«Su di»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
miku
Interventi: 133
Iscritto in data: lun, 21 feb 2005 18:33
Info contatto:

«Su di»

Intervento di miku »

Ci sono indicazioni (o controidicazioni) sull'uso sistematico di su+. di (che generalmente precede i pronomi tonici)? Differenza di registro stilistico tra "su di una seggiola" e simili, "su una seggiola"?

Scusatemi se oggi sono molesto, ma devo fare in fretta e non ho il tempo di approfondire da me la cosa.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Si può usar sempre su di + sostantivo, ma direi che appartiene a un registro alto.
Avatara utente
miku
Interventi: 133
Iscritto in data: lun, 21 feb 2005 18:33
Info contatto:

Intervento di miku »

Bene, grazie Marco! :)
Bue
Interventi: 866
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

Marco1971 ha scritto:Si può usar sempre su di + sostantivo, ma direi che appartiene a un registro alto.
Per analogia direi che sotto a appartiene allora a un registro basso :twisted: :D
avemundi
Interventi: 37
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 4:37
Località: Bugella me genuit
Info contatto:

Re:

Intervento di avemundi »

Marco1971 ha scritto: gio, 16 feb 2006 15:35 Si può usar sempre su di + sostantivo, ma direi che appartiene a un registro alto.
Fatico a capire questa risposta: una frase come Su di seggiola sarebbe corretta?

Invece è interessante il quesito se su di possa precedere l'articolo indeterminativo in funzione eufonica. Benché l'uso non sia infrequente, numerosi linguisti lo considerano un errore (Coletti, Ceppellini, Iadarola-Marchisio), altri lo considerano ammissibile (Serianni) ma non raccomandabile. Nella grammatica di Dardano-Trifone la questione non è trattata, i dizionari in genere menzionano su di solo davanti ai pronomi personali.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: Su di

Intervento di Marco1971 »

Naturalmente intendevo un sostantivo preceduto dall’articolo indeterminativo, in contrapposizione all’uso normale coi pronomi personali.

Delle 222 occorrenze di su di un/una/uno nell’archivio BIZ[a], riporto solo questa piccola scelta. I linguisti che lo considerano un errore farebbero bene a leggere un po’ di piú i nostri classici. Si tratta di un uso letterario.

Se mi negate il letto, dormirò su di una sedia. (Goldoni, La buona moglie, 1749)

...l’ape, che vola incerta, e si ferma su di un fiore, e parte, e torna al luogo donde è partita... (Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, 1815)

Era un vecchio bracchiere, seduto su di un tronco abbattuto al limite del bosco... (Verga, I carbonari della montagna, 1862)

O ricamando pe ’l babbo un fregio
di seta e d’oro su di una berretta,
soavemente moduli
la romanza diletta?
(D’Annunzio, Primo vere, 1879)

Sicché quando, riuniti alla fine tutt’e tre su di un divano della sala di là... (Pirandello, Una giornata, 1936)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
avemundi
Interventi: 37
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 4:37
Località: Bugella me genuit
Info contatto:

Re: Su di

Intervento di avemundi »

Marco1971 ha scritto: mer, 16 set 2020 19:23 Naturalmente intendevo un sostantivo preceduto dall’articolo indeterminativo, in contrapposizione all’uso normale coi pronomi personali.
Ravvisa una differenza tra su e altre preposizioni che si legano al pronome con il di, come senza, dietro, dopo, sotto, sopra, verso?
avemundi
Interventi: 37
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 4:37
Località: Bugella me genuit
Info contatto:

Re: Su di

Intervento di avemundi »

Marco1971 ha scritto: mer, 16 set 2020 19:23 I linguisti che lo considerano un errore farebbero bene a leggere un po’ di piú i nostri classici. Si tratta di un uso letterario.
Potrebbe citare un linguista che ne ammetta l'uso senza riserve, quali meno correttamente, premesso che la norma è la costruzione diretta, eccetera? Perché censirne l'uso (anche letterario) non è problematico, il cuore della questione è capire se la forma diretta sia preferibile.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: Su di

