Elenco delle regole fantasma

Spazio di discussione su questioni che non rientrano nelle altre categorie, o che ne coinvolgono piú d’una

Moderatore: Cruscanti

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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Andrea Russo ha scritto:Tempo fa qualcuno cercò di difendere tale pseudoregola affermando che «nelle locuzioni "se stesso" e "se medesimo", sé si comporta da proclitico ("sestésso", "semedésimo"), quindi perde l'accento». :roll:
Semmai, semmedésimo… Ma perché? In sé stante, invece, no?… E perché me e te non lo prendono mai, neanche in tonia, e , invece, che è sempre proclitico, sempre? :roll:
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Andrea Russo ha scritto:Tempo fa qualcuno cercò di difendere tale pseudoregola affermando che «nelle locuzioni "se stesso" e "se medesimo", sé si comporta da proclitico ("sestésso", "semedésimo"), quindi perde l'accento». :roll:
Ho letto la discussione, e direi che, oltre al «(Leopardi docet)», fa il paio con quest'altra perla:
...personalmente uso doppia forma per "qual/quale": "qual è" per il maschile, "qual'è" per il femminile. :shock: E mi ritengo legittimata ad usare la forma con apostrofo, come d'altronde facevano Manzoni, Tozzi e Landolfi [...]. Nonostante la Crusca tagli netto ammettendo solo la forma senza apostrofo, la questione in realtà è ancora aperta tra la scuola di Franco Fochi e quella di Bruno Migliorini.
Molti dovrebbero impararsi a memoria questa frase, d'una anonima quanto benemerita docente, sempre citata nella medesima discussione:
'Non nascondiamo la nostra ignoranza dietro la nuova grammatica e le nuove consuetudini linguistiche'
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Non si dice "salire su", "scendere giù", "uscire fuori" ed "entrare dentro". In particolare all'imperativo: «Sali su!». Regola fantasma?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sí e no. In un lingua sorvegliata, l'aggiunta degli avverbi è superflua; è tollerabile invece nel parlato, che, per sua natura, tende alla ridondanza, all'espressività.

Non sono un professore di lingua (per un parere qualificato attenderei il nostro Marco), ma non lo considererei un errore grave neanche nello scritto; piuttosto lo direi un'ineleganza.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Considererei che si tratta di un’ennesima regola fantasma: oltre che nel parlato e nei dialoghi scritti che se ne fanno specchio, queste ridondanze sono adoperabili anche in prosa, dove servono intenti espressivi. Si parla naturalmente di narrativa e poesia, cioè di letteratura; in un contesto formale è preferibile farne a meno – o usarne con grande parsimonia.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Ne avrei in mente altre due:
1) Non esiste il "cosa" come pron. interrogativo; non si deve dire «Cosa vuoi?» ma «Che cosa vuoi?» o semplicemente «Che vuoi?»
2) L'avverbio "comunque" nel senso di "in ogni caso" va bene nel parlato; nello scritto, va accompagnato da "sia": «Comunque sia, mi sono divertito assai.»
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Appena aggiunte alla lista, ai punti 19 e 20. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Non so se può entrare nel novero delle regole fantasma, questa: all'imperativo non si dice né scrive "Vai via", "Fai presto", "Stai fermo" (forme che vanno riservate all'ind. presente), ma vanno usate le forme apocopate va', sta', da' e fa'.
Eppure si dice: "dài, muoviti!" – d'accordo che quel dài è un'interiezione, ma sempre dall'imperativo proviene.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Propongo al vaglio della giuria la seguente norma, che mi è capitato di sentire più di una volta: nelle correlazioni, "sia... che..." è sbagliato, bisogna sempre dire "sia... sia..." Il Treccani e il Devoto-Oli la smentiscono, suggerendo anche "sia... o..." (che non mi pare di aver mai sentito, né tantomeno usato), quindi una delle due regole deve essere per forza un "fantasma". Un'idea ce l'avrei, ma non oso pronunciarmi: da quando sono qui non sono più certo neanche di come mi chiamo!
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Questo è un argomento che abbiamo toccato sparsamente anche qui, ed è stato affrontato efficacemente sul sito della Crusca.

Riassumendo: la forma sia… che, d’introduzione relativamente recente, è accettabile; tuttavia può dar luogo a fraintendimenti. Perciò, sia… sia è preferibile, oltre a esser piú rispettoso della nostra tradizione.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Questo è un argomento che abbiamo toccato sparsamente anche qui.
Giuro che ho cercato col motore di ricerca, ma è difficile quando le parole chiave sono "sia" e "che"!
Ferdinand Bardamu ha scritto:Riassumendo: la forma sia… che, d’introduzione relativamente recente, è accettabile; tuttavia può dar luogo a fraintendimenti. Perciò, sia… sia è preferibile, oltre a esser piú rispettoso della nostra tradizione.
E la variante "sia... o..."?
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Animo Grato ha scritto:Giuro che ho cercato col motore di ricerca, ma è difficile quando le parole chiave sono "sia" e "che"!
Non si preoccupi: io, a esser sincero, sono andato a colpo sicuro tra i risultati di ricerca. Eppoi, il rimando è al sito della Crusca. :)
Animo Grato ha scritto:E la variante "sia... o..."?
Non potendole venire in aiuto con la Grammatica di Serianni (che le consiglio di comprare, se non ce l’ha già), m’accontento del Treccani in linea s.v. «Sia»:

il secondo elemento della correlazione può essere introdotto anche da o oppure da che: sia lui o un altro, sia d’inverno che d’estate

Sulla preferibilità, in questo caso, non le so dire di piú: non è semplice trovare esempî letterarî di sia… o.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Grazie ancora!
Accidenti, starei qui tutta la notte! Devo impormi delle regole, altrimenti faccio una brutta fine... Trovato! Niente forum dopo le dieci di sera.
Buona notte!
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
Animo Grato ha scritto:E la variante "sia... o..."?
Non potendole venire in aiuto con la Grammatica di Serianni (che le consiglio di comprare, se non ce l’ha già), m’accontento del Treccani in linea s.v. «Sia»:

il secondo elemento della correlazione può essere introdotto anche da o oppure da che: sia lui o un altro, sia d’inverno che d’estate

Sulla preferibilità, in questo caso, non le so dire di piú: non è semplice trovare esempî letterarî di sia… o.
Direi che l’eventuale preferibilità è dettata da considerazioni grammaticali.

Ricordiamoci infatti che [almeno in origine] la congiunzione disgiuntiva coordinativa sia non è nient’altro che la terza persona singolare del congiuntivo presente del verbo essere: sia questo o quello.

Per le stesse ragioni il costrutto ha probabilmente un’antichità e una presenza letteraria rilevante, essendo in origine il valore verbale di sia piú chiaramente percepito dai parlanti.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ha perfettamente ragione. Grazie della delucidazione. :)
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