Arrigo Castellani: il ricordo di Luca Serianni

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Marco1971
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Arrigo Castellani: il ricordo di Luca Serianni

Intervento di Marco1971 »

Trascrivo qui solo parte del ricordo in oggetto (apparso negli SLI, 2004) – e i tagli sono per me terebranti! Solo rare volte m’è capitato di voler contattare l’autore di qualche opera che ho letto. Con Arrigo Castellani, fu troppo tardi, e di poco... Ma vive per tutti noi nelle sue opere, e per me in particolare anche nelle parole del mio professore, suo amico, che ne parlò con entusiasmo.
Il 10 giugno 2004 a Firenze si è spento Arrigo Castellani, fondatore degli SLI [= Studi Linguistici Italiani] [...] Ma Arrigo è stato anche il mio maestro; ed è difficile per me, scrivendo questo breve ricordo, distinguere lo studioso e l’uomo, guardare all’opera che ha lasciato prescindendo dalle risonanze di una lunga consuetudine che ha segnato gran parte della mia vita e, per intero, l’arco della mia età adulta.
Conobbi Arrigo quand’ero studente, piú di trentacinque anni fa. Fui súbito conquistato non soltanto dagli argomenti delle sue lezioni, ma anche dal modo in cui insegnava: dando dimostrazione, attraverso la chiarezza e la semplicità, dell’eccezionale rigore e della limpida necessità con cui i problemi scientifici o anche solo le sintesi venivano organizzati dalla sua mente. E nello stesso tempo offrendo la sua disponibilità a chiunque, senza tradire la minima impazienza e senza lasciarsi condizionare dalla posizione dell’interlocutore: si trattasse di un illustre accademico, di uno studioso alle prime armi o magari di uno di quegli anziani dilettanti che si aggirano nelle aule universitarie alla ricerca di un avallo autorevole per loro improbabili e solitarie ricerche.
[...] Quel che è certo è che in nessun altro ho mai visto convivere, come avveniva con Arrigo, la cortesia e la signorilità del tratto con l’asciuttezza e l’essenzialità del discorso: potremmo dire che in lui la funzione fàtica era ridotta all’essenziale, cosí come gli era estranea qualsiasi costruzione retorica, sia pure nella forma dell’innocente retorica di circostanza.
Trasparente nei comportamenti oltre che nelle parole, Arrigo era catafratto a qualsiasi tipo di manovra concorsuale o latamente politica; per una sorta di incompatibilità strutturale, direi, e per completa indifferenza ai riconoscimenti e ai laticlavi: tutte cose giudicate anche rispettabili, ma che l’avrebbero distratto dalle sue ricerche.
[...] Arrigo è stato un vero, grande, studioso. Per molti motivi, che non è facile trovare riuniti tutti insieme in un singolo individuo. Prima di tutto, per l’ampia rete di conoscenze che ne sorreggevano l’indagine, consentendogli di spaziare in territori ampi e talvolta non prevedibili: conoscenze che erano in parte alimentate dalla passione per la bibliofilia, che lo portava a percorrere anche piste appartate e lo metteva in condizione di dominare settori assai diversi tra loro con straordinaria padronanza della materia.
[...] Anche chi lo conoscesse appena (o avesse letto solo qualcuno dei suoi scritti) restava colpito dalla lucidità dei suoi ragionamenti e dal rigore della documentazione che ne costituiva il fondamento. La sterminata ricchezza dei dati adunati da infaticabili spogli, oltre a dare una risposta al problema di localizzare nello spazio e nel tempo un testo antico, si traduceva spesso in singolari scoperte; anche attraverso particolari minuti si può fare storia, come è noto, e si possono ricavare grandi lezioni di metodo. [...]
Come avviene per i grandi studiosi, Arrigo Castellani vive nelle sue numerose opere, tutte frutto di un lavoro originale e di una dedizione instancabile (che è continuata fino agli ultimi giorni, nonostante le cattive condizioni di salute). Si può dire che dove è intervenuto, Arrigo abbia lasciato il segno. Ma ciò che soprattutto gli dobbiamo è il suo contributo alla conoscenza dell’Italia linguistica medievale e alla definizione della toscanità dell’italiano moderno e contemporaneo. [...]
Alla cerchia di coloro che gli sono stati piú vicini, accanto agl’insegnamenti dello studioso, resta l’intensità del ricordo personale: un ricordo che è anche affidato agli aneddoti (le famose italianizzazioni di forestierismi come guisco ‘whisky’, autobusso, fassi ‘fax’; le coniazioni originali, da intrèdima ‘fine settimana’ a fubbia ‘smog’; il rinnovamento semantico di voci antiche come ubino ‘hobby’); all’aroma di canfora che si sprigionava dalle librerie della casa del Barbacane da cui Arrigo estraeva l’ultimo prezioso acquisto per mostrarlo al visitatore, ricordandone minuziosamente tutti i particolari; all’ospitalità offerta ad allievi e amici nel soggiorno estivo di Quercianella, che lo vedeva anche nelle vesti insolite di giardiniere e cuoco. E resta, dominante, l’immagine di una serena razionalità che sembrava riproporre nella vita quotidiana il nitore dello stile e la forza dell’argomentazione che contrassegnano la sua scrittura.

