«Fòlaga»

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Zabob
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«Fòlaga»

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In base alle leggi fonetiche che regolano la derivazione delle vocali italiane da quelle latine, dovremmo avere fŭlĭca > fólaga, con la 'o' chiusa. Ma naturalmente non è l'unica eccezione. Possibili spiegazioni?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Carnby
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Re: «Fòlaga»

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Se si considera la voce genuinamente toscana, si sarebbe dovuto avere piuttosto *fólica. Folaga è un esito settentrionaleggiante.
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Zabob
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Re: «Fòlaga»

Intervento di Zabob »

Carnby ha scritto: gio, 25 apr 2019 18:29 Se si considera la voce genuinamente toscana, si sarebbe dovuto avere piuttosto *fólica.
Così in effetti la chiama, p.e., l'emiliano Lazzaro Spallanzani in Viaggi alle due Sicilie e in alcune parti dell'Appennino (1826, ma scritto evidentemente qualche decennio addietro, rinvenuto in Google libri):
Lazzaro Spallanzani ha scritto:Esso lago abbonda in inverno di uccelli acquatici, (...) veduto avendovi i lari (l. marinus, l. cinereus) diverse foliche (fulica atra) ed alcuni così chiamati corvi marini (pelecanus carbo).
Ultima modifica di Zabob in data ven, 26 apr 2019 20:23, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Ligure
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Re: «Fòlaga»

Intervento di Ligure »

Carnby ha scritto: gio, 25 apr 2019 18:29 Se si considera la voce genuinamente toscana, si sarebbe dovuto avere piuttosto *fólica. Folaga è un esito settentrionaleggiante.
Sostanzialmente d'accordo. L'indizio costituito da /-g-/ anziché /-k-/ parla! Ciò che può lasciare perplessi è l'o
aperta, dal momento che, generalmente, le parlate settentrionali distinguono gli esiti di ū e ŭ etimologici.

Ma l'o aperta potrebbe anche essere una pronuncia "dotta" di una parola che, originariamente, non può che essere
stata dialettale. In favore della dialettalità parla anche la prima a, che potrebbe anche benissimo essere stata un'e. Anche aperta se pure non accentata, altrimenti non avrebbe potuto fornire un'a. Dovuta - come frequentemente si verifica al Settentrione - alla pronuncia di un'i non accentata.

Insomma, occorrerebbe conoscerne la storia precisa. E dubito che qualcuno l'abbia indagata, compresa e trascritta ...

P.S.: e, soprattutto, occorre diffidare dei cosiddetti studiosi delle dialettalità settentrionali! In Liguria, ad es., si possono fare - come dappertutto - molte supposizioni, ma ci si dovrebbe arrendere all'evidenza - dote dei saggi! - che l'attuale termine locale altro non è che un "italianismo", pur essendo - a sua volta, certamente! - la voce italiana un "dialettismo" (ovviamente, non ligure, altrimenti esso non avrebbe soppiantato in quasi tutta la regione il termine originario). Risulta, quindi, puerile - in Liguria - chiedersi perché il termine locale - prestito in Liguria dalla lingua italiana, pur non essendo "italiano" - non segua le regole delle parole locali di derivazione diretta. In linguistica, ovviamente, hanno importanza le risposte, ma, assai spesso, risulta molto più importante riuscire a formulare domande che possiedano un senso effettivo! :wink:

P.P.S.: altrettanto irregolari - se ci si rifà ai rispettivi etimi - andrebbero considerati esiti terzultimali quali
tonaca, omero, soffice, annovera, nòcciolo, soffoca e bossolo - e, forse, altri -, pronunciati con timbro
vocalico aperto.
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