Condizionale: modo o tempo?

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Marco1971
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Condizionale: modo o tempo?

Intervento di Marco1971 »

Alcuni linguisti/grammatici considerano il condizionale come un tempo dell’indicativo invece che un modo a sé stante. Fra questi, Grevisse in Le bon usage [§ 738] (traduco):

«Per tradizione si considera il condizionale come un modo. Con diversi grammatici si può ritenere che esso sia, in realtà, un tempo (un «futuro ipotetico») dell’indicativo. In particolare, quando esprime il «futuro del passato» e il «futuro anteriore del passato», esso appartiene in maniera incontestabile all’indicativo.»

Forse hanno ragione loro. Ma classificare il condizionale come un tempo dell’indicativo sulla sola base di uno tra i suoi svariati usi mi sembra alquanto leggero. D’altra parte, bisognerebbe chiarire il senso e il valore di un raggruppamento di vari tempi sotto l’etichetta «modo». Se ci si attiene alla tradizione, si dirà che l’indicativo è il modo della certezza, della realtà, ecc. Ma si può facilmente obiettare che l’imperfetto e il futuro, per esempio, possono esprimere incertezza.

Voi che ne pensate?
ann
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Intervento di ann »

E' un "problema su cui avevo già discusso su un forum di traduttori francesi :
http://forum.lokanova.net/viewtopic.php ... &start=120
(pagine 8-9)
Citavo anch'io Grévisse ma andavo un po' più lontano nella citazione! : "Le conditionnel a longtemps été considéré comme un mode (du moins pour certains de ses emplois, car on distinguait suvent un conditionnel-temps (de l'indic.) et un conditionnel-mode). Les linguistes s'accordent aujourd'hui pour le ranger parmi les temps de l'indicatif, comme un futur particulier, futur dans le passé ou futur hypothétique. On notera 1. que le conditionnel n'est pas propre à un type de phrase: comme l'indicatif, il apparait dans les phrases énonciatives, interrogatives et exclamatives; 2. que, dans les propositions, il est toujours possible quand l'indicatif futur est admis; il dit qu'il ira / il a dit qu'il irait. [...] "
modo e tempo sono semplicemente delle etichette, e il fatto che il condizionale possa in tanti casi esere messo al posto di altri tempi dell'indicativo opponendolo ad altre costruzioni che prendono il congiuntivo mi pare sufficiente.
pile ou face?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie, ann, della segnalazione. Ho letto la discussione e mi schiero con l’utente Sisyphe, di cui condivido l’argomentazione.

Riguardo a Grevisse (mi hanno detto che va scritto senza l’accento), lei deve avere un’edizione piú recente della mia (9ème édition), il che spiegherebbe le differenze nel testo della citazione.

A me non pare affatto sufficiente l’argomento da lei addotto: nelle seguenti frasi sono possibili indicativo, congiuntivo e condizionale, con sfumature diverse:

1. Elle désire acheter un livre qui contient toutes les règles. (Desidera acquistare un libro che contiene tutte le regole.)
2. Elle désire acheter un livre qui contienne toutes les règles. (Desidera acquistare un libro che contenga tutte le regole.)
3. Elle désire acheter un livre qui contiendrait toutes les règles. (Desidera acquistare un libro che contenesse/conterrebbe tutte le regole.)

Si vede bene che l’informazione trasmessa dipende, appunto, dal modo in cui il parlante percepisce la realtà enunciata.
ann
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Intervento di ann »

