La tutela dell’italiano a «Otto e mezzo»

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Moderatore: Cruscanti

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Animo Grato
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La tutela dell’italiano a «Otto e mezzo»

Intervento di Animo Grato »

Mirabile visu, ieri sera la televisione italiana (quella cosiddetta "generalista") s'è fugacemente interessata alle sorti del nostro bistrattato idioma. Tutto ciò è accaduto nel corso della puntata di Otto e mezzo, che vedeva ospiti della Lilli nazionale la giornalista del ( :wink: ) Fatto Quotidiano Silvia Truzzi, il vicepresidente del FAI Marco Magnifico e il sottosegretario del ministero degli affari esteri Mario Giro. Prevedibilmente, la necessità di tutelare il nostro patrimonio linguistico è stata ribadita ricorrendo a qualche anglicismo di troppo ("Può essere un bìznes!", conclude entusiasticamente il sottosegretario Giro), ma almeno se n'è parlato.
Metto qui sotto il collegamento (la parte interessante arriva più o meno fino al minuto 23):
https://www.youtube.com/watch?feature=p ... YH78#t=917
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Grazie, Animo Grato! Sono convinto che se ci fosse un po' più di libero arbitrio nel mondo, se gli studenti fossero liberi di studiare la lingua che più gli aggrada, questo con la possibilità legale di rifiutare lo studio dell'inglese per motivi personali, il quadro attuale verrebbe ribaltato.
Io nella mia lingua ci credo.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

sempervirens ha scritto:la possibilità legale di rifiutare lo studio dell'inglese per motivi personali
Non capisco il perché: viviamo in un mondo in cui l'inglese va conosciuto e questo non contrasta con lo studio e il rispetto dell'italiano e del vernacolo o del dialetto locale. Tra l'altro, la migliore conoscenza dell'inglese aiuterebbe a non compiere certi errori grossolani e a importare forestierismi inutili, pronunciati male o con significato differente dalla lingua d'origine.
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Carnby ha scritto:
sempervirens ha scritto:la possibilità legale di rifiutare lo studio dell'inglese per motivi personali
Non capisco il perché: viviamo in un mondo in cui l'inglese va conosciuto e questo non contrasta con lo studio e il rispetto dell'italiano e del vernacolo o del dialetto locale. Tra l'altro, la migliore conoscenza dell'inglese aiuterebbe a non compiere certi errori grossolani e a importare forestierismi inutili, pronunciati male o con significato differente dalla lingua d'origine.
Mi riferivo alla seconda lingua.
Vivendo in Giappone da venti anni ho avuto modo di parlare con tanti Giapponesi e, mi creda, molti di loro non digeriscono il fatto di dover essere obbligati a parlare la lingua di chi li bombardò con due bombe atomiche.

Provi ad andare a questi T.G.I.F o altri ritrovi per beoni sparsi nelle città principali e potrà vedere, se lì vicino c'è una base militare americana - e c'è di sicuro!- , cos'è che intendono per libertà di comunicazione i giovani esemplari maschi in servizio militare.

Mi risulta che intorno a tutte le basi militari all'estero (Le lascio indovinare di quale Paese parlo), l'andazzo è sempre lo stesso: nessuno adattamento, o quasi inesistente, del personale espatriato con la lingua del posto. Eh già, guai ad abbassarsi a parlare la lingua del posto!

Personalmente sono contento che in Etiopia, In Somalia e in Libia si continui a parlare le lingue locali e che la lingua italiana non si sia imposta ad esse.

Ad altri Paesi è andata peggio. No, il mio concetto di lingua internazionale è ben diverso da quello che pensano le altre persone.

Lingua internazionale sì. Inglese no. :evil:
Ultima modifica di sempervirens in data lun, 26 ott 2015 11:52, modificato 1 volta in totale.
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AttritoLinguistico
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Intervento di AttritoLinguistico »

https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_fr ... diterranea

Sì all'apertura dei licei in lingua italiana all'estero, specialmente nei paesi intorno al nostro: l'italiano deve diventare la lingua franca dei porti mediterranei come una volta. :P
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Sempervirens deve soffrire molto con l'altissimo numero di anglicismi presenti in giapponese, molti di più che in italiano.
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Brazilian dude ha scritto:Sempervirens deve soffrire molto con l'altissimo numero di anglicismi presenti in giapponese, molti di più che in italiano.
Brazilian dude, lei mi punzecchia... :lol: Beh, nel giapponese ci sono tante parole -foneticamente stravolte- dell'inglese sì, ma ce ne sono tante altre del francese, dell'italiano, del portoghese, dello spagnolo, del tedesco, e di altre lingue ancora, quindi il fenomeno è molto meno fastidioso. E guardi, i suoni delle parole inglesi si adattano subito subito alla fonotassi giapponese, giacché il loro sillabario livella drasticamente la forma e il suono delle parole che entrano nel loro lessico. Cosa che mi augurerei che accadesse permanentemente anche nell'italiano. C'è da dire anche che loro non sono come magnetizzati ad usare esclusivamente anglicismi: usano la parola che più fa comodo sul momento, e se poi attecchisce allora diventa parte del parlato.

