Articolo di Luca Serianni sulla norma

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Articolo di Luca Serianni sulla norma

Intervento di Freelancer »

Una lunga e interessante comunicazione presentata da Luca Serianni a un convegno tenutosi l'anno scorso alla Università per Stranieri di Perugia, che copre molti aspetti dell'evoluzione della nostra lingua e delle sue prospettive (di passaggio, qualcosa anche sui forestierismi).
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie, Roberto, davvero interessante: soprattutto la prima parte.
Segnalo il seguente confronto con altre lingue europee che evidenzia una maggiore polimorfia dell'italiano riguardo ad alcuni fenomeni, come l'elisione, l'apocope, ecc.:
Si tratta, è vero, di fenomeni marginali: tali per loro intrinseca natura e tali ancor più oggi in cui fare grammatica significa guardare le cose soprattutto nella prospettiva della linguistica testuale e della pragmatica (e questo vale in una certa misura anche per un grammatico non propriamente rivoluzionario come chi scrive). Però, sono fenomeni che hanno un valore simbolico da non trascurare. In tutti e quattro i casi siamo di fronte a una perdurante interferenza tra lo scritto, con la sua tendenza a potare le alternative e a perseguire il massimo grado di stabilizzazione ortografica, e il parlato, con i ben noti fenomeni di sandhi esterno; se tanta varietà di alternative – una inutile ricchezza che Manzoni considerava un impaccio per raggiungere una lingua «viva e vera» – era normale in una società assai differenziata linguisticamente al suo interno in termini diatopici e diastratici, non è scontato che un discreto margine di oscillazione persista ancora oggi, senza dar vita ad alternative stilisticamente marcate che autorizzino quindi la previsione di un declino dell’eventuale variante letteraria o libresca*. Spicca la differenza con le altre grandi lingue romanze (ed europee in genere) in cui tale polimorfia manca: l’elisione nei monosillabi grammaticali è generale in francese e sconosciuta in spagnolo (d’Amérique, de América rispetto all’ital. di America / d’America ), l’apocope vocalica libera è sconosciuta a entrambe le lingue, ed entrambe non hanno incertezze per le forme che corrispondono alla preposizione a (franc. à , spagn. a ) e alla congiunzione e (franc. et, spagn. y/e, con distribuzione complementare), né sul pronome interrogativo con valore neutro (franc. Que veuxtu? , spagn. ¿Qué quieres? , ital. Che / Che cosa / Cosa vuoi? ).
___________________

* Possiamo esser certi sia che con m’impegno, ad essere o aver trasmesso uno scrivente non ritenga di usare forme stilisticamente marcate rispetto alle alternative mi impegno, a essere, avere trasmesso, sia che tale percezione possa nascere in un lettore. La marcatezza, nelle due direzioni, potrebbe nascere solo dalla sistematica adozione delle varianti legate ai condizionamenti fonosintattici; potremmo dire, insomma, che mi impegno, a essere, avere trasmesso sono oggi le forme di base dell’italiano e che le varianti sono marcate solo potenzialmente, cioè soltanto se la loro frequenza è relativamente alta.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Andrea Russo
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Intervento di Andrea Russo »

Nonostante gl'impegni universitari un bell'articolo di Serianni me lo leggo volentieri.
Eventualmente commenterò una volta letto il testo.
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