Sapevo che avrebbe pensato come Sisyphe (infatti per quanto riguarda la grammatica devo ammettere che sono molto "grevissiana" - ha ragione, non si mette l'accento... - e qualche volta pure abbastanza "generativista" - ho lavorato molto tempo in un gruppo che dipendeva di quello di Maurice Gross e... devo pure difendere il modello "sincronico" dei miei maestri per permettere delle "discussioni discusse"...)
nell'esempio datto è vero, il condizionale dà la stessa sfumatura del congiuntivo (chi sa se non è un tempo del congiuntivo allora :wink: ) ma è possibile generalmente esclusivamente quando anche altri tempi dell'indicativo sono possibili (secondo me, allo stesso modo del congiuntivo porta in sè l'idea dell'eventualità senza essere per tanto un modo)
je veux qu'il vienne
*je veux qu'il vient
*je veux qu'il viendrait

je ne crois pas qu'il vienne
*je ne crois pas qu'il vient
*je ne crois pas qu'il viendrait
pile ou face?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Mi scusi se protraggo ancora un po’ questa discussione. Non mi è chiaro se, nel dire «il condizionale dà la stessa sfumatura del congiuntivo», lei si riferisca al francese o all’italiano (nei miei esempi). Nell’un caso come nell’altro, mi dispiace di dover dissentire:

Nella frase 2 il congiuntivo esprime «lo scopo da raggiungere, l’intenzione» (cfr Grevisse, appunto — sempre nella mia edizione, § 1013 —, il quale sembra però contraddirsi quando dice: «Le verbe de la relative peut être au subjonctif, à l’indicatif, au conditionnel ou à l’infinitif»; qui sembra considerare il condizionale come un modo).

Nella frase 3 il condizionale esprime «un fatto ipotetico, eventuale o immaginario» (stesso paragrafo, punto c).

In italiano esiste una differenza tra «un libro che contenesse» e «un libro che conterrebbe». Ovviamente in entrambi i casi c’è la nozione di dubbio; ma con «contenesse» esprimo la «tensione verso», con «conterrebbe» prendo le distanze e sottintendo «se esistesse/se fosse possibile».

Riguardo alle frasi con vouloir, non ci piove, le altre due sono agrammaticali; quelle con croire, invece, non mi sembrano agrammaticali:

Je ne crois pas qu'il vient souvent ici secondo lei non è accettabile?

E Je ne crois pas qu'il viendrait (même si l’entrée était gratuite/si j’étais là/etc.) le sembra agrammaticale?

Grazie in anticipo.
ann
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Intervento di ann »

Marco1971 ha scritto:Mi scusi se protraggo ancora un po’ questa discussione.
mi fa piacere poiché mi fa pensare... anche se adesso è ora di preparare la cena...
Marco1971 ha scritto: Non mi è chiaro se, nel dire «il condizionale dà la stessa sfumatura del congiuntivo», lei si riferisca al francese o all’italiano (nei miei esempi). Nell’un caso come nell’altro, mi dispiace di dover dissentire:

Nella frase 2 il congiuntivo esprime «lo scopo da raggiungere, l’intenzione» (cfr Grevisse, appunto — sempre nella mia edizione, § 1013 —, il quale sembra però contraddirsi quando dice: «Le verbe de la relative peut être au subjonctif, à l’indicatif, au conditionnel ou à l’infinitif»; qui sembra considerare il condizionale come un modo).

Nella frase 3 il condizionale esprime «un fatto ipotetico, eventuale o immaginario» (stesso paragrafo, punto c).

In italiano esiste una differenza tra «un libro che contenesse» e «un libro che conterrebbe». Ovviamente in entrambi i casi c’è la nozione di dubbio; ma con «contenesse» esprimo la «tensione verso», con «conterrebbe» prendo le distanze e sottintendo «se esistesse/se fosse possibile».
Pensavo esclusivamente al francese
elle désire un livre qui contient des images
presuppone che questo libro esiste effettivamente e che contiene delle immagini.
elle désire un livre qui contienne des images
presuppone che questo libro è un libro che non esiste/non conosce ma che la condizione è che contega delle immagini
elle désire un livre qui contiendrait des images
stesso senso del congiuntivo
Marco1971 ha scritto:Riguardo alle frasi con vouloir, non ci piove, le altre due sono agrammaticali;.
volevo solo dire che
il caso congiuntivo OK indicativo (generalmente futuro) OK condizionale OK esiste
il caso congiuntivo NO indicativo OK condizionale OK esiste
ma il caso congiuntivo OK indicativo NO condizionale OK non mi sembra che esista...
Marco1971 ha scritto: quelle con croire, invece, non mi sembrano agrammaticali:

Je ne crois pas qu'il vient souvent ici secondo lei non è accettabile?