Luca Serianni
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arianna
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Intervento di arianna »

Ringrazio Marco per aver riportato queste parole di Serianni.

È interessante scoprire che il Castellani, oltre a esser stato un linguista dotato di grande ingegno, è stata una persona con una gran nobiltà d'animo tale da mettere a disposizione di tutti il suo insegnamento e il suo sapere.
Felice chi con ali vigorose
le spalle alla noia e ai vasti affanni
che opprimono col peso la nebbiosa vita
si eleva verso campi sereni e luminosi!
___________

Arianna
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

conoscenze che erano in parte alimentate dalla passione per la bibliofilia
Questo non è un po' ridondante, giacché la filia è già una passione per qualcosa?

Brazilian dude
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

No, caro Brazilian, nulla di ridondante in ciò. Cosí come oggi si può dire anche bella calligrafia: nonostante l’etimologia ci dica che sia pleonastico, è ormai accettato (e di casi come questo ce n’è un monte!).

Può dubitare di tutto, ma non di Luca Serianni. ;)
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Ah, no, non mi convince: paixão pela bibliofilia, pasión por la bibliofilia, passió per la bibliofilia, passion pour la bibliophilie, no no no. Avrei detto paixão pelos livros, pasión por los libros, passió per els llibres, passione per i libri. Anche perché gran parte dei parlanti romanzi capisce l'uso e il significato di filia e fobia, che compaiono in innumerevoli neologismi. E nessuno è infallibile, nemmeno il suo tanto stimato Luca Serianni.

Brazilian dude
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Passione per i libri è diverso da passione per la bibliofilia: quest’ultima si riferisce a libri rari/antichi/preziosi, e non a libri qualsiasi.

Mi creda, Brazilian, l’italiano di Luca Serianni è ineccepibile (e, visto che me ne porge il destro, fo pubblicità per il suo eccellente Prima lezione di grammatica, Roma-Bari, Laterza, 2006). Io potrei anche non condividere alcune sue affermazioni, ma non certo la loro formulazione.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E non mi smentisce neanche il Diccionario de la Real Academia Española:
bibliófilo, la.
(...)
1. m. y f. Persona aficionada a las ediciones originales, más correctas o más raras de los libros.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Vabbene, allora preferisco paixão por livros raros, pasión por libros raros, passione per libri rari, passió per llibres rars, ecc.

