Differenza regionale o storica?

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ann
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Differenza regionale o storica?

Intervento di ann »

Ho un grande dubbio sul modo in cui un dizionario (nel mio caso bilingue) dovrebbe rendere conto dell’evoluzione della pronuncia italiana, e in particolare delle differenze regionali per quanto riguarda la pronuncia degli Italiani.
Secondo me una differenza dovrebbe essere fatta fra due varianti che potrebbero essere viste come diacroniche (forse la differenza fra /dz/ e /ts/ in zucca, la “buona” è forse la seconda ma non la fa più nessuno – questo è una domanda....) – in questo caso, non farei distinzioni e metterei le due rappresentazioni fonetiche – e delle variante regionali tipo /s/ o /z/ per annusare per cui inserirei un simbolo o un’indicazione tipo “Nord”/ “Sud”.
Ma vorrei sapere se effettivamente la differenza /dz/ /ts/ è storica e non regionale o di "stile". Stessa cosa per la distinzione fra /e/ chiuso e aperto in parole come “pesca”...
Grazie per i vostri commenti a questo proposito...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La differenza tra é/è, ó/ò, s sorda/s sonora, z sorda/z sonora risponde a fatti storici e non ha nulla di arbitrario o capriccioso. Non posso fare mille esempi in questa sede, e mi limito al caso della z. Zio ha la sorda perché deriva dal greco thêios, e th è sordo, non sonoro; stesso discorso per zucchero, che ci viene dall’arabo sukkar. Zero, anch’esso giuntoci dall’arabo, si pronuncia sonoro perché rimonta a sifr (col puntino sotto la s, a indicarne la sonorità). Eccetera.

A parte il fatto che c’è chi, come me, ancora rispetta le sottigliezze della nostra lingua fin entro la sua sostanza fonica, c’è da dire anche che tutti i dizionari italiani, anche i piú moderni e «larghi» nei confronti dell’uso, danno sempre per prima la pronuncia tradizionale. Che poi i parlanti e i discenti scelgano di tenersi il proprio modo regionale o personale di pronunciare, nulla di male; ma che un dizionario indichi come pronuncia «modello» di riferimento una pronuncia regionale (come «béne», «vèrde», «rizénte», ecc.) è un’eresia, perché l’utente piú sprovveduto verrà tratto in inganno. Non capisco neanche perché un dizionario bilingue dovrebbe dedicare cotanto spazio alla pronuncia, se per quella esistono i dizionari d’ortoepia come il DOP e il DiPI.

Per altre spiegazioni, si veda l’articolo che ho trascritto qui: http://forum.accademiadellacrusca.it/ph ... c&start=30 (p. 3).
Ultima modifica di Marco1971 in data lun, 16 mag 2005 22:16, modificato 2 volte in totale.
ann
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Intervento di ann »

Grazie per i suoi commenti, Marco ( :oops: potrebbe togliere lo spazio fra viewtopi e c nel link che ha datto, in modo che si possa accedere direttamente all'articolo?)
ma credo che la "spiegazione" della pronuncia sia necessaria nei dizionari bilingui ed anche le tabelle di verbi in modo che la persona che lo consulta possa trovare indicazioni essenziali senza dovere andare a cercare nei manuali di fonetica o nelle grammatiche (può anche permettere di partire per esempio da una forma coniugata o da una trascrizione fonetica per accedere ad una voce del dizionario su CDrom). Nello stesso modo che entrano nei dizionari anche delle parole familiari per permettere a chi ne fa uso non solo di sapere leggere i classici ed ascoltare le persone che parlano "bene" ma di adattarsi a tutte le situazioni di communicazione, credo sia essenziale permettere ad un Francese in questo caso di capire che se la "buona" pronuncia, o la pronuncia classica è "z" o "ts", l'uso moderno o di certe regioni è diverso e, nel caso in cui come me per esempio, non pronuncia la parola "zucca" "tsuk'a" ma "tzuk'a" ha bisogno di sapere che lo pronuncia così non perché ha "sbagliato" ma perché ha imitato bene gente che non parlava un italiano "molto corretto"!
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Cara Ann,

mi permetta un confronto coi dizionari francesi (Robert e TLF): in tali vocabolari la pronuncia data è quella stàndara francese, non vengono riportate le varianti regionali. Esempio: la tendenza di molti francesi a chiudere il suono «è» in «é» non è indicata. «Lait» è «lè», punto e basta, anche se metà della popolazione dice «lé»; lo stesso dicasi di «il marchait» («marchè», non «marché»). O che forse Robert dovrebbe dare anche la pronuncia marsigliese «avé» per «avèc»? Anche i dizionari inglesi per stranieri danno la pronuncia corretta (spesso con la variante americana, ma questo è un altro discorso). Tali omissioni rischiano di compromettere la comunicazione tra uno studente straniero che impara il francese e un parlante nativo? No, appunto, perché quella è la pronuncia meno marcata. E dire /'tsio/ o /'dzio/ non può creare confusione: solo che la prima è la pronuncia esatta della parola.

