Sui colori

Spazio di discussione su questioni che non rientrano nelle altre categorie, o che ne coinvolgono piú d’una

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Sui colori

Intervento di bubu7 »

Continuando il nostro viaggio tra percezione e lingua, dopo la neve degli eschimesi voglio ritornare sui colori.
Ne avevo accennato qui ma devo tornarci su per descrivere una ricerca condotta da Berlin e Kay negli anni sessanta del secolo scorso (Bibl. B. Berlin, P. Kay, Basic Color Terms, University of California Press, Berkeley-Los Angeles 1969) ritrovata in un agile, ma interessante, libretto: N. Grandi, Fondamenti di tipologia linguistica, Carocci 2003.

Berlin e Kay hanno individuato, in una comparazione interlinguistica in oltre cento lingue, undici colori che sembrano essere riconosciuti dai parlanti (i quali ne possono riconoscere da due in su).
Tutte le loro argomentazioni si fondano sul focus dei colori e non sulle sfumature.
La cosa strabiliante, a cui non so trovare una risposta, è che questi colori sono organizzati in una rigida gerarchia implicazionale:

Bianco e/o nero --> rosso --> giallo e/o verde --> blu --> marrone --> porpora e/o rosa e/o arancio e/o grigio.

Se una lingua possiede solo due termini per indicare i colori, questi termini saranno per il bianco e il nero (in questo caso il termine per il bianco designerà tutti i colori chiari, quello per il nero i colori scuri).
Se la lingua possiede tre termini, il terzo sarà per il rosso.
Se quattro, oltre ai primi tre ci sarà il giallo o il verde, ecc.
Dice Grandi:
La struttura implicazionale della gerarchia impone che non si può accedere ad un livello senza essere passati per quelli precedenti. Quindi è impossibile che una lingua abbia, ad esempio, un termine per il bianco, uno per il nero e uno per il blu, senza avere il rosso, il giallo e il verde.
[…]
Vi sono lingue (come l’italiano e l’inglese) che distinguono più di undici colori. In questo caso, per i colori che esulano dalla gerarchia, non sono state evidenziate tendenze rilevanti, fermo restando che possono entrare in gioco dalla dodicesima posizione, solo cioè se gli undici colori della gerarchia hanno già un’espressione lessicale.
[…]
Infine, non è detto che debba essere mantenuta la corrispondenza biunivoca tra classi cromatiche e unità lessicali: uno stesso colore può essere espresso da due o più termini distinti.
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Sarebbe interessante comprendere i processi che hanno generato questa curiosa catena gerarchica fra i termini cromatici. La distinzione fra bianco e nero sembra ad esempio collegata con le condizioni al contorno della visione (opposizione luce-buio, giorno-notte); il rosso sembra associato al sangue (magari al pericolo)... Nello studio di Berlin e Kay si dice anche quali termini cromatici sono statisticamente più frequenti?

Salutz.
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

amicus_eius ha scritto:... Nello studio di Berlin e Kay si dice anche quali termini cromatici sono statisticamente più frequenti?...
Non lo so, caro amicus_eius.
Come ho affermato in apertura d'intervento, la mia conoscenza dello studio di Berlin e Kay è di seconda mano, e nel libro di Grandi non vi sono informazioni sulla terminologia.
Bisognerebbe procurarsi il testo in biblioteca.
Se avrò un po' di tempo lo farò...
Gianni Pardo
Interventi: 14
Iscritto in data: gio, 16 feb 2006 10:04

Intervento di Gianni Pardo »

Mi piace fare osservare che, oltre che nello spazio (differenza fra le varie lingue) c'è anche una differenza nel tempo. Nel senso che che, ad esempio, i romani, che abitavano sul nostro stesso territorio, era come se non "vedessero" il blu. Prova ne sia che la parola per designare questo colore non esisteva e si doveva ricorrere a paragoni, non diversamente da come "marrone" è anche il lemma che designa una castagna, che quel colore appunto ha.
La parola che designa questo colore esiste invece in italiano, ma il fatto che derivi da un termine tedesco dimostra, ancora una volta, che non l'abbiamo ereditato dai romani.
Un'ultima piccola osservazione. Noi abbiamo il colore "azzurro", mentre i francesi hanno "azur", ma "azur" è il cielo, e per dire azzurro come colore al massimo usano "bleu clair".
Gianni Pardo
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

Benvenuto caro Pardo, o dovrei dire meglio, ben ritrovato... :)

Il suo intervento fornisce elementi interessanti.
Non so se ha notato il collegamento che avevo riportato nel mio precedente intervento, sotto la parola "qui" e che le ripropongo: http://forum.accademiadellacrusca.it/ph ... ght=#12645
Gianni Pardo
Interventi: 14
Iscritto in data: gio, 16 feb 2006 10:04

Innominabile

Intervento di Gianni Pardo »