Intervento di Marco1971 »

I linguisti d’oggi non conoscono l’espressione X è preferibile a Y, né sono alla ricerca di una qualsivoglia forma normativa: osservano, perlopiú acriticamente, l’evolversi dell’uso. Direi che l’ultimo grande linguista il cui parere è degno di considerazione è Luca Serianni, nella cui grammatica (VIII.96.a), a questo proposito, si legge solo che «si può avere interposizione pleonastica della preposizione di». Non è né considerato scorretto né consigliato come preferibile. Che cosa significa? Significa che, in assoluto, non c’è una forma preferibile. La documentazione ci permette di osservare che questa forma (su di + un(o)/una + sostantivo) è tipica di contesti elevati (letteratura, testi formali). Quindi è una forma adoperabile in quei contesti. E non c’è bisogno, per servirsene, di aspettare che sia pubblicato in una grammatica o un libro di linguistica.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
DON FERRANTE
Interventi: 345
Iscritto in data: sab, 05 set 2020 17:08

Re: Su di

Intervento di DON FERRANTE »

Confermerei, di sola esperienza. Sicuramente "su di..." ha un afflato più letterario. Mi permetto di aggiungere: secondo solo al tipo "sur una sedia".
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: Su di

Intervento di Marco1971 »

E, se non bastasse già l’autorità degli scrittori sopra citati, troviamo la preposizione di anche nella Bibbia CEI (la versione italiana ufficiale), la cui revisione linguistica fu affidata, tra gli altri, a Migliorini, Devoto e Luzi! Se questa non è garanzia di bello stile...

Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». (Genesi, 22, 2)

Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. (Esodo, 25, 12)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
avemundi
Interventi: 37
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 4:37
Località: Bugella me genuit
Info contatto:

Re: Su di

Intervento di avemundi »

Marco1971 ha scritto: gio, 17 set 2020 20:32 I linguisti d’oggi non conoscono l’espressione X è preferibile a Y, né sono alla ricerca di una qualsivoglia forma normativa: osservano, perlopiú acriticamente, l’evolversi dell’uso. Direi che l’ultimo grande linguista il cui parere è degno di considerazione è Luca Serianni, nella cui grammatica (VIII.96.a), a questo proposito, si legge solo che «si può avere interposizione pleonastica della preposizione di». Non è né considerato scorretto né consigliato come preferibile. Che cosa significa? Significa che, in assoluto, non c’è una forma preferibile. La documentazione ci permette di osservare che questa forma (su di + un(o)/una + sostantivo) è tipica di contesti elevati (letteratura, testi formali). Quindi è una forma adoperabile in quei contesti. E non c’è bisogno, per servirsene, di aspettare che sia pubblicato in una grammatica o un libro di linguistica.
Grazie per questo parere. Vittorio Coletti,dopo aver letto quest'indicazione di Serianni, si è espresso proprio con quei termini così poco ricorrenti nei linguisti d'oggi, che in generale, rifuggono ogni intento prescrittivo o fanno discendere la norma dall'uso. «[...] se è ammissibile (cfr. Serianni 1989 VIII 96) “su di un servizio” (inserimento eufonico della preposizione di per interrompere la sequenza di u), è ormai più comune, preferibile e consigliabile “su un servizio” (le vecchie regole eufoniche dell’italiano stanno cambiando sotto la pressione di pronunce non più solo toscane o centroitaliane, come si sa).» (Accademia della Crusca, Consulenza linguistica, ''Potete contare sulla nostra risposta", 10 gennaio 2020)
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: Su di

Intervento di Marco1971 »

