Italiano malato di English?

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Marco1971
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Italiano malato di English?

Intervento di Marco1971 »

Non ricordo se è già stata segnalata questa pagina, contenente diversi articoli interessanti, soprattutto questo (chi non vuole leggere tutti gli articoli legga almeno questo).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ringrazio Marco dei collegamenti.

Ho alcune osservazioni sull'articolo di Gualdo. «Di qui le nostre proposte; in qualche caso volutamente provocatorie (bordello per l’eufemistico eros center)…»: non di provocazione si tratta qui, ma semplicemente di franchezza, tanto piú che anche il pubblico percepisce l'equivalenza dei concetti.

«Qualche volta siamo ricorsi a parole antiche (fiasco per flop)…»: siamo già a questo punto, fiasco per dire insuccesso è una parola ormai «antica»? Negli anni Novanta, sentivo dire solo fiasco. Quella di flop è una moda dell'ultimo decennio, a quanto mi consta.

«L’apporto degli anglicismi favorisce un allargamento delle opzioni stilistiche nella lingua (Schweickard)…»: questa non è caratteristica solo degli anglicismi. Qualunque prestito di lusso aumenta le possibilità stilistiche. Quando però non si dà alternativa – vedi il caso di personal trainer citato nell'articolo (che però è traducibile con istruttore personale senza tanto spremersi le meningi) –, io vedo un impoverimento piuttosto che un arricchimento stilistico.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

È interessante il commento dell’attrice: rivela che in fondo queste parole inglesi non piacciono necessariamente ma onnúbilano la facoltà di pensare; infatti istruttore personale o allenatore personale dovrebbero salire spontaneamente alle labbra.

Per chi si scoraggia di fronte alla lunghezza del pezzo, propongo qui i passi secondo me salienti.

Presso gli esperti di lingua italiani è invece diffusa l’idea che niente debba essere fatto; ma il parlante comune avverte il problema, e si aspetta indicazioni, come testimoniano le tante lettere ai giornali su questo tema. Negli ultimi tempi, poi, qualche voce preoccupata si è levata anche tra scienziati, insegnanti, giornalisti non certo accusabili di miope xenofobia.

Menomale che non sono l’unico a pensarlo e ad averlo espresso.

Molto impegnativa è la valutazione della carica espressiva, che andrebbe forse combinata con la variabile anagrafica dei parlanti, utilizzando un osservatorio ampio e sondaggi statisticamente attendibili. Nei miei corsi ho sottoposto vari anglicismi al giudizio di gruppi di studenti (tra i quali anche molti studenti lavoratori, meno giovani della media): quasi sempre l’anglicismo è stato sentito come più espressivo di una forma italiana. Per esempio, il composto speed date, che a me parrebbe di carica espressiva vicina allo zero, è stato a larga maggioranza giudicato molto più espressivo di appuntamento lampo, una traduzione circolata nei giornali.

Forse si confonde l’espressività con l’esotismo, che sono due concetti del tutto diversi...

Dove risiede il nostro vantaggio comparato sulle altre nazioni? Nelle bellezze del territorio, ma anche nella storia culturale e linguistica. Per questo dobbiamo curare la lingua, promuoverne il buon uso; senza innalzare barriere, ma senza assumere un atteggiamento rinunciatario.

Non saprei dir meglio! :)

Ma è indispensabile che proposte e interventi siano sostenuti dalle istituzioni pubbliche. Non credo che ci si debba spaventare, o evocare fantasmi di autarchia linguistica. I Manuali di stile per la pubblica amministrazione redatti per iniziativa dei ministri Cassese e Bassanini suggeriscono di rendere con parole italiane i termini stranieri, per favorire la chiarezza dei testi, la loro comprensibilità. È poi necessario che la sensibilizzazione entri nelle redazioni dei giornali e dei telegiornali, nelle aule parlamentari, in quelle scolastiche. Non sempre dalle istituzioni, anche in anni recenti, sono arrivate risposte incoraggianti. Ma la diffusa attenzione degli italiani a questi temi ci sembra un segnale di cui tener conto.

Ma se le istituzioni sono piú interessate al lucro che alla cultura, siamo messi male. :(
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Nessun catastrofismo ma qualche preoccupazione sì…
Questa spezzo però mi smonta: come a dire che se fra cinquant'anni il nostro lessico sarà composto da parole inglese, allora sì che, magari, sarà il caso di fare qualcosa. Forse.
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.Silvia.
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Intervento di .Silvia. »

Ferdinand Bardamu ha scritto:«Qualche volta siamo ricorsi a parole antiche (fiasco per flop)…»: siamo già a questo punto, fiasco per dire insuccesso è una parola ormai «antica»? Negli anni Novanta, sentivo dire solo fiasco. Quella di flop è una moda dell'ultimo decennio, a quanto mi consta.
Concordo. Ma chi ha detto che fiasco è una parola antica?