E Je ne crois pas qu'il viendrait (même si l’entrée était gratuite/si j’étais là/etc.) le sembra agrammaticale?
Grazie in anticipo.
Ho scelto delle frasi che creano un problema di differenza orale/scritto (e un cambiamento in corso) - senza volerlo :oops:
infatti le frasi che cita sono grammaticali, e si sentono spesso e credo che la regola croire/penser/imaginer + indicativo con frase affermativa e con frase negativa (o interrogativa con pronome dopo il verbo) + congiuntivo sia una regola che sta cambiando...

Ho cercato in "grammaire transformationnelle du français: le verbe" di M. Gross una spegiazione sua a questo fatto, considera come pensavo il condizionale come un tempo dell'indicativo ma non lo giustifica (credo che questa scelta si giustifichi per loro con le transformazioni possibili di cui parlava all'inizio)

Per le contraddizioni in Grevisse non mi sembra strano: non potrei giurare ma sicuramente nelle prime edizioni il condizionale era un modo e non un tempo, avrà cambiato la parte sul condizionale senza verificare tutto il libro (ho la 12a edizione)
pile ou face?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

ann ha scritto: Pensavo esclusivamente al francese
elle désire un livre qui contient des images
presuppone che questo libro esiste effettivamente e che contiene delle immagini.
elle désire un livre qui contienne des images
presuppone che questo libro è un libro che non esiste/non conosce ma che la condizione è che contega delle immagini
elle désire un livre qui contiendrait des images
stesso senso del congiuntivo
Ma allora lei non è d’accordo con Grevisse, che stabilisce una netta distinzione tra congiuntivo e condizionale nel capitolo delle relative (§ 1013, non so se sia uguale nella dodicesima edizione).
ann ha scritto:volevo solo dire che
il caso congiuntivo OK indicativo (generalmente futuro) OK condizionale OK esiste
il caso congiuntivo NO indicativo OK condizionale OK esiste
ma il caso congiuntivo OK indicativo NO condizionale OK non mi sembra che esista...
Potrebbe fornire degli esempi concreti? Cosí non ci vedo molto chiaro...
ann ha scritto:Ho scelto delle frasi che creano un problema di differenza orale/scritto (e un cambiamento in corso) - senza volerlo :oops:
infatti le frasi che cita sono grammaticali, e si sentono spesso e credo che la regola croire/penser/imaginer + indicativo con frase affermativa e con frase negativa (o interrogativa con pronome dopo il verbo) + congiuntivo sia una regola che sta cambiando...
Non vorrei essere monotono, ma sempre Grevisse (§999b):

« N.B. Un verbe d’opinion ou de perception dans une principale négative, interrogative ou conditionnelle, n’appelle pas nécessairement le subjonctif dans la subordonnée ; l’indicatif est demandé si c’est la réalité du fait qu’on veut exprimer (pour exprimer l’éventualité, on met le conditionnel : voir ci-après, c)... »

Il «cambiamento» sembra in corso da un bel po’... E ci sono esempi letterari:

« Vous ne croyez pas que c’est une imprudence ? » (M. Arland)
« Je ne crois même pas que l’on pourrait lui reprocher une distraction. » (G. Duhamel)
ann ha scritto:Ho cercato in "grammaire transformationnelle du français: le verbe" di M. Gross una spegiazione sua a questo fatto, considera come pensavo il condizionale come un tempo dell'indicativo ma non lo giustifica [...]
Senza spiegazione si può sostenere qualsiasi teoria...
ann ha scritto:Per le contraddizioni in Grevisse non mi sembra strano: non potrei giurare ma sicuramente nelle prime edizioni il condizionale era un modo e non un tempo, avrà cambiato la parte sul condizionale senza verificare tutto il libro (ho la 12a edizione)
Qui son con lei, è probabile.
ann
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Intervento di ann »