Dispiace che la sentenza di Vittorio Coletti sia cosí poco sfumata. Né capisco perché lei aspetti il giudizio di un linguista e non si fidi della propria sensibilità, con cognizione di causa, per fare le sue scelte. La realtà dei diversi usi è davanti ai nostri occhi. In un contesto letterario o formale, nulla giustifica di sconsigliare su di un, a meno che ci si debba appiattire sull’italiano parlato e rinunciare allo spessore di una lingua capace di registri.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
avemundi
Interventi: 37
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 4:37
Località: Bugella me genuit
Info contatto:

Re: Su di

Intervento di avemundi »

Per essere onesti, se mi debbo basare sulla mia sensibilità, non mi pare nemmeno che la forma su di un/uno/una sia esclusiva di un registro alto o formale. Nel dubbio che sia corretta, secondo i pareri citati, io m'asterrei dall'inserire il di nella prosa, senza perdere nulla della varietà espressiva, perché non c'è alcuna differenza di significato. All'esame fallibilissimo della mia sensibilità sembra che l'inserimento del di davanti all'articolo indeterminativo sia un'anomalia con cui su si differenzia dalle altre preposizioni che si legano con il di solo ai pronomi personali. Nemmeno i molti esempî che ha portato, di cui la ringrazio, mi paiono un argomento del tutto concludente, perché nella letteratura potremmo rintracciare occorrenze di «qual'è», pur ritenuto quasi universalmente un errore d'ortografia. Se un errore fosse molto diffuso, sarebbe inevitabile poterlo leggere anche in autori buoni, perché la perfezione non è di questo mondo: persino a Gadda sfuggì un «tràlice».

Mi permetto anche di avanzare un'altra considerazione personale. Il motivo per cui si inserisce il di è eufonico, ma sono possibili più pronunzie di di un/uno/una: l'elisione per cui la i non si pronunzia, la riduzione di i a semivocale e la mancata elisione. Di queste soluzioni l'unica davvero eufonica è la prima, che sarebbe obbligata segnando graficamente l'elisione.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Re: Su di

Intervento di Marco1971 »

avemundi ha scritto: ven, 18 set 2020 14:55 Nemmeno i molti esempî che ha portato, di cui la ringrazio, mi paiono un argomento del tutto concludente, perché nella letteratura potremmo rintracciare occorrenze di «qual'è», pur ritenuto quasi universalmente un errore d'ortografia.
L’ortografia è pura convenzione, e può variare attraverso i secoli, cosí come la morfologia verbale: Leopardi (non rammento se in modo costante) impiegò stasse per stesse, che oggi sarebbe un errore. Come ho avuto modo di ricordare di recente, la letteratura (che è il fondamento delle prime grammatiche dell’italiano, a cominciare dalle bembiane Prose della volgar lingua) ci consente uno sguardo diacronico sull’uso letterario, che possiamo raffrontare con quello odierno: se un uso è definitivamente scomparso, non ci si può appellare a Dante o a Boccaccio per giustificarlo. Ma nel caso di su di un, invece, siamo di fronte a un esempio di continuità trisecolare (la prima attestazione nell’archivio BIZ[a] è quella di Goldoni sopra riportata). La sua sopravvivenza nella lingua contemporanea discredita la serietà di quei linguisti che tacciano su di un di errore: il linguista serio deve prendere atto del modo in cui le parole sono effettivamente adoperate, tenendo conto di tutti i fattori che ne caratterizzano il concreto manifestarsi (diastratia, diafasia, diatopia, ecc.). Credo che sarebbe assai arduo rinvenire tracce di su di un nell’italiano comune parlato, mentre se ne osserva la diffusione nello scritto (circa 19.700 occorrenze nell’archivio del Corriere della Sera). Anche questa è prova dirimente per affermare che tale struttura non può in modo alcunissimo tenersi per scorretta.

Nessuno è obbligato a far uso di tutte le rette possibilità della lingua; e nessuno può sentenziare impressionisticamente sulla scorrettezza di un uso trisecolare, illustre oltreché moderno. Se non si vuole scadere nel soggettivismo trascendentale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 27 ospiti