Presentazione del «Battaglia»

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Marco1971
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Presentazione del «Battaglia»

Intervento di Marco1971 »

Cito senza inutili commenti, per chi è interessato e avrà la pazienza di leggere.
Risparmieremo al benevolo lettore il ricordo delle tante tribolazioni che abbiamo sperimentate nel redigere il nostro Dizionario, il quale ci ha richiesto un’assidua prova di entusiasmo e di abnegazione, che sempre si rinnova per ogni volume e per la stesura di ciascuna voce.

La tradizione lessicografica italiana, così illustre e solenne, ci obbligava a non tradirla; ma nel contempo ci risultava invecchiata e quasi improvvida. E a noi, mentre incombeva l’impegno di rispettarla e accettarne la lezione, appariva insieme indispensabile rinnovarne i criteri, gli strumenti, il gusto. Non si è trattato soltanto d’integrarla, di riprendere cioè il cammino a cui era pervenuto un secolo fa il Tommaseo, ma si è dovuto rifare per intero il percorso e vidimare nuovamente il metodo e i mezzi. Alla fine, nonostante l’esempio e l’ausilio che ce ne venivano, ci siamo sentiti soli e quasi nuovi ad affrontare una così grave responsabilità, qual è quella che intende prospettare e documentare la nostra secolare civiltà linguistica.

Il carattere e l’estensione delle definizioni, la distinzione dei vari lemmi e significati, la scelta e la frequenza degli autori citati, la misura e il taglio delle esemplificazioni, l’inclusione di voci d’uso rarissimo o di tipo troppo arcaico o troppo dialettale o singolarmente specifico, l’accoglimento di voci tecniche e scientifiche la dosatura fra antico e moderno, l’ambito e i limiti dell’indicazione etimologica, sono problemi assai delicati che non sempre è agevole mantenere ancorati ad una soluzione canonica, giacché ogni volta aspirano a conformarsi secondo la personale vicenda delle singole parole.

Un Dizionario non si legge, si consulta appena. È un’opera che si limita ad elencare e classificare. Anche le definizioni dei significati e delle proprietà verbali confinano il Dizionario tra le opere di rapida e occasionale consultazione. E tuttavia le citazioni, per quanto siano di necessità frammentarie e discontinue, riconducono il Dizionario nell’ambito della letteratura e della vita sottraendolo all’immobile astoricità che incombe sulla sua sorte. Voltaire, da vecchio (a 84 anni), conveniva che «un dictionnaire sans citations est un squelette».

In questo rapporto (definizione-testimonianza) il Dizionario assolve a una funzione dialettica; ed è l’esemplificazione degli scrittori e dei poeti che ogni volta riattualizza la parola e la restituisce alla sua integrità e autenticità. Tale struttura conferisce al vocabolario un’alternativa di storia e d’inerzia, d’individuale e di generico, di vitale e di scontato. E la parola vi risulta, per un verso, come semplice scheda d’anagrafe e, simultaneamente, vi assume valore biografico e personale, carico cioè di qualifiche e di esperienze.

Un Dizionario come il nostro, che faccia continuamente appello alla convalida delle testimonianze letterarie, può dare un senso di approssimazione e provvisorietà in sede appunto di definizione e rispetto alla vivente e mutevole realtà linguistica, che è chiamata a far da teste. S’intende, quindi, perché si sia accordata qualche piú generosa concessione agli scrittori recenti, che offrono ai lettori una più immediata solidarietà espressiva e meglio possono confortarli nell’uso e nella scelta. Il nostro Dizionario ambisce ad avere e a esplicare una struttura storica (e le eventuali manchevolezze sono da addebitare piuttosto a nostra insufficienza che a tiepidezza d’intenti), ma è rivolto principalmente a documentare l’attuale esperienza linguistica, come fede nella vitalità e creatività del nostro tempo.

Nell’ammettere con arrendevole tolleranza gli autori moderni e contemporanei, non si è certo inteso di assegnare attestati di classicità o di esemplarità, ma solamente abbiamo voluto registrare testimoni attuali, convinti come siamo che anche un vocabolario, per esser vivo e proficuo, deve rispecchiare il volto della propria età, piuttosto che erigersi a legislatore.

Un vocabolario che intenda rievocare il nostro patrimonio lessicale e documentare la sua storia secolare, deve rispondere ai seguenti requisiti:

1) la qualità della definizione, che deve risultare perspicua e caratterizzante, tale da indicare con immediatezza i valori individuali della parola e insieme suggerire ed evocare l’ambiente e i limiti del suo uso;

2) l’eventuale distinzione dei significati nell’impiego della stessa voce, al fine di seguire e specificare le sue trasmigrazioni da un ambito culturale o sociale o tecnico ad un altro affine o diverso, e specialmente il trapasso dal tipo concreto al traslato, al figurato, al concettuale;

3) l’accertamento della più antica testimonianza in base ai testi noti, e non soltanto nei riguardi del singolo termine, ma anche rispetto ai vari significati e impieghi che ne distinguono la diffusione e gli sviluppi;

4) l’indole e la dovizia delle citazioni d’autori, attraverso le quali il vocabolo ritroverà la sua reale esistenza per sentirsi rivivere e ripalpitare d’attualità nel corpo dell’espressione, dove soltanto gli è possibile caratterizzarsi come frammento di vita concreta, evocazione dell’intelletto, immagine di poesia;

5) la compiutezza della citazione, affinché non si limiti a registrare il vocabolo schematicamente e mutilandone gli echi, ma lo possa proiettare su un ampio sfondo e gli dia la capacità di realizzarsi in un circolo di pensiero compiuto;

6) la continuità cronologica delle testimonianze letterarie, per additare la varia vitalità della parola e segnalare i momenti della sua fortuna, le fasi della sua usura e crisi e decadenza;

7) il commento etimologico, infine, destinato a rievocare sobriamente la preistoria del vocabolo, i centri della sua provenienza, le vie per le quali s’è introdotto e diffuso, le eventuali ragioni del suo decadimento o della sua estinzione: e, soprattutto, i segni della civiltà comune, italiana ed europea, che ne avallano e accompagnano la storia.