Le posso anche dire che se dipendesse da loro, molti vorrebbero che i loro figli cominciassero a studiare fin dalle scuole primarie, se non nelle strutture prescolastiche, una lingua che non sia l'inglese.
Ultima modifica di sempervirens in data mar, 05 gen 2016 8:32, modificato 1 volta in totale.
Io nella mia lingua ci credo.
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u merlu rucà
Moderatore «Dialetti»
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Intervento di u merlu rucà »

Se la Maginot avesse retto, probabilmente si userebbe ancora il francese...
Largu de farina e strentu de brenu.
sempervirens
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Iscritto in data: gio, 23 apr 2015 15:14

Intervento di sempervirens »

u merlu rucà ha scritto:Se la Maginot avesse retto, probabilmente si userebbe ancora il francese...
Il che mi avrebbe fatto molto meno dispiacere; La lingua francese è parente di quella italiana.

Facendo altre congetture, non tanto per fantasticare a vuoto ma per avere l'occasione di far conoscere pezzi di storia a tutti noi; se in America lo studio delle lingue straniere non fosse stato vietato fino al 1923, oggi avremmo un altro quadro della situazione, magari colà l'inglese conviverebbe con il tedesco, l'italiano, il francese e altre lingue, innescando lo stesso processo in Australia e paesi simili.

Grottesco pensare che da noi si battibeccava ai tempi del fascismo sull'italianizzazione di parole straniere, e particolarmente di quelle inglesi, quando quasi contemporaneamente in America veniva vietato lo studio di tutte le lingue con l'unica eccezione di quella inglese.

http://blog.esl.it/blog/imparare-le-lin ... ccellenza/

Personalmente sono fiero che in Italia abbiamo molte isole linguistiche di popolazioni da noi accolte nella nostra lunga storia.

Nel cassetto dei miei sogni c'è questo mai improbabile avvenimento futuro: Che si ritorni allo studio dei dialetti , contemporaneamente allo studio della lingua nazionale. Poi si passi a vietare l'attuale imposizione dell'inglese come unica via di comunicazione internazionale, e concedere il libero arbitrio agli studenti o ai genitori nel caso di bambini.
Ecco, invece di imporre l'inglese nelle testoline dei bambini proverei ad introdurre semmai nell'insegnamento scolastico il metodo Paderborn, o altri di validi.
Io nella mia lingua ci credo.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Un po' utopistico. Secondo me deve esistere il giusto mezzo.
Perplessa anche sul "libero arbitrio" dei bambini e dei genitori: ultimamente si sta dimenticando un po' il bambino come "soggetto di diritto", a favore dei sovrani diritti dell'individuo adulto (nella fattispecie, di essere genitore, di avere figli, di dirigerne la vita etc.), che in questo caso finirebbe per prevaricare sul diritto del bambino, incapace di "difendersi".
Teoricamnete, è lo stato che difende il diritto di tutti, e soprattutto dei soggetti deboli.
E sicuramente, nell'interesse del bambino è innanzitutto quello di imparare a comunicare con una lingua condivisa da chi gli sta attorno, e magari anche dalla comunità politica (nel senso greco del termine) a cui appartiene. Questo primariamente va tutelato.

Il rischio, dall'altro lato, è di "aprire" non solo a diritti genitoriali apparentemente leciti (che so, insegnare al figlio anche la lingua dei nonni), ma a qualsiasi sghiribizzo venga in mente all'adulto di turno, in nome del suo "sacrosanto diritto" di decidere per il figlio (es.: nutrirsi di sola lattuga, rifiutare cure salvavita di routine come la trasfusione etc.; la china da discensere è lunghissima, se si guarda al panorama di tutte le culture che l'Uomo ha sviluppato nella sua storia).
AttritoLinguistico
Interventi: 21
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Intervento di AttritoLinguistico »

Ha ragione al cento percento. In un mondo dove alcune statistiche dicono che circa il 30% di persone là fuori ha una malattia mentale (perciò anche genitori) lo stato deve tutelare i diritti dei bambini in maniera migliore.
Ultima modifica di AttritoLinguistico in data mer, 28 ott 2015 8:42, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Infarinato
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Intervento di Infarinato »

AttritoLinguistico ha scritto:Hai ragione al cento percento.
Regola n. 10! :evil:
sempervirens
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Iscritto in data: gio, 23 apr 2015 15:14

Intervento di sempervirens »

domna charola ha scritto:...condivisa da chi gli sta attorno, e magari anche dalla comunità politica (nel senso greco del termine) a cui appartiene. Questo primariamente va tutelato.

....che so, insegnare al figlio anche la lingua dei nonni
Mah, mi sembra giusto che Lei esprima quello che meglio Le pare.