Marco1971 ha scritto: Ma allora lei non è d’accordo con Grevisse, che stabilisce una netta distinzione tra congiuntivo e condizionale nel capitolo delle relative (§ 1013, non so se sia uguale nella dodicesima edizione).
no non è uguale, nell'indice a condizionale nessuna pagina sul tema "relative" e a "relative" nella parte "temps et mode" niente sul condizionale... Quale è il titolo della parte?
Marco1971 ha scritto: Potrebbe fornire degli esempi concreti? Cosí non ci vedo molto chiaro...
sì, ci provo:

(1) il caso congiuntivo OK indicativo (generalmente futuro) OK condizionale OK esiste
è l'esempio dato da lei con relativa
tutti i tre sono possibili
(2) il caso congiuntivo NO indicativo OK condizionale OK esiste
esempio di Grevisse con il cambiamento nel "discours rapporté" dal presente al passato je dis qu'il viendra / j'ai dit qu'il viendrait o con la struttura ipotetica si je vais à Paris, je viendrai te voir / si j'allais à Paris je viendrais te voir
congiuntivo impossibile
ci sono anche diversi casi di congiunzioni che prendono futuro o condizionale cercherò domani non mi vengono in mente adesso
(3) e invece non ho mai incontrato una congiunzione che permetta l'uso di un condizionale e di un congiuntivo
ne una struttura che permetta esclusivamente congiuntivo e condizionale e nessun altro (!) tempo dell'indicativo.

spero di essere stata più chiara ?
Marco1971 ha scritto: Non vorrei essere monotono, ma sempre Grevisse (§999b):
« N.B. Un verbe d’opinion ou de perception dans une principale négative, interrogative ou conditionnelle, n’appelle pas nécessairement le subjonctif dans la subordonnée ; l’indicatif est demandé si c’est la réalité du fait qu’on veut exprimer (pour exprimer l’éventualité, on met le conditionnel : voir ci-après, c)... »
Il «cambiamento» sembra in corso da un bel po’... E ci sono esempi letterari:
« Vous ne croyez pas que c’est une imprudence ? » (M. Arland)
« Je ne crois même pas que l’on pourrait lui reprocher une distraction. » (G. Duhamel)
Certo, ed è ciò che mi piace in Grevisse, che cita sempre il contro-esempio ma suona abbastanza male quando scritto tutt'ora.
Mi pare però che gli esempi citati sono frasi di personaggi quindi non obbligatoriamente assunte (assumées non so se si dice così) dal narratore/autore

ann ha scritto:Ho cercato in "grammaire transformationnelle du français: le verbe" di M. Gross una spegiazione sua a questo fatto, considera come pensavo il condizionale come un tempo dell'indicativo ma non lo giustifica [...]
Marco1971 ha scritto: Senza spiegazione si può sostenere qualsiasi teoria...
perfettamente d'accordo (di fatto, Gross mette da parte la discussione anche perché secondo lui questo è troppo "semantico") ed è per ciò che ho lasciato i vecchi maestri (troppo facile evitare con pretesto che "non è questo l'importante"...)
pile ou face?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Cara ann, se dovessi rispondere punto per punto, saremmo qui fin sotto l’alba... Guardi bene nel Grevisse il capitolo dedicato alle frasi relative; dubito che ci sia una grande differenza da un’edizione all’altra.

Non capisco bene se il suo scopo sia di dimostrare l’«a-modalità» del condizionale o un altro, ma devo confessare che lei si esprime in maniera approssimativa, e dover cercare d’indovinare quel che lei vuol dire è, a lungo andare — me lo concederà —, piuttosto tedioso in questo contesto.

Lascio quindi per ora l’argomento a chi saprà portarlo avanti (qualora qualcuno ne sentisse la necessità).