Questo, s’intende, sono aspirazioni ideali e paradigmatiche, che la nostra lunga fatica e l’accanito amore con cui da anni conduciamo la compilazione del nostro Dizionario, hanno vagheggiato e continuano a perseguire piuttosto come miraggio che quale meta sicura; ma ci valga l’impegno, il sacrificio, l’onestà che vi andiamo spendendo e riprovando, per non apparire del tutto indegni del grande retaggio di pensiero e di vita e di poesia in cui si è attuata la secolare parola degl’Italiani.

La compilazione di un vocabolario come il nostro, che esige lo spoglio di parecchie centinaia di opere, la consultazione di numerosi reperti lessicali e la cernita di migliaia e migliaia di schede, non si sarebbe potuta eseguire senza la collaborazione di redattori provetti e scrupolosi e senza l’assistenza di una grande casa editrice e di una perfetta organizzazione tipografica. E se questa ardua fatica ha già potuto consegnare risultati apprezzabili e può ora correre spedita verso il traguardo, il merito spetta in gran parte ai valenti redattori (Piera de Mouxy, Edoardo Michele Morero, Vittorio Radicati) e revisori (Piero Marengo, Mario Luigi Merlo, Mario Pisaniello, Luigi Solini) e al direttore, il Prof. Giorgio Bárberi Squarotti, che assiste la difficile navigazione con rara intelligenza e zelante puntualità. Le immancabili deficienze e i probabili errori sono imputabili soltanto a me stesso e giammai alla Redazione, che si è sempre impegnata a interpretare i criteri con cui è stata impostata l’opera e ad uniformarsi con duttile prontezza al costante controllo che se ne va facendo.

Ma il Grande Dizionario costituisce soprattutto un’alta impresa editoriale, che la UTET sentiva la responsabilità e il privilegio di promuovere e realizzare in conformità alla sua gloriosa tradizione lessicografica, che proprio quest’anno ha raggiunto una misura secolare. E il nostro ringraziamento (mio e della Redazione) si rivolge in particolar modo all’amico Carlo Verde, che sorregge costantemente il nostro lavoro con la sua lunga e salda esperienza d’editore e con l’appassionata trepidazione dell’uomo di cultura e di gusto qual egli è.

Napoli, 15 febbraio 1961.

Salvatore Battaglia
Avatara utente
Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Grazie, Marco, per aver riportato le edificanti parole di Battaglia. L'entusiasmo, lo zelo e la devozione di persone simili sono per me sempre d'esempio e stimolo.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Nonostante tutti i limiti del dizionario storico Battaglia, legati anche ai tempi di elaborazione quarantennali, esso rappresenta una delle più grandi «imprese» editoriali di tutti i tempi. Qualche sbilanciamento, durante il corso dell’opera, nella tipologia delle citazioni e l’insufficiente sviluppo della sezione etimologica non possono diminuire l’enorme importanza dell’opera: uno dei più grandi monumenti alla nostra lingua, alla sua storia e a quella della nostra letteratura.

E per restare nel tema delle «celebrazioni» del Battaglia, consentitemi di riportare, come omaggio alla sua modernità e sensibilità, un estratto dalla prefazione della sua Grammatica (scritta insieme a Pernicone nel 1951 e considerata una delle migliori del Novecento):
…una norma grammaticale non ha nulla di così categorico che l’uso non possa sempre modificare o sostituire. Anzi ogni «regola» se la consideriamo in se stessa e la rintracciamo nella sua formazione originaria, è sempre il risultato di una «crisi» della lingua, vale a dire che si è stabilita in seguito ad un’evoluzione dei mezzi linguistici: ogni volta, cioè, che una norma grammaticale si sostituisce ad un’altra più antica, si verifica un dissenso nella realtà dell’espressione, e la lotta fra la norma che tramonta e la nuova che s’impone sta sempre a significare il contrasto fra tradizione e modernità, fra il mondo del passato e quello attuale.[…]
E anche nella considerazione delle diverse norme grammaticali e della loro opportuna applicazione, ci siamo sempre ispirati a questa consapevolezza, che dovrebbe essere tenuta presente in ogni momento dello studio: e cioè, che la regola grammaticale, prima di essere tale, è un «errore» rispetto alla norma anteriore che essa viene a sostituire, e rappresenta una deviazione dall’uso corretto e codificato, con cui le tocca per lungo tempo convivere in uno stato di dissidio e di competizione.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Assolutamente d’accordo con Bubu7: i pochi difetti dell’opera non sono nulla in confronto ai suoi pregi, e il Battaglia rimane lo strumento d’elezione di tutti gli studiosi che, amando la lingua come indomita amante, aspirano ad approfondirne la conoscenza in modo da affinarne la propria padronanza.
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