L’italiano non è piú una lingua

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Moderatore: Cruscanti

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Andrea Russo ha scritto:Anche se naturalmente la costruzione oggetto del mio lapsus può esistere.
Cioè? :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Andrea Russo
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Intervento di Andrea Russo »

Nel linguaggio informale possiamo avere nomi o aggettivi con funzione verbale, fenomeno che corrisponde, per esempio, alle nostre perifrasi "non dirmi x", "non chiamarmi x" (don't George me!). Ammetto comunque che s'usa di più coi nomi.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Si tratta pur sempre di verbi, qualunque ne sia l’origine. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Siccome ho questo difetto della curiosità :mrgreen: , mi sono permesso di domandare all’addetto stampa per l’Italia (si tratta di un’azienda con sede negli Stati Uniti) se può risolvere questo dubbio.

Egregio ***,

mi chiamo *** e sono un frequentatore di Cruscate, un fòro dedicato alla lingua italiana. Nel Corriere della Sera di oggi, 3 dicembre 2011, a pagina 42, ho notato la vostra pubblicità, che reca la formula pubblicitaria «Don’t buy this jacket», seguíta da un sottotitolo e un corpo descrittivo in italiano.

Mi sono allora chiesto perché vi sia questo bilinguismo, quale ne sia lo scopo, e ho condiviso questa perplessità con gli altri partecipanti al fòro in questa discussione. Un utente ha avanzato l’ipotesi che si tratti di un’allusione all’avvertimento «Don’t try this at home», comune in certe trasmissioni televisive statunitensi. Personalmente, mi sembra poco plausibile; tuttavia, non saprei trovare altra spiegazione. Non si poteva dire, in maniera piú trasparente e immediatamente comprensibile, «Non comprate questo giubbotto»?

Le domando, quindi, uno schiarimento a tal proposito. La ringrazio in anticipo per la risposta che vorrà darmi.

Distinti saluti
Ecco la risposta dell’addetto stampa:

Gentile ***,

*** ha deciso di pubblicare questa pubblicità in Italia, cercando di essere il più possibile fedele al messaggio espresso dall’azienda nella campagna pubblicitaria americana apparsa sul New York Times il 25 novembre.

La coerenza dell’headline “Don’t buy this jacket” nella pagina pubblicitaria sul quotidiano italiano con quella apparsa sul quotidiano statunitense era quindi fondamentale per veicolare un messaggio che fosse in linea con lo stile dell’azienda (che non dimentichiamo ha sede a Ventura, California ed essendo americana comunica in inglese) ed aderente al concetto che la campagna voleva comunicare.

Trattandosi di una pagina pubblicitaria destinata al pubblico in Italia, ciò ha però riguardato soltanto l’headline della campagna e l’intero testo del copy è stato tradotto in italiano.

Abbiamo deciso di aggiungere un pay-off in italiano (..”se non ne avete bisogno e non sapete cosa ci sta dietro”) che fosse complementare al concetto trasmesso dall’headline e che permettesse al pubblico italiano non familiare con la comunicazione in inglese, di meglio comprendere il messaggio che volevamo trasmettere, certi che potesse essere così inteso, tenendo comunque presente che l’odierno linguaggio della pubblicità comprende ormai numerosi termini in lingua inglese entrati a far parte del nostro linguaggio comune.


Cordiali Saluti



Non c’era quindi nessuna strategia dietro questa scelta: solo una subordinazione alla lingua della casa madre. Inutile dire quanto sia limitante questa scelta; ma il commercio ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E questa risposta illustra bene il titolo di questo filone.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Andrea Russo
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Intervento di Andrea Russo »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Abbiamo deciso di aggiungere un pay-off in italiano
:lol: Ovvio! Mi piace questo quasi-ossimoro.

Insomma, alla fine si tratta d'un caso di pigrizia: chi ha risposto dice che hanno aggiunto una frase in italiano «che fosse complementare» alla prima parte, sottolineando quindi non solo quant'è inutile ma anche quant'è controproducente il messaggio pubblicitario in inglese.

La ringrazio Ferdinand d'aver condiviso la risposta. :wink:
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Di nulla. :)

Questa è stata la mia replica:

Gentile ***,

innanzitutto la ringrazio tanto per la cortesia e per la disponibilità. Dopotutto si trattava di una questione marginale, che non riguardava direttamente il vostro marchio, ma la vostra strategia comunicativa, perciò lei è stato doppiamente gentile.

Mi permetta però di esprimerle la mia personalissima perplessità circa la vostra scelta. A mio avviso, una pubblicità dev’essere immediatamente comprensibile, pena il fallimento della comunicazione. Ora, dal momento che in Italia pochi parlano un inglese sufficiente (anzi, la gran parte non sa nemmeno capire un testo di media difficoltà in italiano!), scrivere una formula pubblicitaria interamente in inglese è rischioso: tanti lettori non capirebbero e, quindi, potrebbero voltare pagina, ignorando il resto dell'annuncio.