Cordialmente.
ann
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Intervento di ann »

mi deve scusare infatti, era difficile scrivere una reflessione chiara su tale argomento preparando la cena, con diverse interruzioni ed in un italiano "stanco".
Ha ragione, di fatto non sono convinta né che il congiuntivo sia un tempo né che sia un modo poiché questa separazione non mi risulta molto chiara.
Per me non è cambiato molto nel fatto di "dovere" insegnare il condizionale parlandone come di un modo (fino a qualche anno fa) e come di un tempo poiché l'importante è di definire quando e come viene usato. E' vero che sopratutto per chi deve comparare le nostre due lingue e la differenza fra il vostro uso del condizionale passato e il nostro uso del condizionale presente risulta comodo il fatto di parlare del nostro condizionale presente come di un "futuro nel passato" e questo uso mi sembra particolarmente adatto per presentarlo come un tempo.
Il ragionamento sul OK/NO che facevo (e mi devo scusare ancora se non era molto chiaro) risulta di un'osservazione che ho avuto motivo di fare nelle mie lezioni, che molto spesso quando si incontra il condizionale si può incontrare anche il futuro o il presente, mai il congiuntivo (salvo casi in cui "tutto è possibile").
Ho letto tutta la parte sull'uso di modo/tempi nelle relative in Grevisse e mi sa proprio che la parte da lei citata è stata spostata o eliminata.
Ma spero anch'io che qualcun'altro avrà qualcosa da dire sull'argomento
pile ou face?
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ebbene, la parte spostata o eliminata, gliela ricopio, saltando l’abbondante esemplificazione.

« a) Le verbe de la relative se met au subjonctif :

1° Quand on marque un but à atteindre, une intention, une conséquence:

On envoya un courrier qui annonçât la victoire.

2° Quand l’antécédant contient un superlatif ou une expression de valeur analogue, formée au moyen d’un des adjectifs seul, premier, dernier, unique, suprême. Le subjonctif sert alors à apporter quelque tempérament à la valeur trop absolue de la principale, soit qu’il reste un certain doute dans l’esprit, soit qu’on veuille éviter de prendre un ton tranchant :

C’est l’unique poste que vous puissiez remplir.

3° Quand la relative restreint une proposition principale négative (de forme ou de sens), dubitative, interrogative ou conditionnelle :

Il y a peu d’hommes qui soient contents de leur sort.

4° Quelquefois quand la relative dépend d’une proposition au subjonctif ; il y a alors attraction modale ou bien — si l’on préfère cette explication — le second subjonctif se trouve amené par la même raison que le premier :

Pensez-vous que vous ayez affaire à un homme qui vende son suffrage ?

b) On emploie l’indicatif dans la relative toutes les fois qu’on exprime un fait dont on considère la certitude, la réalité :

J'ai mon Dieu que je sers.

c) Le verbe de la relative se met au conditionnel si l’on exprime un fait hypothétique, éventuel ou imaginaire :

Nous cherchons quelqu’un qui pourrait diriger le camp des réfugiés.

d) Le verbe de la relative se met parfois à l’infinitif... » [non interessa nella questione in oggetto.]

Possibile che la dodicesima edizione abbia fatto repulisti d’una sezione cosí importante?
ann
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Intervento di ann »

Molto interessante è infatti il cambiamento fra le due edizioni :
1063 : "le mode dans la proposition relative.
a) la relative est le plus souvent à l'indicatif [con una nota : Rappelons que le conditionnel est aujourd'hui rangé parmi les temps de l'indicatif: voir la note du par. 859]
[nessun commentono: seguono tre esempi senza nessun commento sulla differenza fra condizionale ed altre tempi dell'indicativo: è sicuramente una scelta "politica": quando il condizionale divente un tempo dell'indicativo non c'è bisogno di fare una distinzione (oppure si è reso conto che non era chiara...). Oppure questa distinzione è stata falta altrove, non ho avuto il tempo di rileggere tutta la parte sul condizionale]
b) le subjonctif se met dans les cas suivants.
1. quand la relative inclut une nuance de but [esempio]
2. Ordinairement quand l'antécédent contient un superlatif relatif ou un adjectif de sens analogue (seul, premier[...])
3. souvent, lorsque la relative se trouve après un tour négatif ou dans une phrase interrogative ou dans une proposition conditionnelle [...]
4. Le subjonctif s'introduit, par attraction, après un verbe au subjonctif [exemples]
5. Que je sache (que tu saches etc) est toujours au subjonctif [...]
c) l'infinitif sans sujet est employé dans des cas où la relative implique l'idée de devoir ou de pouvoir."
Finisce qui!

