«L'italiano è bello, così ci difendiamo dall'inglese»

Spazio di discussione su questioni che non rientrano nelle altre categorie, o che ne coinvolgono piú d’una

Moderatore: Cruscanti

Massimo Birattari
Interventi: 5
Iscritto in data: mar, 28 feb 2012 18:21

Intervento di Massimo Birattari »

Su ghost writer: se il 90% della popolazione italofona non sa cosa sia, il 99% non capirebbe scrittore fantasma (e un redattore di una normale casa editrice italiana non scriverebbe mai, in un risvolto: Massimo Birattari è stato redattore di libri scolastici, traduttore, scrittore fantasma).
Sul mouse, mi cito (dall'appendice L'ITALIESE in È più facile scrivere bene che scrivere male, Ponte alle Grazie 2011, p. 197; ma il brano era sostanzialmente identico nell'edizione precedente: Italiano. Lo stile, Ponte alle Grazie 2002):
Ormai, l'uso di parole inglesi nel campo dell'informatica ci sembra naturale. Eppure certe scelte non erano automatiche. Prendiamo il mouse, per esempio. In inglese il mouse è il topo, e l'oggetto è stato chiamato così probabilmente perché, col corpo tozzo e il lungo filo simile a una coda, ricorda un topolino. E in tedesco, in francese, in spagnolo, il nome dell'oggetto è stato tranquillamente tradotto con la parola corrispondente a topo: die Maus, la souris, el ratón. Perché in italiano si è scelto di non chiamarlo topo o topolino, e si è preferito mantenere il termine inglese, che è così diventato un univoco termine tecnico? Chi è stato a fare quella scelta? L'italiano è più esterofilo del tedesco, del francese, dello spagnolo? Questa scelta è la spia di qualche vizio originario, di una segreta debolezza della nostra lingua e della nostra cultura?
Sono domande interessanti, per le quali qualche linguista avrà una risposta. Qui però ci interessa un altro aspetto essenziale della questione, e cioè la forza dell'uso. Anche se è certamente un peccato che in italiano non si sia tradotto mouse con topo o topolino, ormai, in questo momento, quell'oggetto si chiama solo mouse, e se lo chiamo topo una persona che mi ascolta o non capisce o crede che stia scherzando, e comunque, per capire quello che intendo, tradurrà mentalmente topo con mouse.
Diciamo che io, da italofilo moderato, mi concentro sulla lingua così com'è, e tendo ad accettare l'uso corrente, rifiutando solo quelle che mi sembrano (in base a criteri personali) insensate aberrazioni. E aggiungo una cosa che spero vi diverta. Frequentando questo forum (anglismo!), mi sono a lungo chiesto: ma questo Filone sarà Filone Alessandrino? (e giù a domandarmi: Filone, chi era costui?) Poi ho capito che era la traduzione di thread. Diabolici!
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Le circa 32.700 occorrenze di scrittore fantasma presenti in rete mi farebbero dubitare che si tratti d’una polirematica cosí opaca... Il ricorso sistematico o quasi al forestierismo crudo è per me un affronto alla lingua italiana. :evil:

P.S. Le ho scritto un messaggio privato per segnalarle due cose riguardanti la sua grammatica. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Modna
Interventi: 214
Iscritto in data: lun, 22 ago 2011 20:09
Località: Modena

Intervento di Modna »

Mi fa piacere che non abbia frainteso il senso del mio intervento e che si riconosca, in una certa misura, nella tassonomia proposta. ;)

Ciò detto, intervengo su alcune delle questioni sollevate. Nemmeno io sono un linguista: sono un giovane economista che, pur amando e studiando le lingue straniere (per lavoro e per passatempo), non è per niente d'accordo con l'anglicizzazione forzata del suo settore e dell'italiano in genere. Diversi economisti o traduttori del settore non traducono, con scarse giustificazioni, limitandosi ad attribuire poteri espressivi particolari ai prestiti (espressione che mi fa sorridere, ricordandomi Mago Merlino :D) o richiamando una intraducibilità che, a mio parere, si riscontra davvero in una percentuale veramente minima di contesti. La mia impressione è invece che si rinunci troppo facilmente alla traduzione per ragioni di disattenzione, pigrizia, esterofilia, disinteresse, infarcendo i testi economici di anglicismi e obbligando -si, di fatto obbligando- le persone a impararli, come se non ci fosse altra scelta. Per questo apprezzo il lavoro qui svolto (con relative fonti bibliografiche, nella maggioranza dei casi), e lo applico il più possibile al mio lavoro.

