Sinalefe e dialefe obsolete?

Spazio di discussione su questioni di retorica e stile

Moderatore: Cruscanti

Intervieni
Avatara utente
ebbrofiore
Interventi: 26
Iscritto in data: lun, 14 mag 2012 14:13

Sinalefe e dialefe obsolete?

Intervento di ebbrofiore »

Come da titolo e citando un passo da (ahimè) Wikipedia:

<<Da Petrarca in poi, che ad ogni modo, per l'appunto, la usò talvolta, ed anche in casi differenti, la dialefe viene messa da parte, sentita come un tecnicismo arcaico, da utilizzare solo in casi speciali. Il severo divieto dei trattatisti, come per esempio il Minturno, è abbastanza scrupolosamente osservato fino a tutto l'Ottocento. Nell'Ariosto, in particolare, il fenomeno è praticamente assente, come basterà osservare analizzando alcuni dei suoi versi, a vantaggio di una meggiore fluidità metrica.>>

Quanto ho da chiedervi è: in un componimento poetico da presentare ad un concorso letterario è segno di poca praticità con il testo (o nel senso opposto di troppa "scolasticità") presentare un testo riportante dialefe e sinalefe grafiche?

Ad esempio:
La vitaˇè mistero
anziché
La vita è mistero

E' una precisazione inutile o necessaria?
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Inutile, non è prassi corrente segnare queste cose, potrebbe essere visto come pedanteria. In un concorso basta sperare nella competenza dei giudici. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Don Lisander
Interventi: 63
Iscritto in data: sab, 16 mar 2013 15:43
Località: Roma

Re: Sinalefe e dialefe obsolete?

Intervento di Don Lisander »

Salve, sono l'autore, almeno in parte, se non ricordo male, del passo wikipediano riportato. So che il mio commento è parecchio in ritardo, ma vorrei aggiungere un modesto contributo. Aggiungere quel segno in una poesia è per me non solo inutile, ma sbagliato. Conosce un solo poeta che abbia inserito qualcosa di simile? Si tratta solo di un segno convenzionale (non usato da tutti, mi pare) dei manuali, trattati o saggi di metrica moderni. Sarebbe pura pedanteria, è vero.
Se posso poi permettermi di esprimere un'opinione metrico-stilistica, ritengo sia ormai da preferire la sinalefe nella maggior parte dei casi (la dialefe suona piuttosto sgradevole, molto spesso), e sempre in casi come questi: -u ù-. Salvo voler ottenere qualche effetto particolarmente originale, pur legittimo... I casi più frequenti di dialefe sono sempre stati quelli di questo tipo: -ù u-, soprattutto laddove l'accento corrispondeva, prendendo l'esempio dell'endecasillabo, con la fine del primo emistichio, e se la seconda parola non iniziava con in- o il-. Ma, ripeto, non è propriamente un errore, anzi si può fare: Dante qua e là si permetteva simili licenze; dopo di lui, se qui parliamo di metrica tradizionale, i casi simili di scrittori celebri sono andati diradandosi. E questo non certo a caso, bensì per una caratteristica della nostra pronuncia: poiché si tende a emettere in una sola emissione di fiato due vocali come quelle in questione, piuttosto che il contrario.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Re: Sinalefe e dialefe obsolete?

Intervento di Infarinato »

Don Lisander ha scritto:E questo non certo a caso, bensì per una caratteristica della nostra pronuncia: poiché si tende a emettere in una sola emissione di fiato due vocali come quelle in questione, piuttosto che il contrario.
Per favore basta con codesta leggenda della «sola emissione di fiato»!! :evil: (:D)

P.S. Benvenuto! :D
Don Lisander
Interventi: 63
Iscritto in data: sab, 16 mar 2013 15:43
Località: Roma

Re: Sinalefe e dialefe obsolete?

Intervento di Don Lisander »

Per favore basta con codesta leggenda della «sola emissione di fiato»!!
Bentrovato, Infarinato! :) E un saluto anche gli altri utenti del forum! :wink:
Più che una leggenda, mi sembra che quest'espressione descriva un fatto che normalmente si verifica in casi come quello succitato. Credo che il Canepàri si imbrogli quando contesta quell'espressione, adoperata da moltissimi linguisti nei loro scritti. Se si analizza la pronuncia di due vocali contigue del tipo di -a e è del caso sopra riportato, ci si accorge facilmente che nessun ostacolo forte si frappone, all'interno dell'apparato fonatorio, alla fuoriuscita di aria. Che il Canepàri lo voglia o no, normalmente -a e è formano una sillaba unica, ovvero (per semplificare) una sola emissione di fiato, appunto. Ed è per questo che due versi come
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

suonano e stanno così bene uno dopo l'altro: perché sono omometrici, in quanto composti entrambi da undici emissioni vocali.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Re: Sinalefe e dialefe obsolete?

Intervento di Infarinato »

Don Lisander ha scritto:
Infarinato ha scritto:Per favore basta con codesta leggenda della «sola emissione di fiato»!!
…Più che una leggenda, mi sembra che quest'espressione descriva un fatto che nella maggior parte dei casi si verifica in casi come quello succitato.
Certo, ma questo sia nella sinalefesia —ancora una volta: nella maggior parte dei casinella dialefe, e quindi la «sola emissione di fiato» non aggiunge alcun’informazione, non costituendo un discrimine. ;)
Don Lisander
Interventi: 63
Iscritto in data: sab, 16 mar 2013 15:43
Località: Roma

Intervento di Don Lisander »

A mio avviso, la sinalefe si è andata generalizzando in poesia, da un certo momento in poi, anche per la ricerca di una corrispondenza con la pronuncia, diciamo così, "naturale". Se la frase La vita è mistero non è pronunciata con una particolare enfasi su una delle due vocali che si incontrano, non c'è iato, a mio modo di vedere.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Intervento di Infarinato »

Sono d’accordo in generale (sul fatto, cioè, che la sinalefe è generalmente piú «naturale»), ma non su questa frase in particolare.

