Norma e registri

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Marco1971
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Norma e registri

Intervento di Marco1971 »

G.B. ha scritto: ven, 15 mag 2020 19:27 Che io sappia, in inglese, salvo eccezioni come well, good, l'uso avverbiale dell'aggettivo è scorretto [...]
Solo di passata per non creare un fuori tema, in inglese colloquiale (quindi corretto in quel registro) l’uso dell’aggettivo per l’avverbio è comune (ancor di piú nella variante americana). Riporto solo pochi esempi: Can you drive a bit slower?; You guessed right/wrong; I’ll get back as quick as I can; That was real nice; Don’t talk so loud, ecc.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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G.B.
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Re: Norma e registri

Intervento di G.B. »

Anche gli = a lei, [a] loro è «corretto comune» in italiano colloquiale, ma non è corretto in italiano [tutto] (concetto che il mio «in inglese <tutto>» sottintendeva). La norma, poi [cioè il discernimento corretto/scorretto], è teoricamente trasversale ad ogni registro: rispettabile in senso discendente, obbligatoria in senso ascendente (ci si avvicina al modello).
G.B.
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Ferdinand Bardamu
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Re: Norma e registri

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Tuttavia, sulla scorta di ciò che ha detto Marco per l’inglese, gli invariabile è corretto nel registro colloquiale, non soltanto comune, benché il rispetto della norma (formale) sia sempre possibile.

Anzi. In contesti colloquiali molto rilassati, in cui la sorveglianza della norma vien meno, direi che il rispetto delle regole valide per l’italiano formale non vige piú. Al contrario, direi quasi che sarebbe proprio il rispetto pedantesco della norma formale a fare storcere il naso: pensi per esempio a loro per il dativo plurale, ma anche alla costruzione dei casi obliqui della relativa con il/la quale o cui, per solito sostituiti, nei registri piú bassi, dal che polivalente.
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Marco1971
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Re: Norma e registri

Intervento di Marco1971 »

G.B. ha scritto: ven, 15 mag 2020 21:30 Anche gli = a lei, [a] loro è «corretto comune» in italiano colloquiale, ma non è corretto in italiano [tutto] (concetto che il mio «in inglese <tutto>» sottintendeva). La norma, poi [cioè il discernimento corretto/scorretto], è teoricamente trasversale ad ogni registro: rispettabile in senso discendente, obbligatoria in senso ascendente (ci si avvicina al modello).
La percezione del parlante comune è che ci sia una sola forma corretta, rappresentata dalla norma descritta nei dizionari e nelle grammatiche. Ma questo non è assolutamente vero: la correttezza dipende sempre dal contesto (veda gli esempi di Ferdinand qui sopra). Per l’inglese, visto che si partiva da lí, l’aggettivo usato avverbialmente (fuori di espressioni cristallizzate) è definito dal Swan (Practical English Usage, OUP) «informal use» e la lingua informale, la lingua comune e quella letteraria sono sí sfaccettature d’una stessa entità, ma in cui vigono regole diverse, ragion per cui non si può parlare di correttezza in senso assoluto.

Tra l’altro, in italiano, gli per loro o le è informale ma anche letterario e poetico, il che dimostra che certi usi possono appartenere a registri diversi, in cui hanno piena e irrefragabile cittadinanza. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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G.B.
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Re: Norma e registri

Intervento di G.B. »

Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 15 mag 2020 22:03 ...benché il rispetto della norma (formale) sia sempre possibile.
Doveroso! nel caso in cui si voglia raggiungere la norma piena (che appartiene necessariamente a un registro formale, cioè ufficiale [non poetico(*)]). Poi - è vero - prammaticamente la ricercatezza normale in un registro 'rilassato' o la sua opposta sciatteria in un registro formale comportano sí reazioni (non di maggior portata rispetto all'uso di equivalenti italiani in luogo di forestierismi acclimatati), ma, tutto sommato, io parlavo in linea teorica.
Marco1971 ha scritto: ven, 15 mag 2020 22:36 ...ma in cui vigono regole diverse, ragion per cui non si può parlare di correttezza in senso assoluto.
Io non parlerei tanto di regole (che connoterebbero un senso di 'prescrizione'), quanto di mero uso. E l'uso - abbiamo largamente appurato in queste stanze - non è [teoricamente] prescrittivo. Fatte le dovute precisazioni in materia di registri, il metro della 'correttezza' lo riserverei alla norma [ufficialmente] italiana.

____________________
(*) Non confonderei linguaggi e registri (trasversali ai primi); e cosí non fa Gianluigi Beccaria nel suo Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica (2004) alla voce 'registro':

[...] Si può parlare infatti dei seguenti livelli propri dell'uso linguistico, in successione nelle diverse situazioni, dall'alto verso il basso: r. aulico, colto, formale (o ufficiale), medio, colloquiale, informale, familiare, popolare. Diversi registri esistono anche all'interno di uno stesso sottocodice settoriale [...] infatti posso parlare il linguaggio sportivo o politico secondo diversi livelli.


Ma capisco che ci sia molta confusione (come spesso capita) rispetto alla terminologia.
G.B.
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Marco1971
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Re: Norma e registri

Intervento di Marco1971 »

Sarebbe interessante sapere in che modo Beccaria distingue tra registri colto e formale e tra informale e familiare. Sinceramente, non credo che esistano precisi criteri per i quali una parola o frase verrebbe automaticamente definita colta e un’altra formale. Forse aulico si situa in effetti al disopra di colto/formale, ma simili sottili categorizzazioni non sembrano trovare rispondenze unanimi, né sfociare in concrete esemplificazioni che ne legittimino, in maniera incontrovertibile, l’effettiva realtà distintiva.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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