«Lo sforzo autolesionista di demolire la nostra lingua»

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Ferdinand Bardamu
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«Lo sforzo autolesionista di demolire la nostra lingua»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

GFR ha scritto:Approfitto dell’occasione per segnalare l’intervento di Adolfo Scotto di Luzio sul Corrierone di oggi (pag 31, se non ricordo male) a proposito degli anglismi.
Colgo al volo questa segnalazione di GFR per riportarvi alcuni passi dell’articolo di Adolfo Scotto di Luzio, uscito oggi 27 gennaio 2016 a pagina 31 del Corriere della Sera (titolo: «Lo sforzo autolesionista di demolire la nostra lingua»). (La riproduzione è riservata, e dell’articolo non c’è traccia sul sito del quotidiano, perciò non posso trascriverlo per intero.)

Di Luzio prende spunto dall’assurdo uso dell’inglese («Join the Navy»!) sui manifesti della campagna di reclutamento della marina militare italiana, e se la prende, com’è giusto, con i pubblicitari che usano l’inglese come rimedio sempre buono per l’assenza d’idee:
  • Non c’è dimensione pubblica del nostro Paese, ormai, che non sia affidata a pubblicitari e creativi di ogni risma per i quali l’uso dell’inglese è diventato una specie di tic nervoso.
Il morbus anglicus da tragedia si è tramutato in farsa nell’uso, fatto dal ministero della pubblica istruzione, di quello che l’autore chiama, molto efficacemente, «un gergo monotonamente ripetitivo degno di un call center» (in questo caso il traducente per call center sarebbe suonato meno efficace, bisogna ammettere):
  • È un succedersi di Acceleration Camp, percorsi di accelerazione per stimolare lo spirito di intrapresa nei giovani. Ci sono i Contamination Lab, luoghi di contaminazione interdisciplinare. Le studentesse patiscono i confidence gap, il pregiudizio di genere in ambito scientifico e tecnologico. Il ministero risponde con «Girls in Tech & Science». Su questo linguaggio c’è poco da dire, se non che è refrattario a qualsiasi elaborazione intellettuale.
Di Luzio non si perita infine di fare strame dell’obbligo d’insegnamento in lingua straniera di una materia non linguistica alle superiori: «[U]n’idea […] da pezzenti culturali». Il problema è che «[s]i sottraggono […] al dominio dell’italiano contenuti culturali importanti e insieme si svilisce il valore di questi stessi contenuti». Una lingua qualunque essa sia, dovrebbe essere «un terreno sul quale sorgono […] pensieri e idee, sentimenti». Con quest’iniziativa, invece, si riducono sia l’italiano sia la lingua straniera a «un mero strumento», fatto di «parole generiche e vuote».
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Amen!
Ferdinand Bardamu ha scritto: Di Luzio non si perita infine di fare strame dell’obbligo d’insegnamento in lingua straniera di una materia non linguistica alle superiori.
Ma davvero è in vigore quest'obbligo demenziale? :shock:
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Si sta parlando di CLIL? Scusate, non mi sembrano idee da pezzenti culturali ma indicazioni e raccomandazioni che ci giungono dalla Commissione Europea in materia di istruzione e formazione, al fine di rispettare i criteri previsti per il 2020 dal programma Ripensare l'educazione :
http://www.indire.it/progetto/clil-cont ... -learning/.
Poi, si potrà discutere sulla prevalenza della lingua inglese sulle altre lingue veicolari, ma definirle idee-da-pezzenti...
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Grazie per il collegamento! Vi si legge anche qualcosa a proposito di un esoterico "repository delle esperienze": non aggiungo altro.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sixie ha scritto:Si sta parlando di CLIL? Scusate, non mi sembrano idee da pezzenti culturali ma indicazioni e raccomandazioni che ci giungono dalla Commissione Europea in materia di istruzione e formazione, al fine di rispettare i criteri previsti per il 2020 dal programma Ripensare l'educazione :
http://www.indire.it/progetto/clil-cont ... -learning/.
Poi, si potrà discutere sulla prevalenza della lingua inglese sulle altre lingue veicolari, ma definirle idee-da-pezzenti...
La ringrazio anch’io del collegamento. Non è però che un’idea che viene da un organismo (percepito come) autorevole sia necessariamente giusta, cara Sixie.

