatti, acquisiti "fonemi" non tradizionali, ma essi vengono utilizzati - molte volte e da parte di molti parlanti - secondo criteri del tutto personali.

Sulle "idiosincrasie" di Frassica, ovviamente, non merita dilungarsi . . .

P.S. Per chi fosse "sfegatatamente" appassionato di dialetti – non italiano locale, sia chiaro! – segnalo i vocogrammi riportati dal Canepari nel suo Manuale di Fonetica relativamente al catanzarese, al catanese e al palermitano. Siamo nell'ambito di paradigmi dialettali tradizionali pentavocalici (il palermitano è pure "dittongato" e risulta rappresentativo della Sicilia occidentale), ma è "cibo" per stomaci "allenati".
Ultima modifica di Ligure in data mar, 08 mag 2018 15:01, modificato 1 volta in totale.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Ligure ha scritto:Ovviamente, il principio di "aspettativa linguistica", se così mi è concesso di sintetizzarlo, esposto da Infarinato non può che essere di guida in questa materia e s'inserisce perfettamente nella "visione canepariana" dei fenomeni linguistici in esame.

Inoltre, va sempre di più tenuta presente la distinzione tra dialetto e lingua.

Intendo dire che oggi (e sempre di più) il sistema pentavocalico "originario" influenza ancora certamente i parlanti, ma non costituisce più un "vincolo linguistico" assoluto.

Risultano fondamentali le influenze della lingua e dei "media".
Intendevo questo con "la contaminazione potrebbe essere più a monte", parlando degli amici di Ivan92 arrivati da pochi mesi nelle Marche.

Comunque i meccanismi di reinterpretazione possono essere diversi. È possibile quello descritto da Infarinato, per cui una vocale intermedia viene associata a quella diversa dalla propria.

Ma potrebbe aver luogo anche il meccanismo opposto, per cui si tollera la differenza e si associa al proprio suono quello diverso.
Sono meccanismi di ambito psico-linguistico e socio-linguistico, legati alle relazioni tra le persone e alle valutazioni sulle stesse.

Io conosco persone che non si accorgono della notevole differenza di pronuncia con un familiare molto vicino. Lì, secondo me, la vicinanza affettiva porta a mettere in atto un meccanismo di tolleranza piuttosto che di rifiuto.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

La ringrazio, caro Ligure. Il suo intervento è stato illuminante. Dunque gli stessi vocogrammi rientrerebbero in quel processo di contaminazione subito dai dialetti di cui sopra per mezzo dei media e della lingua nazionale?
Ligure
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Re: sistemi linguistici penta/eptavocalici

Intervento di Ligure »

Ringrazio Lei, caro Ivan, per l'attenzione.

Ho citato il Canepari perché, oltre a "mille" altri motivi, fornisce un quadro d'insieme notevolmente ampio. Riferisce i vocogrammi di un congruo numero di dialetti italiani: ad esempio, il pesarese e il maceratese.

Al meglio di quanto le sue conoscenze (non sempre, inevitabilmente, perfette) e le competenze degl'informatori, oggi non sempre totalmente attendibili, gli consentano.

Ma tratta anche i vocogrammi degli "italiani regionali", tra i quali distingue quelli relativi a un accento che definisce "più marcato" e quelli che rappresentano graficamente una pronuncia meno "tradizionale" e "meno marcata".

Non mi dilungo, inoltre, sull'importanza metodologica ma anche statistica del fatto che tutti questi dati vengano sempre forniti dalla stessa persona, e non certamente da una persona qualsiasi, perché mi sembra ovvio.

Personalmente, ho una grande esperienza diretta di sistemi linguistici e d'individui "pentavocalici". Quand'ero ancora molto piccolo, nella mia città di origine, confluivano a decine di migliaia. Dai grandi magistrati che avevano vinto concorsi fino agl'individui più umili.

Tutti ancora, pur nelle evidenti distinzioni sociali, rigorosamente "pentavocalici". Ma i loro figli frequentarono le scuole – quelle più scalcinate come quelle più prestigiose – insieme con noi. Appresero abbastanza presto. Ricordo benissimo che il "signor maestro" (all'epoca neppure noi si possedeva l'o chiusa, il timbro era ancora uno solo!) gli urlava sul viso: "vèrde/téma, possibile che tu non riesca a sentire la differenza?!".

Sono trascorse le generazioni, siamo attualmente ai nipoti, forse, anche ai pronipoti. Si sono perfettamente integrati. Quando noi abbiamo iniziato a distinguere tra o aperte e chiuse, ci hanno seguito.

E tutte le generazioni che si sono finora succedute con grande rispetto delle tradizioni locali e scarsa consapevolezza dell'esistenza di un possibile livello di linguaggio "neutro" (da nessuno mai usato in città) continuano a pronunciare tranquillamente "vèrde", "téma" e quant'altro. Però, da generazioni, non sono più pentavocalici…
Ultima modifica di Ligure in data mer, 09 mag 2018 20:05, modificato 1 volta in totale.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Ancora mille grazie. :)
Ligure
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Re: sistemi linguistici penta/eptavocalici

Intervento di Ligure »

Prego :)
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