Il fascino delle parole straniere

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Marco1971
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Il fascino delle parole straniere

Intervento di Marco1971 »

Qualcuno ancora esiste, nel mondo accademico, che riesce ad avere una visione lucida della realtà, di quello che sta accadendo. Ecco un video di Raffaele Simone, professore ordinario di linguistica generale all’Università di Roma Tre. A parte qualche inesattezza, il discorso fila liscio, e mi auguro che lo ascolteranno in molti.

Buona visione, e grazie a Decimo, che me l’ha segnalato in privato. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Al contrario di quello che dice, in tedesco si usano molti anglicismi.

E non è vero che mouse si usi solo in Italia. In Brasile e in molti paesi latinoamericani si usa mouse e non ratón (spagnolo) o rato (portoghese). In Spagna si usa ratón e in Portogallo rato.
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Modna
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Intervento di Modna »

Salve brazilian dude, piacere di conoscerla. :)
In effetti in tedesco si usano molti anglicismi, seppur penso meno che in italiano. Vorre inoltre far notare che i tedeschi sono comunque più attivi degli italiani nella promozione e nella tutela della loro lingua, la stessa cancelliera Anglea Merkel è una convinta sostenitrice della lingua tedesca, ed esperienze dirette mi dicono che questa attività dà i suoi frutti.

Non sono mai stato in sudamerica, anche se ho vissuto in Spagna, e non dubito certo delle affermazioni di brazilian dude, che parla di luoghi in cui ha vissuto. Posso però portare esperienze di famiglia: i miei cugini argentini (e, a detta loro, anche i loro amici) non hanno mai usato mouse in spagnolo, benché parlando inglese lo conoscano, ma sempre ratón; La stessa cosa mi confermano altri amici messicani.
Con questo voglio dire che, secondo me, anche in sudamerica l'eventuale uso di anglicismi dipende dalle persone e dal contesto, non è una regola.
Sia lo spagnolo che il portoghese, penso brazilian dude concorderà con me, sono stati molto più attivi dell'italiano (purtroppo per noi) nel tradurre una gran quantità di termini in informatica. ;)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Modna ha scritto:Sia lo spagnolo che il portoghese, penso brazilian dude concorderà con me, sono stati molto più attivi dell'italiano (purtroppo per noi) nel tradurre una gran quantità di termini in informatica. ;)
Non c’è lingua piú passiva della nostra... :(
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Il numero di anglicismi (e in generale di forestierismi crudi, non adattati al sistema fonotattico della lingua) del tedesco è, a mio avviso, superiore a quello dell'italiano, anche perché a differenza del nostro idioma, la lingua teutonica ha cominciato molto prima e qui i forestierismi invadono molti campi (per esempio quello gastronomico) nei quali l'italiano ha opposto una certa resistenza negli anni passati. È pur vero che si dice Datei per file, Maus e Passwort ma in questi due ultimi casi lo sforzo per l'adattamento era davvero minimo...
Brazilian dude ha scritto:E non è vero che mouse si usi solo in Italia. In Brasile e in molti paesi latinoamericani si usa mouse e non ratón (spagnolo) o rato (portoghese).
L'ho notato su confezioni di topolini con scritte in spagnolo e portoghese, destinati evidentemente al mercato sudamericano.
Modna ha scritto:Sia lo spagnolo che il portoghese, penso brazilian dude concorderà con me, sono stati molto più attivi dell'italiano (purtroppo per noi) nel tradurre una gran quantità di termini in informatica.
Più lo spagnolo del portoghese comunque, anche per la presenza di un'attivissima istituzione di controllo (la Real Academia Española) sulla purezza della lingua.
Jonathan
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Intervento di Jonathan »

Questo video mi ha fatto ricordare una conversazione di alcuni anni fa col mio babbo e un amico sardo. Mentre io e l'amico celebravamo l'importanza e la bellezza dei dialetti, mio padre, col suo consueto, indistruttibile piglio polemico, disse: "Sí, però a un certo punto bisogna fare una scelta; o si è tutti italiani, e allora si parla tutti l'italiano, oppure..."

Immediate le nostre reazioni stizzite. Presto però mi resi conto che il mio babbo aveva ragione e che l'attaccamento alla parlata locale, pur comprensibile e naturale da un lato, è una delle cause (e ovviamente uno degli effetti) della generale "scarsa lealtà" verso la lingua nazionale di cui parla Raffaele Simone.

Certo è che se ci sentissimo davvero "fratelli d'Italia" e non semplici cugini di secondo grado o giú di lí (tranne quando gioca e vince la nazionale di calcio, s'intende) sarebbe piú facile amare la nostra bella lingua e divertirsi a crescere con lei.

Concludo questo intervento tutt'altro che indispensabile con una nota speranzosa: la crisi della lingua italiana è seria ma altrove s'è visto di peggio. Le arti figurative tradizionali, per esempio, versano in condizioni tragiche da decenni (massacrate da troppa ignavia e avidità, per non parlare del cattivo gusto), eppure anche lí qualcosa si sta pian piano muovendo, come un bisogno inarrestabile di qualcosa di vero e significativo. Ci vorrà tempo, ma i segni di una graduale rinascita ci sono, anche per l'italiano (la vitalità di Cruscate ne è un esempio).
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Quello di suo padre è un atteggiamento piuttosto ottocentesco. Poteva avere un senso nel passato ma al giorno d'oggi non credo. La scolarizzazione, i mezzi di comunicazione, nel bene e nel male, permettono l'apprendimento molto più agevole della lingua nazionale (lingua nazionale non lingua materna tengo a precisare). Tra l'altro un bilinguismo italiano/dialetto, con l'abitudine a passare da un codice linguistico ad un altro, può essere di aiuto nell'apprendimento delle lingue straniere. Io non ho mai avuto problemi con le vocali turbate del francese, perché le avevo anche nel mio dialetto. Ritenere che l'attaccamento alla propria parlata locale sia causa della 'slealtà' nei confronti dell'italiano, mi ricorda tanto le discussioni sul sesso degli angeli a Bisanzio, mentre la città era assediata e assaltata dai Turchi. Mettiamo le parlate locali al posto del sesso degli angeli e l'inglese al posto dei Turchi e il quadro è completo.
Jonathan
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Intervento di Jonathan »

Non tutti conoscono l'italiano e il proprio dialetto bene come lei, caro merlu, e anche io riconosco gli indubbi vantaggi del sapersi esprimere in piú d'una lingua.

Quello che voleva dire il mio caro babbo è, io credo, non tanto che le parlate locali siano inutili o dannose, ma che, se è vero che sulla carta siamo tutti italiani, sarebbe l'ora che permettessimo alla lingua nazionale di unirci sul serio; che, insomma, attraverso la scelta consapevole dell'italiano come prima lingua, ci liberassimo di ogni eccessivo regionalismo.

Forse lei saprà smentirmi, ma penso che a tutt'oggi molti in Italia si sentano (e ne hanno il diritto, per carità) piú milanesi, piú veneti, piú toscani o piú napoletani che italiani. Nessuna tragedia o caccia alle streghe, ma ciò rende sia noi sia la lingua italiana piú vulnerabili. Specie con i turchi che attaccano senza tregua. :)
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