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Spazio di discussione su questioni di dialettologia italiana e italoromanza

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Avatara utente
Carnby
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Re: Lo schwa a Vvinci?

Intervento di Carnby »

ippogrifo ha scritto:Ma lo schwa per rappresentare le vocali italiane pronunciate a Vinci ... e l'omissione della vocale finale di "ditha" ... in Toscana!
Omissione no, ma anche a me (mi) capita di sentire o pronunciare vocali o, meglio vocoidi in questo caso, non sonori o centralizzati.
Per dita, una pronuncia come ['di:θʌ̥] non è «strana» per Vinci.
valerio_vanni
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Re: Lo schwa a Vvinci?

Intervento di valerio_vanni »

ippogrifo ha scritto:Per altro, io avverto in "acqua" la doppia tanto a Firenze quanto a Radda. Mi faccia, gentilmente, sapere, se ritiene.
Mi lasciano entrambe il dubbio, mi sembrano intermedie.
Tra le due mi pare più lunga quella di Radda.

Una cosa che mi sembra di sentire in quello di Firenze è un allungamento della prima /a/ che probabilmente contribuisce a fare sembrare più corta la /k/.

Sentiamo cosa ne pensano altri.
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Carnby
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Re: Lo schwa a Vvinci?

Intervento di Carnby »

valerio_vanni ha scritto:Mi lasciano entrambe il dubbio, mi sembrano intermedie.
Mi paiono [kk] tutte e due.
valerio_vanni ha scritto:Tra le due mi pare più lunga quella di Radda.
Il locutore in questione parla più velocemente del normale.
valerio_vanni ha scritto:Una cosa che mi sembra di sentire in quello di Firenze è un allungamento della prima /a/ che probabilmente contribuisce a fare sembrare più corta la /k/.
Onestamente non lo sento; piuttosto il timbro della /a/ accentata a Vinci mi pare un po' differente dagli altri (più anteriore e meno basso)?
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Sarà che sono nordico ma a Firenze io sento akkwa.
valerio_vanni
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Re: Lo schwa a Vvinci?

Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:
valerio_vanni ha scritto:Mi lasciano entrambe il dubbio, mi sembrano intermedie.
Mi paiono [kk] tutte e due.
Se lo ascolto per primo sento quasi di concordare (in ogni caso parlavo di intermedie, lì le mette singole). Mi sa che il confronto con altri più lunghi mi imbrogli.

Perché, ascoltando e riascoltando, mi pare comunque che la "cq" di "Firenze" sia la più corta tra le quattro versioni.
Carnby ha scritto:Onestamente non lo sento; piuttosto il timbro della /a/ accentata a Vinci mi pare un po' differente dagli altri (più anteriore e meno basso)?
Questo non riesco a sentirlo.
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Infarinato
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Re: Lo scevà a Vinci?

Intervento di Infarinato »

ippogrifo ha scritto:Long live Valerio_Vanni - occorrerebbe un sottofondo musicale solenne - !
Bravo davvero! Concordo con tutte le sue osservazioni. Ma lo schwa per rappresentare le vocali italiane pronunciate a Vinci ... e l'omissione della vocale finale di "ditha" ... in Toscana ! Codhesti t. e' son fori di hapho! :roll:

Forse, c'è stato uno scambio colla pagina dell'Abruzzo ... :wink:
Concordo: le trascrizioni sono, ahem, tremende (…e non solo per la Toscana: la cogeminazione non è praticamente mai notata per nessun dialetto.)

Per il resto, direi che non c’è alcuna anomalia nelle pronunce toscane: raddoppiamento fonosintattico costante (qualche dubbio solo per Poggibonsi, ma il ritmo dell’enunciazione è particolarmente lento, e c’è [quasi] una pausa tra è e calda), nessuno scevà, qualche pronuncia abbozzata/registrazione troncata sul finire, ma nessuna finale consonantica.