Fare fiasco è ancora un modo di dire che si usa eccome.

Un saluto a tutti
A te ricorro; e prego ché mi porghi mano
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S'io tentassi da me, sarebbe vano.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Marco1971 ha scritto:Forse si confonde l’espressività con l’esotismo, che sono due concetti del tutto diversi...
Anche perché dubito che chi ha una conoscenza dell'inglese scarsa o nulla – come spesso accade da noi – possa giudicare dell'espressività di un anglicismo. Gualdo, che di sicuro conosce l'inglese, ritiene giustamente speed date dotato di una «carica espressiva vicina allo zero».
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Carnby
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Intervento di Carnby »

.Silvia. ha scritto:Concordo. Ma chi ha detto che fiasco è una parola antica?
Azzarderei a dire che nei Paesi anglofoni si usa oggi più l'italianismo fiasco che la parola indigena flop per definire un insuccesso. Forestierismo del tutto inutile e fastidioso.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Il successo di flop è dovuto in parte al solito snobbismo, in parte alla necessità d'usare una parola breve nei titoli di giornale, in parte alla vicinanza fonica all'onomatopea plop!, che designa «il rumore di un corpo che cade in un liquido» (in genere si associa a un tipo di «corpo» particolare; non entro nei dettagli…).

Nessuno di questi motivi regge. Quello snobbistico si smonta, per cosí dire, da solo. Il bisogno di brevità nei titoli, poi, non richiede a ogni costo un anglicismo: basta sforzarsi un po' di piú e si trova una soluzione pienamente italiana. Quanto all'onomatopea, non credo che una parola, per essere efficace, deva per forza alludere a qualche suono.
Jonathan
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Intervento di Jonathan »

Carnby ha scritto:Azzarderei a dire che nei Paesi anglofoni si usa oggi più l'italianismo fiasco che la parola indigena flop per definire un insuccesso.
Verissimo. Fiasco ha tra l'altro un'espressività sconosciuta al misero flop. Una provocazione: che gli anglofoni abbiano oggi un orecchio migliore del nostro?
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Verissimo al quadrato!
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Intervento di SinoItaliano »

Analogamente in Italia si usa blitz, mentre in Germania si usa razzia.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

SinoItaliano ha scritto:Analogamente in Italia si usa blitz, mentre in Germania si usa razzia.
I tedeschi usano la parola italiana razzia invece di dire blitz, così come gli anglosassoni usano magari fiasco invece di flop?
Ma allora possiamo dire che tutto il mondo è paese?
:wink:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí e no: sí perché gli esotismi in tutte le lingue sono percepiti come sciccherie; no perché il tasso di forestierismi usati oggi in italiano è di molto superiore a quello delle altre lingue, almeno le lingue sorelle (poi il tedesco può benissimo accogliere anglicismi senza grandi traumi, come noi possiamo accogliere iberismi).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Freelancer ha scritto:I tedeschi usano la parola italiana razzia invece di dire blitz, così come gli anglosassoni usano magari fiasco invece di flop?
Non saprei: il Langenscheidt mi dà blitz ≠ Blitz — Il blitz = die Blitzaktion / der Blitz = il fulmine. Non so quanto sia attendibile il Wiktionary tedesco, ma effettivamente die Razzia sembra avere un significato simile a quello che in italiano ha il germanismo blitz: «incursione militare» (militärischer Streifzug).
Marco1971 ha scritto:il tedesco può benissimo accogliere anglicismi senza grandi traumi
Non sono molto d'accordo: in un dizionario Langenscheidt ho trovato, come locuzione per «spiegare» la presenza del dittongo [aı] in tedesco, Midlife-crisis. A parte il fatto che bastava il normale dittongo della lingua tedesca che qual dizionario trascriveva con /ai/ (con tanto di «barchetta» sotto), è chiaro che un'espressione del genere nella lingua tedesca è del tutto inutile e non è conforme alle regole fonotattiche dell'idioma stesso. Per il parlante tedesco medio inoltre l'inglese non è una lingua germanica bensì una lingua mista (Englisch ist gemischt, dicono loro) germanico–romanza.
Ultima modifica di Carnby in data mer, 09 mag 2012 23:22, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Che sia inutile, è verissimo; che non rientri nella fonotassi del tedesco, invece, mi stupisce (e sí che ho studiato questa lingua per oltre tredici anni...).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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