A me sembra che la definizione caustica usata da Adolfo Scotto di Luzio sia sostenuta da validi argomenti. Ma sarebbe bello sentire anche il suo parere di persona addentro al settore dell’istruzione.
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Non ho letto per intero l'articolo di A. Scotto di Luzio per poter stabilire che la sua tesi sia sostenuta da validi argomenti o meno, ma non è questo il punto.
Il CLIL, che non è obbligatorio attualmente nelle scuole superiori di secondo grado, non toglie nulla all'insegnamento della lingua italiana, semmai aggiunge competenze all'insegnamento/apprendimento delle lingue straniere.
Che è quanto auspicato dal programma comunitario per l'istruzione e la formazione, con obiettivi da raggiungere entro il 2020.
Si tratterebbe dell' insegnamento di una parte del programma di una disciplina scientifica, con l'ausilio della tecnologia multimediale, in una delle lingue europee maggiormente impiegate : il tedesco, il francese, lo spagnolo, il russo e anche ( ma non esclusivamente) l'inglese.
Era destinato, in origine, agli insegnanti di madrelingua in possesso di abilitazione per l'insegnamento della disciplina in oggetto; poi si era parlato di affidare il compito agli insegnanti di lingue straniere; poi si è deciso per gli insegnanti della disciplina con conoscenze scolastiche della lingua veicolare.
E su questo non sono assolutamente d'accordo, naturalmente.
Però l'idea era buona : insegnare filosofia in tedesco, storia in francese, geografia in russo...
italiano in inglese? :D
Forse, meglio, italiano in spagnolo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Mah, dalla sua descrizione le mie perplessità crescono ancor di piú. A che pro insegnare matematica in francese alle superiori? O biologia in russo? Che arricchimento porta agli studenti? Per insegnare qualcosa occorre avere una conoscenza piena della lingua che s’intende usare; che abilità linguistiche possono avere «insegnanti della disciplina con conoscenze scolastiche (!) della lingua veicolare»?

E poi: a che serve insegnare agli studenti delle superiori una materia scientifica in una lingua straniera, quando probabilmente la maggior parte di loro, a quell’età, non padroneggia i tecnicismi di quella materia nemmeno nella sua lingua madre? Non voglio arrogarmi il diritto di giudicare una cosa sulla quale ho soltanto informazioni parziali, ma da quel poco che so mi sembra che l’utilità di quest’operazione sia quanto meno discutibile.
sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Anch'io sono molto perplesso, e preoccupato.

Per dare pane al pane e vino al vino bisognerebbe insegnare Arte in greco, Matematica in arabo, Filosofia pure in greco, Storia in latino, ...

Che gran miscuglio di pozioni che si va preparando in quel dell'Europa!

Ma poi sostanzialmente io sono del parere che le lingue straniere non vanno fatte parlare ma lasciate che la gente le scelga e le parli spontaneamente. Vuoi per via della geografia, vuoi per altre ragioni personali. Io sono contro le imposizioni. Come ci sono persone alle quali la matematica rimane indigesta, così pure nel caso di una lingua possono esserci avversioni di una qualche natura. Che ne sappiamo noi? :x

Ci sono posti dove fa freddo e la gente ha sviluppato una lingua che permette loro di comunicare oralmente riducendo gli scambi di temperatura tramite l'aria emessa durante gli enunciati, quasi bisbigliando le parole. Ora gli vai a imporre di usare una lingua la quale ha molte parole ricche di vocali. Non è che si va ad incrementare i casi di polmonite nei bambini? Oppure, nel caso di altre lingue non trasparenti, di dislessia? O altri effetti collaterali ancora? Mah, sarà che me ne intendo poco ma a me pare una forzatura. Magari sbaglio di grosso e i fatti mi daranno torto.
Io nella mia lingua ci credo.
domna charola
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Intervento di domna charola »

Secondo me, didatticamente ha senso sviluppare nel corso di lingua vari argomenti, magari sfruttando l'interdisciplinarità, allo scopo di imparare a articolare discorsi complessi.

Ma le materie base funzionano meglio nella lingua di origine, in primo luogo perché si ha (si dovrebbe avere) già una maggiore competenza linguistica, e quindi riuscire a raffinare i ragionamenti e fare analisi più approfondite; in secondo luogo perché ogni materia ha un suo bagaglio di termini specifici, a cui si aggiungono quelli più prettamente tecnici, che viene acquisito proprio nel corso dello studio della materia stessa.
Se studio una materia in francese, mi forgio un lessico specifico che è in francese, e poi da questo devo risalire alla traduzione in italiano; però il mio cervello visualizzerà immediatamente - naturalmente - il termine francese, e poi cercherà di esprimerlo in italiano.
A me succede ogni qualvolta parlo relativamente a un campo tecnico in cui la letteratura specialistica non è nella mia lingua madre, e credo sia il movente di molti "specialisti" che infarciscono pigramente la nostra lingua di anglicismi.

Insomma, secondo me si tratta di suicidio linguistico in porzioni singole.
In atto si vede già da tempo. Ad esempio nel mio campo, tutti i geologi parlano di thrust, ripple, braided, chevron etc. etc., e poi, eventualmente, si impegnano a cercare un traducente. A volte si sorprendono quando lo usi, perché non riescono immediatamente a capire che ti riferisci al medesimo oggetto.
In compenso, non si ha alcuna difficoltà a parlare del nostro lavoro con uno straniero, proprio perché ormai c'è un codice internazionale condiviso.

Però, bisogna vedere se allo studente di scuola non universitaria possa servire di più nella vita di saper comunicare con uno straniero sulla filosofia greca, oppure di saperne discutere amabilmente e con proprietà di linguaggio in italiano, in quelle conversazioni libere in cui importante è saper pescare l'esempio significativo, la citazione, la frase celebre che si adatta alla circostanza.

Insomma, se la lingua non la insegni a scuola, non la insegni più...
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