Mi sono ricordata ieri che avevo qualcosa su questo argomento in un libro di Wagner (La grammaire française tome II,1973, p.79), ho ritrovato la parte ieri sera, critica proprio con questo esempio i grammatici diacronisti : (lo scrivo in francese ma se qualcuno non capisce una parte e desidera una traduzione, la farò con piacere):
“En syntaxe, le recours à l'histoire intervient plus rarement [qu'en morphologie] mais d'une manière aussi irrationnelle, car elle aboutit neuf fois sur dix à compliquer inutilement des choses simples. La distinction étymologique entre un conditionnel "temps" et un conditionnel "mode" en est l'exemple. A l'exception du tiroir sache, tous ceux qui, en français moderne, se conjuguent s'emploient en proposition dépendante (subordonnée) comme en phrase indépendante. De ce point de vue le tiroir saurais ne se distingue pas des autres. Aucune raison ne plaide donc en faveur d'un saurais pourvu d'une double valeur à moins qu'on ne confonde « mode » et « modalité ». H. Yvon observait jadis justement que si l’on fait de je le dirais un « mode » il faudrait un faire un aussi de je le dirai par rapport à je le dis et de proche en proche on créerait autant de « modes » qu’il existe de tiroir ayant les mêmes propriétés syntaxiques ! Il est vrai qu’à l’inverse de ce qui se passe quand le verbe de la principale est aux tirois sais et ai su, l’emploi de la forme en -rais prévaut sur celle du futur si le verbe principal est aux tiroirs savais et su.
A il me dit (présent) - il m’a dit qu’il viendra / viendrait volontiers répond il me disait – il me dit (aoriste) qu’il viendrait volontiers. En réalité, présentée sous cette forme, la règle est fausse. Nombre d’exemples oraux tirés de nos fiches attestent qu’après l’imparfait une opposition entre viendra viendrais est possible et reflète donc une distinction que dans le style direct un locuteur observe entre je viendrais volontiers et je viendrai volontiers. Ne reste à part que le cas de l’aoriste, dans les énoncés narratifs. On peut poser que là seulement cette différence est neutralisée sous la forme en -rais . Dans il me fait croire qu’il rendrait l’argent on ne peut discerner si le référend de il a dit je rendrai ou je rendrais l’argent. Du moment donc qu’en dehors de cette exception saurai et saurais présentent en subordonnée une différence sensible, égale à celle qu’ils manifestent en indépendante, il n’est pas nécessaire de poser l’existence de deux saurais. [...] La linguistique synchronique déconcerte donc les historiens parce qu’elle les oblige à considérer le français – pris dans n’importe lequel de ses états – avec un regard neuf. Là est la source des mésententes qui ternissent les relations entre grammairiens. »


Ho lasciato la conclusione che trovo veramente molto vera (quante discussioni ho avuto con i colleghi diacronisti!!!)

La cosa molto interessante secondo me è questa "independenza" che il condizionale divide con gli altri tempi dell'indicativo, mentre il congiuntivo (salvo per "sache" / sappia) non può apparire che in una proposizione secondaria (relativa / subordinata)

:oops: Scusatemi per questo lunghissimo messaggio...