Anch'io penso, da italofilo moderato (ma non troppo), che cercare di scalzare parole ormai consolidate nel lessico sia poco utile, ma non perché si tratti di aberrazioni, quanto perché trovo la fatica richiesta eccessiva rispetto ai risultati ottenibili, e perché tutte le lingue, in un contesto di globalizzazione, accettano entro certi limiti dei forestierismi crudi (inglese compreso). Questo però non ha nulla a che vedere con la massa di nuovi anglicismi crudi introdotti "forzosamente" (sempre a mio parere) dai mèdia, per sostituire termini già esistenti - per esempio si veda spread per differenziale, o governance per governanza - o perfettamente traducibili - si veda feed per flusso, RSS o Atom che sia.

Credo che l'idea della lingua così com'è, presa come elemento dato, non consideri il processo di formazione e diffusione della stessa: si tratta di un argomento non confinabile al "tecnico-linguistico", perché la lingua la fanno anche i mèdia (anglismo, ma adattato ;) ), che pur non obbligando i locutori esercitano un condizionamento continuo e di fatto cruciale sull'uso dei termini. Mi sembrano poco sostenibili le posizioni di chi ritiene che il peso esercitato dai mezzi di informazione e dai singoli locutori sia lo stesso, e che i primi si limitino a proporre termini che possono diffondersi solo perché vengono attivamente accettati dai secondi, che necessariamente li condividono: non mi riferisco alla sua posizione, ma ad altre finora abbastanza diffuse in campo mediatico.
Il prendere la lingua come viene è un ragionamento maggiormente corretto se portato da un singolo parlante, ma non mi trova d'accordo se richiamato dai vertici dei mezzi di informazione, che rientrano nel novero dei locutori influenti della lingua: non si parla di imporre regole antidemocratiche, ma nemmeno di lasciare la lingua preda di sensazionalismi mediatici e mode giornalistiche, al 90% anglicizzanti (ancora una volta, non mi riferisco a Birattari, ma alle varie situazioni riscontrabili nella quotidianità).
marco.spazzini
Interventi: 2
Iscritto in data: mar, 01 ago 2006 9:20

Intervento di marco.spazzini »

Topo = mouse in Italia suona bizzarro. Ne sono convinto anch'io.
Ma guardiamo nei negozi una scatola: il suo nome è tradotto in tutte le lingue d'Europa e oltre, e tutti (tranne noi e i rumeni) lo traducono con il nome "topo" nella propria lingua.

Perché?
Secondo me perché gli italiani (tranne i toscani) sono abituati da decenni ad abbandonare la propria lingua per un'altra. Un tempo erano i dialetti locali delle varie lingue italiane, oggi è l'italiano per l'inglese.
Oppure l'abbandona chi sente l'italiano già lingua straniera, non essendo la sua lingua madre e quindi mette su uno stesso piano due lingue per lui straniere, l'italiano e l'inglese.

Ma è estremamente fastidioso leggere un testo (specie economico, specie proveniente da Milano) infarcito di termini inutili o ridicoli.

Aggiungo dal mio campo "rendering" che nessuno capisce bene al volo cosa significa, ma con sollievo leggo sempre più spesso "fotosimulazione".
(Per di più in inglese si usa "computer impression").

Saluti a tutti.
Marco

PS: ecco l'elenco per il topo:
I Polacchi lo chiamano myszy, i Cechi e gli Slovacchi mysi, gli Ungheresi egér, i Greci pontìki; i Finlandesi hiiri, i Norvegesi mus, i Danesi muse, gli Olandesi muizen, i Portoghesi rato, gli Spagnoli ratòn, i Francesi souris.
Brazilian dude
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 726
Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03

Intervento di Brazilian dude »

i Cechi e gli Slovacchi mysi
myši
gli Spagnoli ratòn,
ratón
Avatara utente
Carnby
Interventi: 5278
Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Intervento di Carnby »

marco.spazzini ha scritto:i Greci pontìki
Ha la stessa origine del veneto pantegana?
marco.spazzini ha scritto:i Portoghesi rato, gli Spagnoli ratòn
Mi sembra, ma non mi vorrei sbagliare, che in America latina sia abbastanza diffuso mouse per queste due lingue.
Brazilian dude
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 726
Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03

Intervento di Brazilian dude »

Ha ragione.
Avatara utente
GianDeiBrughi
Interventi: 108
Iscritto in data: mar, 07 feb 2012 21:28
Località: Mantova

Intervento di GianDeiBrughi »

Per me quelli che sono veramente preoccupanti sono il russo "мышь", il gaelico "luch", il lituano "pelé", il finlandese "hiiri" e il basco "sagu".
E queste lingue non sono propriamente famose per difendersi dalla penetrazione di vocaboli stranieri. :roll:

Tedeschi e scandinavi non hanno grandi meriti però. Semplicemente per loro parole che finiscono con "s" sonora sono inusuali. Infatti anche quando parlano un inglese perfetto cadono talvolta in questo errore. Quindi è probabile che i primi tedeschi che abbiano avuto a che fare con un "mouse" si siano ritrovati involontariamente a dire "maus" con la "s" sorda. E "die Maus" in tedesco sarebbe il topo (o letteralmente "la topa", poiché è di genere femminile).
Invece gli scandinavi molto più semplicemente borbottano.
Gli unici un po' degni di merito tra i germanici sono gli olandesi che hanno "muis", il quale foneticamente è un pochettino più creativo. Il vocabolo pare poi che sia passato pure all'Afrikaans.

