Il passato remoto è obsoleto nella lingua parlata?

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zac
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Il passato remoto è obsoleto nella lingua parlata?

Intervento di zac »

Mi si è presentata la domanda discutendone con amici. Sono andato ad approfondire sulla Grammatica del Serianni e qui mi si dice che tutte le regole sul passato prossimo e remoto valgono solo per l'italiano letterario e per l'uso toscano, questo perchè i parlanti nell'Italia settentrionale e in parte in quella centrale tendono a non usarlo più (il passato remoto) . Resiste invece nell'Italia meridionale. Serianni sembra quindi rinunciare a dare delle indicazioni normative, si limita a registrare la scomparsa del passato remoto nell'uso dei parlanti (del nord); non capisco se sia sbagliato usarlo (nella lingua parlata) oppure se sia corretto usarlo a seconda di dove mi trovo ( al sud o al nord ) :) ....è obsoleto ?
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Federico
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Intervento di Federico »

Credo che Serianni intenda solo dire che l'uso del passato remoto rispetta le regole delle grammatiche solo in certe regioni e nell'uso sorvegliato, perché altrove si usa o moltissimo o quasi per nulla; da qui a dire che è obsoleto, ce ne corre...
Voglio dire: qui a Milano è normale dire «trent'anni fa ho comprato una caramella qui», ma se si usa il passato remoto mica si ricevono occhiate storte.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
zac
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Intervento di zac »

Io sarei per l'uso del passato remoto, quando è previsto, perchè la sua estinzione (nella lingua parlata) mi sembrerebbe un impoverimento delle possibilità espressive dell'italiano.
Quindi un'ipotetica grammatica normativa ne potrebbe raccomandare l'impiego nella lingua parlata?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non ci sono piú, le grammatiche normative: oggi si pensa che i parlanti siano cosí maturi, coscienti e sensati che non ne hanno piú bisogno. ;) E cosí, in assenza di punti di riferimento sicuri, si lascia che la lingua segua il suo corso indisturbato, come un giardino lasciato all’incuria...

Detto questo, tra il serio e il faceto, devo anche dire che la grammatica del Serianni offre una guida affidabilissima al miglior uso attuale della nostra lingua.

E quanto al passato remoto, lo usi senza remore quando va o andrebbe usato! :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
zac
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Intervento di zac »

Marco1971 ha scritto:Non ci sono piú, le grammatiche normative: oggi si pensa che i parlanti siano cosí maturi, coscienti e sensati che non ne hanno piú bisogno. ;) E cosí, in assenza di punti di riferimento sicuri, si lascia che la lingua segua il suo corso indisturbato, come un giardino lasciato all’incuria...
Infatti parlavo di un ipotetica grammatica normativa ....insomma se non si è capito oltre al dizionario normativo vorrei una grammatica normativa :) poi un diritto penale grammaticale :) :) scherzo , insomma la lingua è una convenzione se non ci sono delle regole che convenzione è… una lingua stabile permette la comprensione nello spazio e nel tempo.
Marco1971 ha scritto:E quanto al passato remoto, lo usi senza remore quando va o andrebbe usato! :)
quindi nessuno mi potrà dare dell'obsoleto :) ... comunque grazie (a tutti) per le risposte.

P.S. Però leggevo (Sole24 ore di qualche settimana fa un articolo di Coletti ) che c'è una proposta di legge per modificare la Costituzione e sancire l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica (se si può mettere il link: http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna ... IE1117.PDF )
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:Non ci sono piú, le grammatiche normative: oggi si pensa che i parlanti siano cosí maturi, coscienti e sensati che non ne hanno piú bisogno. ;) E cosí, in assenza di punti di riferimento sicuri, si lascia che la lingua segua il suo corso indisturbato, come un giardino lasciato all’incuria...
Sempre restando tra il serio e il faceto, (perché so che lei sa… :wink: ) si può dire che le attuali grammatiche continuano a essere normative, solo che le norme non sono più rigide come un tempo. Preso atto che la lingua cambia comunque, perché cambia la realtà nella quale è immersa, regole troppo rigide sarebbero semplicemente fuori dalla realtà.
Continuando l’esempio del giardino, le grammatiche attuali, invece di costringere la lingua in un troppo innaturale giardino all’italiana, preferiscono guidarla, e in parte assecondarla, come in un giardino all’inglese.

Venendo all’argomento specifico io consiglierei a zac di non andare avanti a testa bassa usando sempre e comunque lo stesso comportamento. Senza abbandonare le proprie inclinazioni si dovrebbe adattare la comunicazione al contesto.
In pratica, nel parlato e lo scritto colloquiale, al Nord, è consigliabile usare sempre il passato prossimo. In questo modo si continua a parlare italiano e si rispettano i vincoli sociolinguistici. Se ci trovassimo in determinate zone del Sud, si potrà largheggiare col passato remoto; in Toscana, ci si può riferire alla regola tradizionale.
Per lo scritto formale e il parlato sostenuto, entrambe forme di comunicazione più conservatrici, ci si può avvicinare maggiormente alla regola tradizionale.
Ma se lei si trova al Nord e nel parlato colloquiale applica le regole del parlato formale, usando il passato remoto, creerà un anormale distacco sociale con i suoi interlocutori.
Queste sono le regole ragionevoli suggerite implicitamente dalle migliori grammatiche moderne perché la risonanza coll’interlocutore è uno degli aspetti fondamentali della comunicazione.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

bubu7 ha scritto:Ma se lei si trova al Nord e nel parlato colloquiale applica le regole del parlato formale, usando il passato remoto, creerà un anormale distacco sociale con i suoi interlocutori.
Queste sono le regole ragionevoli suggerite implicitamente dalle migliori grammatiche moderne perché la risonanza coll’interlocutore è uno degli aspetti fondamentali della comunicazione.
A me sembra questo tipo di scelte debbano essere lasciate alla personalità, al carattere e all'inclinazione delle singole persone e delle situazioni in cui ci si ritrova. C'è chi ama sentirsi in sintonia con i suoi interlocutori, e c'è chi ama distinguersi. C'è anche chi ama isolarsi, non vuole affatto sentirsi in risonanza con nessuno, e, più si sente diverso da chi lo circonda, meglio sta. Mi sembra che la locuzione "anormale distacco sociale" contenga un giudizio di merito (quasi morale) che trovo un po' fuori luogo in un contesto in cui si parla di lingua e basta.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:In pratica, nel parlato e lo scritto colloquiale, al Nord, è consigliabile usare sempre il passato prossimo…
Beh, questo mi sembra francamente esagerato.