Se c’è un consiglio fraterno, da dare, a chiunque s’interessi d’etimologia, è quello di stare in guardia e, per così dire, di non fidarsi di nessuno. Per “culo” Bubu7, che è lui stesso un fine linguista, cita un professore della Sorbona. E tuttavia l’etimologia proposta da questo insigne studioso per “culo” (che avrebbe a che vedere con occulere, da cui occultare, e ancora con celare) può essere discussa. Nessuno mette in discussione che “culo” derivi da culus, ma è la parola latina che fa discutere, quanto ad etimologia. Secondo il Webster Collegiate Dictionary, la parola sarebbe collegata a cutis, cute. Secondo il Dizionario Etiomogico di Barbara Colonna, culus trova per alcuni una corrispondenza nel gallico cil, dorso. Per altri ha a che vedere col sanscrito kula. Sono state proposte analogie col greco koilos, da cui il colon e il Pianigiani ha proposto una relazione con coelum. Infine il Petit Robert e il pregevole Dictionnaire Etymologique du français (Les usuels du Robert) non a caso si limitano prudentemente ad indicare la parola latina, senza azzardarsi oltre.
Insomma, come insiste a sostenere un professore inglese (Michael Quinion, autore di POSH), a proposito di etimologie popolari, è meglio non fidarsi delle ricostruzioni etimologiche se non si è in possesso di documenti sicuri. Due, tre, quattro etimologie, invece di una soltanto, sono allarmanti: di solito significano che non ce n’è nessuna certa.
Gianni Pardo
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

Guardi che ci dev'essere un malinteso.
Né Martinet nel brano citato, né, più modestamente io, abbiamo avanzato ipotesi sull'etimologia della parte anatomica da lei nominata.
Martinet parlava di una radice, -cul-, su cui è nato uno scambio scherzoso di battute. :)
Gianni Pardo
Interventi: 14
Iscritto in data: gio, 16 feb 2006 10:04

Intervento di Gianni Pardo »

Gilles Martinet è uno studioso di lingua francese (prezioso, il suo libretto, su cui ho studiato), e se parla di "cul" non può ignorare che cosa questa parola significa in francese. Inoltre, il collegamente con colore (cosa che "copre" un oggetto), con occultare (qualcosa che copre nascondendo), con cutis (superficie coprente, pelle) non ci fanno uscire fuori tema.
In ogni modo, omnia munda mundis. Per lo studioso di lingue non esistono parole pulite e parole sporche. Io sono stato felice quando ho scoperto che "minchia" deriva da mingere. O che cacca è voce di origine infantile non diversamente da mamma e papà.
Gianni Pardo
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

Ho paura che il malinteso continui...

Io non parlavo di Gilles Martinet, giornalista e ambasciatore francese in Italia, bensì di André Martinet, uno dei più importanti linguisti francesi.
Gianni Pardo
Interventi: 14
Iscritto in data: gio, 16 feb 2006 10:04

Intervento di Gianni Pardo »

Ed io ho confuso Gilles con André. Perché non avevo il libro sottomano ed ho creduto di ricordare il prenome.
Mai fidarsi della propria memoria.
E poi della mia!
Gianni Pardo
Bue
Interventi: 866
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

Gianni Pardo ha scritto:Io sono stato felice quando ho scoperto che "minchia" deriva da mingere.
Mentula deriva da mingere? Non lo sapevo. Come mai ha la E gia` in latino, allora?
Gianni Pardo
Interventi: 14
Iscritto in data: gio, 16 feb 2006 10:04

Intervento di Gianni Pardo »

Un momento, non affermo niente con certezza, anche perché nel dizionario trovo l'origine "mentula" ma non mi si dice che c'è un collegamento con "mingere". Dunque ritiro tutto, per prudenza, chissà che me l'ha detto, quel collegamento, tanto tempo fa, e non ci si può fidare del prossimo Chiedo dunque aiuto agli altri frequentatori del forum.
Gianni Pardo
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

Gianni Pardo ha scritto: ...Chiedo dunque aiuto agli altri frequentatori del forum.
Dal Gradit:
minchia s.f. [av. 1488; dal merid. minchia, dal lat. mĕntŭla(m), prob. connesso con mingĕre "urinare"]
Come si vede, si tratterebbe di una connessione e non di una derivazione.

Volendo si può approfondire la ricerca...
Gianni Pardo
Interventi: 14
Iscritto in data: gio, 16 feb 2006 10:04

Intervento di Gianni Pardo »

Mi basta non avere detto una grossa sciocchezza.
Quanto all'approfondire, visto l'argomento, preferisco lasciar perdere per... ragioni igieniche :D
Gianni Pardo
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5242
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

[FT] «Minzioni»

Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Dal Gradit:
minchia s.f. [av. 1488; dal merid. minchia, dal lat. mĕntŭla(m), prob. connesso con mingĕre "urinare"]
Un’etimologia piú «esplicita» (ma non per questo necessariamente piú affidabile) è coraggiosamente proposta qui e qui.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 3 ospiti