NB: per la differenza di senso / uso delle tre frasi citate per gli esempi di relativa Sisyphe ha risposto alla fine del link già dato, avrebbe voluto partecipare alla nostra discussione qui ma non conosce l'italiano.
pile ou face?
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non si capisce come sia possibile dissociare l’approccio sincronico da quello diacronico: lo «stato» d’una lingua in un determinato periodo è il frutto degli stadi precedenti e il passato continua a influire sul presente. L’analisi linguistica non può quindi, a parer mio, prescindere dalla storia (soprattutto per quanto riguarda l’italiano!).

Tornando all’argomento di questa discussione, vedo che Sisyphe interpreta le frasi come me e ribadisce lo statuto di modo del condizionale. E infatti, come si fa a dire che è un tempo fondandosi su considerazioni prettamente sintattiche? La definizione di «modo» parla chiaro:

«categoria del verbo che rappresenta l’atteggiamento del parlante nei confronti dell’azione enunciata» (GRADIT)

Ora si tratterebbe di capire qual è la definizione di «modo» per chi considera il condizionale come un tempo.
Avatara utente
Incarcato
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 12:29

Intervento di Incarcato »

Voglio premettere che quanto dirò è limitato alla sola lingua italiana.
Il francese che conosco mi ha permesso bensí d'intendere le vostre citazioni, tuttavia non me la sentirei di fare un'analisi comparata del condizionale nel francese e nell'italiano, per quanto possano le due lingue essere cugine al riguardo.

Detto questo, io credo che i dubbî che ci prendono quando ci chiediamo se il condizionale è un modo o meno derivino dall'anfibolia della parola modo.
Infatti con essa s'intende la categoria che aggruppa tutte le desinenze dei tempi verbali che appartengono appunto a quel modo, ma s'intende anche «l'atteggiamento che il parlante assume verso la sua stessa comunicazione» (Moretti-Orvieto 1983: 8, cit. in Serianni, Italiano, XI, 7). Se questa sovrapposizione di significati non esistesse, frasi del tipo: «disse che sarebbe partito» non sarebbero nemmeno possibili. Infatti qui la desinenza di III persona del modo condizionale è usata con funzione totalmente indicativa. Ma questo non è proprio del solo condizionale. Vale anche per l'indicativo nei confronti dell'imperativo (e.g. «Taci!») o per l'indicativo nei confronti del congiuntivo (e.g. l'uso desiderativo dell'imperfetto: «Desiderava?»); per non parlare della del tutto arbitraria definizione di modi data alle forme nominali del verbo. Quindi classe grammaticale e funzione semantica si sovrappongono, ma non si esauriscono l'una nell'altra.

Io penso, tuttavia, che questa sovrapposizione sia dovuta all'uso semantico preponderante che una classe grammaticale tende a svolgere nella lingua. Per esempio, l'indicativo – nella maggiornaza dei casi in cui ricorre – tende a constatare un fatto o presentare un evento come certo, o, quantomeno, nel presentarlo il locutore non lo interpreta ma si limita a porgerlo. Da ciò si è portati a ritenere che, sempre, i tempi appartenenti alla classe grammaticale indicativo svolgano funzioni indicative.

Cosí il condizionale, che ricorre meno frequentemente nella lingua, spesso presenta funzioni che non lo vedono come implicante un qualche condizionamento. Da ciò potrebbe nascere il dubbio se esso sia o no un modo. Io penso però che il condizionale sia modo tanto quanto lo è l'indicativo, e che l'indicativo lo sia tanto quanto lo è il condizionale.

(Mi fermo qui per non fare altri danni.)
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Incarcato ha fatto un’analisi brillante della questione. Bisogna sempre guardarsi da catalogazioni a compartimenti stagni e, quando c’è da catalogare, valutare quale sia la natura della maggior parte degli usi della forma verbale. Infatti, molti tempi dell’indicativo possono esulare dalla «definizione» dell’indicativo, senza per questo non far parte di tal modo (e gli stessi manuali di coniugazione che fanno del condizionale un tempo, nelle tabelle gli danno lo statuto di modo [penso all’ultima edizione del Bescherelle). Altrimenti non sarebbe proprio possibile alcun raggruppamento, e si seguirebbe il criterio poco efficace del «caso per caso».
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