Se è senz’altro giusto che
bubu7 ha scritto:[s]enza abbandonare le proprie inclinazioni si dovrebbe [nei limiti del possibile] adattare la comunicazione al contesto
e che
bubu7 ha scritto:la risonanza coll’interlocutore è uno degli aspetti fondamentali della comunicazione[,]
mi sembra che dire che, «al Nord, è consigliabile usare sempre il passato prossimo» sia —lo ripeto— un po’ esagerato, ché questo (a seconda dell’individuo) potrebbe appunto significare «abbandonare le proprie inclinazioni» [e un parlare comunque «corretto»].

Io non rinuncerò certo a un passato remoto in piú (per il mio interlocutore settentrionale, ma perfettamente consono alla nostra tradizione letteraria) per «facilitare la comunicazione» (che non ne è comunque impedita) o per indulgere a un non ben giustificato camaleontismo sociale.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

giulia tonelli ha scritto: Mi sembra che la locuzione "anormale distacco sociale" contenga un giudizio di merito (quasi morale) che trovo un po' fuori luogo in un contesto in cui si parla di lingua e basta.
Ha ragione. Quello che ho scritto si poteva facilmente interpretare come ha sottolineato lei. Il fatto è che ho fuso, erroneamente, in quelle parole due concetti: il distacco sociale e il fatto che questo porti gl'interlocutori a considerarti strano.
Ha fatto bene a sollevarmi quest'obiezione che mi ha permesso di chiarire meglio il mio pensiero.
Grazie. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Uri Burton
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TEMPI VERBALI

Intervento di Uri Burton »

Agli appassionati di letteratura contemporanea o quasi potrebbe interessare il frequente uso del passato prossimo al posto del passato remoto come tempo narrativo che si riscontra negli autori moderni. Vedi Tempi verbali e narrativa italiana dell’Otto/Novecento, di Pier Marco Bertinetto, Alessandria: Edizioni dell’Orso, 2003.

Nota per chi risiede in Inghilterra: lo si può facilmente avere in (inter)prestito dalle biblioteche delle università di Oxford e Leeds e dello University College London tramite il sistema COPAC.
Uri Burton
zac
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Intervento di zac »

bubu7 ha scritto: Ma se lei si trova al Nord e nel parlato colloquiale applica le regole del parlato formale, usando il passato remoto, creerà un anormale distacco sociale con i suoi interlocutori.
l'anormale distacco sociale lo creo, purtroppo, semplicemente parlando in italiano nella mia regione (il Veneto) quindi un passato remoto in più non fa la differenza :)
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Federico
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Intervento di Federico »

Sarà, ma io non vedo tutto questo stupore quando uso un passato remoto «in piú».
Non bisogna comunque trascurare che nelle regioni dove si usa poco il passato remoto tale abbandono è sí dovuto a una concezione diversa dei tempi, ma è per cosí dire catalizzato dalla scarsa conoscenza dei passati remoti dei verbi che ne è seguita, e che fa spesso ripiegare sul passato prossimo per aggirare il rischio di un errore grammaticale.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Il passato remoto, nei dialetti dell'Italia settentrionale, è scomparso, grosso modo, nel corso del XIX secolo. In particolare, per quanto riguarda il ligure, vi erano persone anziane che lo usavano ancora intorno al 1940: una donna ricordava che da bambina (appunto negli anni '40) aveva sentito da una vecchia questa espressione: fui in campagna e poi me ne vensci (fui in campagna e poi venni via). Probabilmente, il non uso del passato remoto nell'Italia settentrionale, potrebbe dipendere (almeno in parte) dal fatto che la scolarizzazione di massa è iniziata dopo la scomparsa del passato remoto dai dialetti, ma quando ancora l'uso quotidiano del dialetto era prevalente sull'italiano.
olaszinho
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Località: Ostra (AN)

Intervento di olaszinho »

Rispolvero questo vecchio filone, per esternare e condividere tutta la mia meraviglia e la mia contentezza per aver udito, proprio ieri al telegiornale una signora Toscana, non proprio giovanissima per la verità, usare il passato remoto per raccontare un fatto accaduto la sera prima. Non pensavo che si usasse per eventi così vicini nel tempo, neppure in Toscana. Mi pare che l'uso toscano somigli moltissimo a quello dello spagnolo, per lo meno europeo.
Ho sempre considerato il passato remoto, il tempo verbale più ricco e vario del nostro sistema verbale, e la sua scomparsa dall'uso orale costituisce una perdita e una semplificazione considerevole. A questo proposito, non ho mai veduto nessuno stracciarsi le vesti per tale scomparsa, a differenza di quanto accade, per esempio, per il congiuntivo, il cui stato di diffusione è senz'altro migliore. A questo proposito, desidererei chiedere ai partecipanti di questo forum se usano il passato remoto nel parlato e in quali contesti. Do per scontato che coloro che vivono nel Nord Italia non lo usino affatto.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
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