Vorrei anche ricordare che non si può stabilire da una sola frase pronunciata da locutori diversi (e dove fra l’altro non vi sono occorrenze della corrispondente scempia) se una consonante sia veramente rafforzata.

Volendo procedere scientificamente, bisognerebbe, ad esempio, far pronunciare al medesimo locutore almeno dieci volte ciascuno i seguenti sintagmi:
  • di casa di casa di casa (sí, tre volte, di cui si considera solo quella di mezzo)
e
  • a casa a casa a casa (v. supra)
e vedere se la differenza di durata fra /k/ [k] nel primo e /kk/ [kː] nel secondo sia statisticamente rilevante. ;)
ippogrifo
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Re: lo scevà a Vinci?

Intervento di ippogrifo »

Ho letto gl'interventi, le molte osservazioni interessanti, che corrispondono - quasi totalmente - a quanto anch'io "sento" , e l'ultimo contributo metodologico, che anch'io condivido.

Tre sole osservazioni ulteriori:

1) aprii i libroni dell'AIS tanti e tanti anni fa in una biblioteca, sicché non posso ricordare se la frase relativa all'acqua fosse simile. Non posso esserne certo, ma credo di ricordare - perché mi colpì - la scempia per "acqua" a Firenze. Non è che i "vivaldiani" - o comunque si dica - si siano ispirati ai padri fondatori prima di effettuare le trascrizioni?

2) mi esprimo in modo grezzo. Se k posvocalico breve è h - Canepari - , allora l' "acqua" - o sanfredianina o di qua d'Arno o a più ampio raggio ancora - è /'akkwa/, cioè geminata. Forse, si potrebbe discutere su quanto sia tale - /'ak:kwa? 'ak.kwa? 'akkwa? et c. ... / - , ma non se lo sia. Di fronte alla dicotomia breve - lunga in cui "tertium non datur", l'ascolto ci dice che siamo dal lato della geminazione. Non dal lato del banale controesempio "la quale /la'hwale/" ( k breve, quindi h - Can. ) . Non indico "lacuale" - stessa cosa come per il pronome relativo - , perché poco riscontrabile nel parlato spontaneo - di S. Frediano o altrove - . :wink:

Questa discriminante netta non pare chiara ai "vivaldiani" . E, se qualcuno non "possiede" questa chiara discriminante, dubito che possa essere stato l'uomo/la donna adeguato/a per potersi occuparsi della Toscana ...

3) e se l'acqua fosse - davvero - rimasta "scempia" , poverina, perché i nostri padri si sarebbero dati la pena d'innovare la nobile grafia latina - aqua - ? Anche i nostri antenati avevano gli orecchi ! Inoltre, l'evoluzione linguistica avrebbe prodotto l'effetto della "gorgia" anche nell'acqua. Il che non è. :wink:
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Re: lo scevà a Vinci?

Intervento di Carnby »

ippogrifo ha scritto:aprii i libroni dell'AIS tanti e tanti anni fa in una biblioteca, sicché non posso ricordare se la frase relativa all'acqua fosse simile.
Oggi può farlo comodamente a casa sua.
ippogrifo ha scritto:mi esprimo in modo grezzo. Se k posvocalico breve è h - Canepari - , allora l' "acqua" - o sanfredianina o di qua d'Arno o a più ampio raggio ancora - è /'akkwa/, cioè geminata.
In alcuni casi, coloro che raccolsero il materiale dell'AIS sembra che notassero in Toscana un (certo) accorciamento delle occlusive geminate, che tuttavia impediva la gorgia, mantenendo così la distinzione (per es. /-tt-/ [-t-][1], /-t-/ [θ]).


[1] Più realisticamente [-t-]
ippogrifo
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Puntamento sull'AIS

Intervento di ippogrifo »

Ringrazio davvero per il "puntamento" sull'AIS e per l'osservazione sulla Toscana. Il problema è che le trascrizioni dell'AIS non risultano così "parlanti" come quelle canepariane, ma ignoro se si sia occupato in modo specifico della Toscana - a parte la trascrizione della storiella - .