Al nostro livello in pratica pare che ci siano solo giapponesi e coreani con マウス e 마우스 che suonano entrambi più o meno come "maus". Il che è veramente tutto dire...

Fonte: Wiktionary

PS
Io la prima volta che lessi "filone" pensai che si trattasse di un filone di pane. :oops: Sono un po' mangereccio io.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5245
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Intervento di Infarinato »

GianDeiBrughi ha scritto:Tedeschi e scandinavi non hanno grandi meriti però. Semplicemente per loro parole che finiscono con "s" sonora sono inusuali. Infatti anche quando parlano un inglese perfetto cadono talvolta in questo errore. Quindi è probabile che i primi tedeschi che abbiano avuto a che fare con un "mouse" si siano ritrovati involontariamente a dire "maus" con la "s" sorda.
Solo una piccola osservazione a margine: sia mouse (ingl.) sia Maus (ted.) terminano con /s/. Solo alcuni italiani («riprovati» dal Canepàri) riescono a pronunciare mouse con /z/! :x
Avatara utente
GianDeiBrughi
Interventi: 108
Iscritto in data: mar, 07 feb 2012 21:28
Località: Mantova

Intervento di GianDeiBrughi »

Alcuni tanti. Quassù da noi è molto comune la pronuncia con "s" sonora, anzi oserei dire che forse è pure dominante. :!:

La pronuncia è indicata nella pagina del mio collegamento comunque, anche se riconosco che la mia frase non era chiara al riguardo.

Ah, dimenticavo che tra le varie lingue c'è persino il curdo: mişk.
Ultima modifica di GianDeiBrughi in data gio, 01 mar 2012 18:36, modificato 3 volte in totale.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

GianDeiBrughi ha scritto:...anche se riconosco che la mia frase non era chiara a riguardo.
E deggio e posso crederlo? :evil: :D :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
GianDeiBrughi
Interventi: 108
Iscritto in data: mar, 07 feb 2012 21:28
Località: Mantova

Intervento di GianDeiBrughi »

Marco1971 ha scritto:
GianDeiBrughi ha scritto:...anche se riconosco che la mia frase non era chiara a riguardo.
E deggio e posso crederlo? :evil: :D :)
Almeno il fatto che fosse presente sul sito della Crusca mi consola. :*
In ogni caso grazie per la notifica. :)
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Di nulla! :) Già che ci siamo, un altro errore comunissimo è l’omissione di a in riguardo a.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Freelancer
Interventi: 1897
Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:[...] ho scritto un messaggio privato per segnalarle due cose riguardanti la sua grammatica. :)
Anche se questo suo messaggio non è diretto a me, vorrei suggerirle, caro Marco, di cercare per quanto possibile di frenare il suo istinto professorale. Se uno manda un messaggio privato, poi non va a dire al destinatario, in pubblico, che gli ha mandato un messaggio privato, dicendo inoltre a quale riguardo. Il messaggio 'privato' diventa, in effetti, un messaggio quasi-pubblico. Mancano solo i dettagli finali, ossia quali cose riguardanti la grammatica, perché il messaggio privato si trasformi in un messaggio scritto sui muri.

Esiste in questa piazza una tendenza da parte di vari utenti a correggerne altri quando questi ultimi fanno un [vero o presunto] sbaglio (di grammatica, di sintassi e così via). A meno che gli amministratori non dicano che così va bene, mi sembra che cortesia elementare vorrebbe che si indichi ciò che si ritiene sbagliato nel modo più discreto possibile; un modo è, ad esempio, ripetere la frase che si considera sbagliata ma inserendovi la propria correzione. Chi vuole o può capire, capirà. Penso che i richiami ad alta voce li dovremmo lasciare alla scuola elementare.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Credo che lei si sbagli. Massimo Birattari, al quale avevo mandato un messaggio privato, è un nuovo iscritto, e evidentemente non aveva notato il messaggio. La segnalazione è stata fatta perché potesse leggerlo. Tutto qui. Se poi lei ha altri consigli di buona condotta, ben vengano. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 11 ospiti