Brazilian dude
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Brazilian dude ha scritto:Vabbene, allora preferisco paixão por livros raros, pasión por libros raros, passione per libri rari, passió per llibres rars, ecc.
¡Bueno! :D
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Un altro ricordo di Arrigo Castellani è quello di Pär Larson.
Ultima modifica di Marco1971 in data mar, 01 lug 2008 18:50, modificato 1 volta in totale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Uri Burton
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CASTELLANI

Intervento di Uri Burton »

Marco1971 ha scritto:Un altro ricordo di Arrigo Castellani è quello di [http://www.ovi.cnr.it/uploads/larspdf/arrigo_c.pdf]Pär Larson[/url].
Grazie, Marco: bel collegamento. La citazione finale non meno del resto. Il riso volgare rivolto al gusto minoritario ignora che, a volte, anche le minoranze cambiano il senso d’urgenza.
Uri Burton
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Federico
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Intervento di Federico »

Davvero bello: credo che sarebbe difficile dir meglio di Castellani (o di qualunque altro studioso, se è per questo), specie per la descrizione del suo rapporto cogli alunni.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sono finalmente riuscito a mettere le mani sul ricordo di Paola Manni, apparso su Lingua e stile, XXXIX, dicembre 2004, pp. 299-306. Ne riporto alcuni brani.
Il 10 giugno 2004 si è spento Arrigo Castellani.

Con lui perdiamo un maestro impareggiabile, che attraverso la sua opera appassionata, esemplare per originalità, ricchezza e rigore, ha profondamente segnato la linguistica italiana del Novecento. Di fatto, se oggi ci sentiamo abbastanza attrezzati nell’affrontare un testo antico e analizzarlo, sicuri di poter contare su un metodo di indagine saldo e collaudato, che si può dire è divenuto parte della nostra forma mentis, lo dobbiamo in larghissima misura a lui, ai tanti testi che ha mirabilmente edito e commentato e ai tanti preziosi contributi che lascia nel campo della grammatica storica italiana. [...]

Quanto alla trascrizione dei testi, il Castellani metteva a punto una serie di criteri filologicamente ineccepibili, in parte ripresi dalla tradizione in parte nuovi, che nel loro complesso sono divenuti un paradigma per l’edizione di testi medievali, accolti non solo dai linguisti, ma anche da storici, paleografi, archivisti, ecc.

Le centocinquanta pagine di disamina linguistica a cui il Castellani sottoponeva quel materiale, offrendo una trascrizione puntualissima del fiorentino del Dugento e del primo Trecento, già contrastiva rispetto alle altre varietà toscane, gettavano le basi di quella definizione compiuta del panorama linguistico della Toscana medievale che avrebbe impegnato l’autore per tutta la vita in un tenacissimo lavoro di scavo entro una messe di documenti in continua crescita (grazie anche ai tanti inediti che lui stesso seguiterà a scoprire), sempre fedele ad un metodo d’indagine rigorosamente fondato sul diretto contatto con i testi. D’altro lato l’Introduzione e il Glossario mettevano in risalto – ed è anche questo un aspetto qualificante del metodo castellaniano – come l’interpretazione del dato linguistico sia sempre illuminata da un vasto concorso di esperienze attinte a campi diversi: non solo la filologia, stretta alla storia linguistica in un rapporto simbiotico, ma anche la paleografia, la merceologia, il diritto, tutto quanto insomma è utile per comprendere il rapporto fra il testo e l’humus in cui esso si è generato. Non si può non rileggere con ammirazione, ad esempio, quel piccolo capolavoro di competenza linguistico-filologica, storica e numismatica, che è, nel glossario, la voce fiorino. [...]

L’insieme dei contributi pubblicati dal Castellani nell’arco di oltre un cinquantennio [...] fanno risaltare appieno la vastità e la varietà veramente eccezionali delle sue competenze, che possono indirizzarsi verso argomenti di linguistica paleofrancese o affrontare un lessico di forte impronta settoriale come quello dell’artiglieria, per poi tornare con insistenza sui temi prediletti della Toscana medievale, delle sue varietà, della sua fenomenologia grammaticale. [...]