Naturalmente, può benissimo parlare delle differenze regionali nell’introduzione (nella parte dedicata alla fonetica); ma mi raccomando, si documenti bene prima (veda il MaPI di Luciano Canepàri per questo).
ann
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Intervento di ann »

Infatti la differenza fra /e/ aperto e chiuso in francese non esiste nel Sud. Ma è un fenomeno "produttivo" e quindi va benissimo parlarne nella parte fonetica del dizionario. Invece per esempio la pronuncia aperta e chiusa del secondo /e/ di événement si trovano tutte e due nel TLF che indica che la pronuncia chiusa apartiene alla "langue soutenue". Stessa cosa per la pronuncia "parigina" di "un" non differenziato di "in". Ci sono solo tre nasali nella scrittura fonetica che permette di accedere alle voci del TLF, il "un" è sparito. Ed alla voce "brun", la trascrizione fonetica è seguita da una spiegazione sul fatto che il suono "un" sta sparendo in francese - il che non è vero: in Bretagna, nel Nord, in tanti posti in Francia la distinzione esiste tutt'ora. Da noi, la pronuncia che si trova nei dizionari corrisponde alla regione di quelli che scrivono i dizionari : tutti parigini!!!
Per quanto riguarda il dizionario a cui penso, non sarò io ad occuparmi delle parole italiane ma mi sembra che i dizionari esistenti non rendono conto bene delle differenze regionali, ed è spesso difficile per uno straniero trovare risposte ai suoi dubbi sui limiti d'uso di certe parole...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

ann ha scritto:Infatti la differenza fra /e/ aperto e chiuso in francese non esiste nel Sud.
Veramente pronunce come /le/ per /lE/ (lait) si riscontrano anche nel Norde della Francia: ho un amico virtuale — moderatore di un forum sulla lingua francese — di Rouen, che pronuncia cosí.
ann ha scritto:Invece per esempio la pronuncia aperta e chiusa del secondo /e/ di événement si trovano tutte e due nel TLF che indica che la pronuncia chiusa apartiene alla "langue soutenue".
E infatti la «Réforme de l’orthographe» consiglia évènement.
ann ha scritto:Per quanto riguarda il dizionario a cui penso, non sarò io ad occuparmi delle parole italiane ma mi sembra che i dizionari esistenti non rendono conto bene delle differenze regionali, ed è spesso difficile per uno straniero trovare risposte ai suoi dubbi sui limiti d'uso di certe parole...
Ma appunto: a che cosa serve per un torinese, un palermitano o un potentino vedere sul vocabolario come lui ha sempre pronunciato? L’utente del dizionario cerca qual è la pronuncia «corretta» e non gliene può fregar di meno (scusate la colloquialità) di come dicano a Venezia o a Bari. ;)
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Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Anch'io sono del parere che nei dizionarî vada indicata solo la pronuncia normativa, per non creare inutili confusioni all'utente medio, che, vedendosi due o piú pronunce, potrebbe prenderle per equivalenti, quando equivalenti non sono.
Io, che sono del Nord Italia, non ho ovviamente una dizione perfetta, ma nondimeno cerco di assumerla il piú possibile.
ann
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Iscritto in data: ven, 04 feb 2005 10:59

Intervento di ann »

Tutto dipende infatti del tipo di utente a cui il dizionario vuole "parlare": il TLF dà queste distinzioni perché non ha come lettore il "francese medio"...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A me sembra che un dizionario, soprattutto se disponibile gratuitamente in rete, sia rivolto a chiunque lo consulti, a prescindere dalla cultura del consultatore. Per ciò stesso è indispensabile che il vocabolario dia informazioni chiare sulla grafia, pronuncia e semantica delle parole che registra, di modo che anche l’utente meno preparato capisca qual è la forma da preferire, anche se poi decide di non seguirla.
Moxnox
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Iscritto in data: mer, 19 gen 2005 17:17
Località: Milano

i con accento circonflesso

Intervento di Moxnox »

Chiedo scusa, come si ricava dalla tastiera la i con l'accento circonflesso?
Grazie.
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Se lei usa Windows, e non ha il circonflesso sulla sua tastiera, tenendo premuto il tasto ALT e digitando contemporaneamente (a destra) 0238 dovrebbe ottenere « î ».
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