Lei ha ragione quando dice che «numerosi termini inglesi sono entrati a far parte del nostro linguaggio comune», però dobbiamo riflettere se questo sia un bene o no. Di là da qualsiasi rivendicazione nazionalista – che, personalmente, aborro – la lingua italiana è messa in pericolo dall’alluvione di anglicismi. Io, e molti altri con me, temo non solo il crollo della struttura morfologica e fonetica della lingua, ma anche la fine stessa della lingua a causa di una scellerata ibridazione. Sono quindi ben lontano dall’accettazione (rassegnata, passiva, acritica, faccia lei) di questo stato di cose.

Credo invece che, se in Italia si parlasse, in generale, un buon italiano e lo si capisse bene, si avrebbero maggiori possibilità di parlare e capire bene anche l’inglese. Di conseguenza, un’operazione commerciale come la vostra (quantunque non studiata, ma voluta per mera coerenza promozionale) potrebbe addirittura essere accettabile, anche senza sottotitoli esplicativi (i quali, mi permetta, mi paiono un rammendo peggiore del buco, e fanno risaltare ancor di piú l’incongruenza del bilinguismo, ingiustificato dal punto di vista comunicativo).

Mi perdoni il tono deciso di questa mia critica, ma, come avrà intuíto, quella della lingua è una questione che m’è assai cara.

Le porgo cordiali saluti e le auguro buon lavoro.
Andrea Russo
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Intervento di Andrea Russo »

A chi ha visto il TG5 delle 20 non sarà sfuggito il servizio sul prime minister Monti e l'inglese. Qui c'è il collegamento dell'intero tiggì (ovviamente c'è un video per ogni singola notizia ma non per questa!). Il servizio incriminato inizia al minuto 11:55 circa.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Non ho parole. Tra l'altro, il nuovo presidente è arrivato a dire (in italiano) che l'Italia ha migliorato il proprio standing internazionale.
edoram
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Intervento di edoram »

Già che siamo in tema di segnalazioni guardate qui:
http://garzantilinguistica.sapere.it/

La pagina principale è la solita "home" e per promuovere i nuovi dizionari digitali scrivono:"acquista la downolad version" e "come attivare il web-cd".
Io credo che siano scivoloni che un sito che promuove dizionari e miglioramenti per la lingua italiana non dovrebbe proprio permettersi, senza contare che la prima descrIzione proposta dall'indicizzazione di google è sempre ancora "garzanti on line", davvero triste :/
Ultima modifica di edoram in data sab, 17 dic 2011 1:00, modificato 1 volta in totale.
Non voglio essere capito, voglio essere; capito?
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Non si turbi piú di tanto, gentile edoram, anche la Crusca, sí, la CRUSCA, cade in questi scivoloni. :evil: :oops:
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Avatara utente
Carnby
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Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Intervento di Carnby »

A mio avviso è comunque positivo che si sviluppi una comunità di utenti che si oppongono a questo stato di cose. Bisogna tuttavia coinvolgere più persone in questa nostra attività.
Andrea Russo
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Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37

Intervento di Andrea Russo »

Bisognerebbe (tutti quanti) pretendere quantomeno che almeno in Italia si parli italiano. Non è normale che Monti debba parlare in inglese, in Italia. I traduttori simultanei che ci stanno a fare altrimenti? :roll:
Comunque penso che questo fatto sia più grave, se dovessi fare una classifica, del giornalista di moda che scrive fashion, pochette, ecc.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Si può dire che siamo caduti dalla padella alla brace. Almeno il predecessore di Monti parlava italiano, pur infarcito d'anglicismi del tutto inutili e zeppo d'improprietà. (Ma forse si atteneva all'italiano per l'incapacità di parlare inglese.)

Se fosse vero che Monti ha tenuto un'intera conferenza in inglese nonostante solo una piccola parte della platea fosse straniera (ho comunque delle riserve sul servizio, che potrebbe essere stato montato ad arte), sarebbe una ostentata snobberia, aggravata dalla pervicace tendenza a usare imprestiti di lusso (di cui standing per «reputazione» è l'ultimo «fulgido» esempio).

[A scanso d'equivoci, il mio giudizio sulle abitudini linguistiche dell'uno e dell'altro non implica alcun giudizio politico.]
Andrea Russo
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Intervento di Andrea Russo »

Guardi forse è meglio se non lo sanno l'inglese, almeno son costretti a usare l'italiano. Nel video di cui lei ha dato il collegamento si trattava d'una situazione più informale; se avesse dovuto parlare in pubblico in una situazione ufficiale avrebbe usato lìinterprete, che comunque era presente.
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