Io esprimo il mio parere e favorirei l'insegnamento della lingua dei nonni, dalla quale la lingua nazionale, l'italiano, potrebbe attingere vocaboli, evitando di far entrare quelli di una lingua straniera a noi storicamente lontana se non foneticamente e graficamente ostile (se parliamo dell'inglese), che non è quella condivisa dall'intera comunità bensì quella impostasi, cioè la lingua dei colonizzatori. Accettare di continuare passivamente a parlare questa lingua come mezzo di comunicazione internazionale per me significa accettare di essere marchiati. Io non mi sento marchiato e quindi cerco di parlare il più possibile le lingue del luogo. Direi che sono scelte personali.

Comunque, vista l'improbabilità che io possa diventare Ministro dell'Istruzione, Le rassicuro che il mio modo di pensare non potrà cambiare l'andazzo del mondo, quindi non si preoccupi, l'inglese continuerà ad essere trapiantato nelle testoline dei bambini. E pure i bambini di quelle centinaia di Paesi che hanno conosciuto la colonizzazione dovranno continuare ad essere obbligati a studiare la lingua di chi li ha colonizzati, sfruttati e schiavizzati.

P.S. Come vede ho cercato di rimanere sul tema linguistico. Sono stato tentato, su Suo esempio, di parlare di religioni, di cibo, di allevamento e di mucche alle quali è stato praticato un foro nel corpo affinché siano più produttive, di carne fritta e mangiata di primo mattino, di "Uccidi l'indiano e lascia l'uomo", di vesti e di vestiti, di schiavismo e di Liverpool, della Luna e del messaggio dei primi astronauti, di Malta, di Cipro e Gibilterra, della lingua Urdu, di governo e di Ustica, ma poi, capirà, ho desistito. :(
Io nella mia lingua ci credo.
AttritoLinguistico
Interventi: 21
Iscritto in data: sab, 17 ott 2015 18:14

Intervento di AttritoLinguistico »

Infarinato ha scritto:
AttritoLinguistico ha scritto:Hai ragione al cento percento.
Regola n. 10! :evil:
Ho modificato. :lol:
domna charola
Interventi: 1633
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Intervento di domna charola »

Per "condivisa da chi gli sta attorno" mi riferivo ovviamente all'italiano, visto che stiamo parlando di insegnamento in Italia a bambini italiani.
Di fatto, sino a che la comunità non si esprimerà diversamente, resta valido il concetto di Stato Italiano, Costituzione e leggi italiane. Quindi, un bambino ha primariamente diritto di essere messo in grado di capire la lingua in cui tutto ciò è espresso, in maniera da poter interagire con tutto ciò correttamente ed efficacemente (anche per criticarlo, rovesciarlo etc.).

Il resto (la lingua dei nonni), appunto, rientra nelle convinzioni personali, non dimostrabili e quindi tutte valide.
Fatti due conti, per me resta utopistico.
Tanto per cominciare, personalmente ringrazio che non abbiano voluto insegnarmi "la lingua dei nonni", visto che oltre che l'italiano avrei dovuto imparare anche il catanese, il valsabbino e il veneziano. Insomma, sono negata per le lingue, e per me sarebbe stato veramente troppo.
D'altra parte, come gestire un'eventualità del genere?
Se i miei figli dovessero impegnarsi a studiare anche la lingua locale, quale offerta didattica troverebbero? Abito a Milano, e sinceramente, che parlino una lingua straniera come il milanese, non mi interessa né lo desidero. Vorrei una classe di veneziano, come prima scelta possibile, perché è la lingua dei nonni con cui ho interagito maggiormente e con cui mi identifico; ma loro sceglierebbero la stessa cosa? Questi "nonni" non li hanno mai conosciuti né sentiti parlare. Avrebbe ancora senso imporre loro un idioma alieno? O sarebbe meglio lasciare che siano loro a scegliere?

Domande difficili, che mi riprtano a una considerazione a monte: le "lingue dei nonni" erano/sono tanto belle, e continuano a vivere, laddove esiste una comunità che le sente proprie e continua a usarle spontaneamente, sia pure nel tempo libero. Laddove quella comunità si è dissolta (cercare un milanese doc a Milano è come cercare un panda), o ha perso la volontà di mantenersi tale, di identificarsi così, credo che tentare di rivificare artificiosamente con l'obbligo scolastico ciò che ormai è stato abbandonato, sia quantomeno discutibile.
Insomma, è come prendere una persona che si toglie un cappotto e lo butta nella spazzatura, per indossare un piumino tecnico. Ha senso inseguirlo per restituirgli il cappotto recuperato, e pretendere che continui a indossarlo di tanto in tanto? Il problema è tutto qui.

Prova ne è che, dove c'è ancora coscienza viva dell'appartenenza, la lingua locale è parlata correntemente, e i bambini la imparano per strada, senza bisogno di scuole. A Venezia, anche un professore universitario non si vergogna, né si vergognava, di saper parlare anche il veneziano. In altre parti d'italia, ciò non è avvenuto. Perché?
E' questo, secondo me, il punto fondamentale, il nodo da sciogliere.
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