Connesso con la lucida coscienza storica, c’è dunque, vivissimo nel Castellani, l’impegno del linguista «militante» che, nel groviglio della realtà attuale, invasa da mode e idee correnti, non rinuncia ad esercitare il proprio senso critico, forte di un saldo ancoraggio alla tradizione italiana e alle sue radici toscane. Sulla scia del neopurismo miglioriniano, egli ha sempre difeso con tenacia e coerenza la salvaguardia dell’italiano da quanto è estraneo alla sua struttura grammaticale, sostenendo anche l’opportunità di un intervento glottotecnico volto a favorire l’assorbimento dei forestierismi (qualora necessari) alle strutture fonomorfologiche proprie della nostra lingua. Un’ultima occasione di riproporre con slancio queste idee gli era stata offerta dal CLIC (Centro di Consulenza Linguistica sull’Italiano Contemporaneo) recentemente creato in seno all’Accademia della Crusca della quale – ricordiamo – il Castellani era da lungo tempo membro (e il nome che si era scelto, Attardato, suonava certo sottilmente allusivo e non privo di una punta di autoironia).

Dal magistero del Castellani la linguistica italiana ha già tratto larghissimo profitto e molto altro ne trarrà nei tempi futuri. [...] Ma l’opera del Castellani, come abbiamo detto all’inizio, ha svolto un’azione profonda, sedimentandosi nella vastissima compagine degli studi che negli ultimi decenni hanno contribuito a far luce sulla realtà policentrica del nostro medioevo e sul suo plurilinguismo. [...]

Io sono stata allieva di Arrigo Castellani fin dai primissimi anni fiorentini e ho potuto conoscere nel modo piú diretto le sue doti di studioso e di insegnante: l’entusiasmo per il lavoro, la larghezza delle competenze, la perspicuità nell’argomentare alimentata da una costante aderenza alla realtà dei fatti, la disponibilità e il rispetto nei confronti degli studenti. Ma vorrei completare questo ricordo con delle semplici immagini che affiorano dalla mia memoria e che propongo cosí come appaiono, filtrate attraverso gli occhi di quella studentessa che ero, tanti anni fa, e che in parte ho continuato a sentirmi di fronte a lui. Sono immagini rimaste straordinariamente vivide in me.

Vorrei ricordare il professore che aveva un modo unico e inconfondibile di fare lezione mettendo gli studenti a diretto contatto col suo lavoro di ricerca. Spesso accompagnava i laureandi in biblioteca e passava delle ore con loro a sfogliare dei codici e a controllarne le lezioni. A volte capitava che invitasse gli studenti nella grande casa piena di libri dove viveva con l’amatissima moglie Ornella, e con molta semplicità mostrava loro edizioni cinquecentine del Bembo o del Trissino, e faceva intravedere un mondo nuovo con le sue spiegazioni che fondevano storia della lingua e bibliofilia.

Vorrei ricordare il professore che riconosceva ad allievi giovanissimi, talora appena laureati, il merito di un contributo minimo e dava loro l’inaspettata emozione di vedersi citati in qualche sua pubblicazione. Esempio, questo, di grande onestà intellettuale e, insieme, testimonianza della capacità che aveva la sua didattica di coinvolgere gli studenti, di farli sentire subito partecipi di quel grande concorso di forze che è la ricerca.

E vorrei infine ricordare il professore che, divenuto con gli anni anche amico, ha continuato fino all’ultimo ad essere un punto di riferimento insostituibile e ha ascoltato con grande pazienza i tantissimi dubbi che gli abbiamo sottoposto: decine e decine di dubbi linguistici, ma a volte anche qualche dubbio di vita (perché ascoltava volentieri pure le nostre confidenze). E sempre, di fronte a ogni difficoltà, ci ha dato un aiuto concreto o, comunque, un incoraggiamento prezioso ad andare avanti, a superare gli ostacoli, ad avere fiducia.

Anche questo è parte viva della lezione di Arrigo Castellani ed è con immenso affetto che lo ricordiamo.
P.S. Ho cambiato il collegamento al ricordo di Pär Larson qui sopra, che ha cambiato indirizzo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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