S’un piano squisitamente fonetico (non «metrico-tradizionale», per intenderci), «la vita è mistero» è un settenario perfetto, essendo la a di vita e è separati da una differenza accentuale (benché foneticamente non fonematicamentesecondaria):
  • /la vi̍.ta ɛ̍m.mis.tɛ̍.ro/
    [laˈviˑta ˌɛmmisˈtɛːɾo]
…siamo, cioè, in presenza di un [vero] «iato fonetico»: per eliminarlo, bisogna o sopprimere [in modo un po’ innaturale] l’accento ([laˈviˑta ˌɛ → laˈviˑtaᴇ], con conseguente —e ancor piú innaturale— perdita del raddoppiamento fonosintattico dopo è!!) o elidere la a di vita ([laˈviˑta ˌɛ → laviˈtɛ]).

Insomma, sinalefe e dialefe (e, analogamente, all’interno di parola, sineresi e dieresi) sono piú o meno naturali nella misura in cui rispettano le [reali] «sillabe fonetiche» della frase (risp., parola) italiana in questione o no. ;) (…E qui rimando al MªPI del Canepàri, §5.1.2.)
Don Lisander
Interventi: 63
Iscritto in data: sab, 16 mar 2013 15:43
Località: Roma

Intervento di Don Lisander »

Ritengo che entrambe le dizioni siano ammissibili e usate nel parlato. A sostegno di questa tesi posso riportare quanto affermato da G. SANGIRARDI - F. DE ROSA, Breve guida alla metrica italiana, Milano, Sansoni, 2002, p. 64:

«[...] esistono nella sillabazione (precisamente nella fonetica di frase) anche alcune condizioni che facilitano la dialefe in poesia. Benché infatti due (o più) vocali tra parole contigue si pronuncino di solito senza pause in una sola emissione di fiato, questa pronuncia può realizzarsi in due modi. Il primo è un passaggio da una vocale all'altra senza soluzione di continuità (ad es. in torniamoˆa casa), equivalente alla sinalefe nel verso. Il secondo consiste invece in uno stacco avvertibile tra le due vocali, che dà maggiore consistenza fonetica alle vocali stesse e fa risaltare il confine tra le parole più nettamente che nel primo caso: cfr. ad es. daˇanni e «daˇogne bocca dirompea co’ denti» (Inf. XXXIV 55): Menichetti (337-339) definisce «attacco duro» quest’articolazione sempre unitaria ma per così dire più ostacolata, e «attacco fluido» il primo tipo di pronuncia, più scorrevole.
L’attacco duro si può considerare come uno iato tra due parole, che di norma provoca dialefe nel verso. Lo iato, e quindi la dialefe, è consueto in italiano con monosillabi come e, o, più, su, tra, da, , se ecc., e in generale le parole che non sono soggette a elisione (cfr. § 2.4.6), ad es. daˇora ma diˆora in ora.
Nello stesso contesto fonetico, la lingua parlata può dar luogo ad attacco duro o ad attacco fluido in funzione di diverse variabili (velocità di elocuzione, ampiezza della frase, posizione e ordine delle parole interessate). Perciò non si può stabilire una volta per tutte se una parola terminante in vocale è obbligatoriamente seguita da dialefe».

Questa la loro conclusione.
Su un piano fonetico l'incontro di due vocali comunque non può essere, penso, senza conseguenze. Nel caso in questione, in particolare, mi sembra del tutto naturale, per quanto mi riguarda, che la è perda un po' del suo peso tonico a favore di una dizione più "fluida", che è quella cui per l'appunto tende la pronuncia dei parlanti italiani in condizioni che definirei "standard". Riguardo a queste ultime considerazioni, devo dire tuttavia che mi baso su constatazioni meramente empiriche, perciò alquanto limitate; ovvero sulla pronuncia mia e di chi mi sta intorno. Se la mia percezione è in qualche modo distorta, chiedo venia.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Intervento di Infarinato »

In termini fonetici, l’«attacco duro» non è nient’altro che l’«occlusiva laringale» (o «colpo di glottide» o «arresto glottidale» o «occlusione glottale») [ʔ], che però in italiano (al contrario che, e.g., in tedesco) è piuttosto rara nel parlato spontaneo, se non per ragioni d’enfasi, per «staccare» esplicitamente le parole (…o le sillabe, compitando).

Comunque, mi sembra che finalmente concordiamo sull’emissione di fiato, che è sempre e solo una (eventualmente interrotta da pause).

…E non c’è nulla di anomalo nella sua percezione: di là da legittimissime «consuetudini/licenze poetiche», la a di vita e è sono, sí, ben legati, ma c’è di mezzo una differenza accentuale, che —se si vuole (e normalmente, in poesia, «si vuole»)— si può rimuovere nei due modi di cui sopra, e nel mio parlato spontaneo toscano propenderei decisamente per il secondo. :)
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 7 ospiti