Tre passi, in particolare, mi hanno colpito, per la franchezza con cui il presidente esprime le sue opinioni:
- Lei ha condotto degli studi sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana. Quali lingue influenzano maggiormente l’italiano?
Ovviamente l'inglese, un po' perché la cultura americana è dominante, un po' perché una certa quantità di italiani ha la testa in America e non capisce più niente che non sia americano. Una reazione che a volte sembra degna di individui sottosviluppati e senza una propria storia.
- Credo che la lezione migliore sia guardare agli altri europei neolatini. Possiamo confrontarci con Francia, Spagna e Portogallo. Così potremo superare il complesso di essere stati fascisti dal 1922 al 1943. In questo modo, forse, ci renderemo conto che sentire la dignità della propria lingua non vuol dire necessariamente essere fascisti, anzi il contrario.
- Oggi, però, la nostra classe dirigente mi pare qualitativamente assai modesta, culturalmente povera, e fra l'altro subisce con una passività esasperante l'egemonia della cultura americana e anglosassone in generale, dimostrando non solo di non saper difendere la propria lingua e la propria cultura (che spesso non ama e poco conosce), ma anche dimostrando di non saper apprezzare grandi conquiste europee, come le idee illuministe e lo stato sociale. Sinceramente, la classe dirigente italiana è spesso manchevole, poco colta, bigotta, esterofila in modo superficiale e allo stesso tempo radicata nel suo provincialismo.