P.S. : anche se non interesserà a nessuno e anche se ho già infastidito mezzo mondo, vorrei ribadire che la domanda posta su /f/ e /v/ intervocaliche in ligure

1) era molto interessante - e dirò perché - ;

2) non ho cercato in alcun modo di "svicolare" nella risposta sulla pronuncia dell' "italiano locale" e mi spiacerebbe aver potuto creare questa impressione .

Perché molto interessante? Perché è assolutamente vero quanto ho scritto - metriche diverse adottati dagli studiosi della "lingua locale" e del dialetto - , ma è altresì vero che la geminazione, ad es. , come molti altri fenomeni fonetici e fonologici, - pur nelle stesse occorrenze - NON HA, IN GENERALE CORRISPONDENZA, tra l' "italiano locale" e il dialetto. Non esiste corrispondenza biunivoca. L'una non si può, solitamente, ricavare dall'altra. Non siamo in Toscana. La situazione è complicata, almeno duale. La "fiffa" o quant'altro, ad es. , non corrisponde alla pronuncia del dialetto in cui, come riferito, - /f/ - non esiste più perché è sempre - /v/ - , che, inoltre, "tende" a cadere. Si vedano anche i contributi del Merlu. Questo al di là delle differenze delle unità di misura adottate! Idem per "avvevo" vel sim. et c. ... . Non vorrei - tra tanti discorsi - aver proprio mancato di chiarezza e di cortesia di risposta su questo aspetto - che è fondamentale - e che solo Canepari ci rivela, non altri! Per "avvevo" si potrebbe anche pensare a una "reintegrazione" , ma per /'kaz.a/, ad es. , l'ipotesi del reintegro, chiaramente, non può reggere. E' un campo che, prima di Canepari, nessuno aveva mai indagato e, forse, nemmeno ipotizzato. Cmq, si tratta di due sistemi DIFFERENTI e gli studiosi non ci offrono risposte, al di là del problema che creano a causa dell'adozione di diverse unità di misura. Dopo Canepari, cmq, non si può più coltivare il sogno ingenuo che basti insegnare ai non-centrali ad aprire o chiudere correttamente le "e" o le "o" . Esiste un'infinità di "sistemi" o "italiani locali" e questi, dove il dialetto ha ancora una qualche plausibilità sociale, non si trovano neppure in corrispondenza diretta col dialetto locale. Un solo ultimo esempio: a Genova, come al Nord, si sonorizzano lo zucchero /'dzukkero/, la zampa, la zucca et c. ... , ma, in dialetto, sono ancora tutte sorde - a 'saNpa et c. - e gli ultimi montanari pronunciano ancora 'tsaNpa, proprio come poté ascoltare Dante - De vulgari eloquentia - . Qualche anno fa ! :wink:

Genova, quindi, ha accettato, ad es. , da molte generazioni la sonorizzazione di zucchero. Ma solo nella lingua locale. Il dialetto, avvertito - forse, inconsapevolmente - come sistema parallelo non l'ha mai nemmeno presa in considerazione e, tra qualche anno, si estinguerà, ma ancora colla sorda!
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Infarinato
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Re: lo scevà a Vinci?

Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto:
ippogrifo ha scritto:…mi esprimo in modo grezzo. Se k posvocalico breve è h - Canepari - , allora l' "acqua" - o sanfredianina o di qua d'Arno o a più ampio raggio ancora - è /'akkwa/, cioè geminata… Di fronte alla dicotomia breve - lunga in cui "tertium non datur", l'ascolto ci dice che siamo dal lato della geminazione.
In alcuni casi, coloro che raccolsero il materiale dell'AIS sembra che notassero in Toscana un (certo) accorciamento delle occlusive geminate, che tuttavia impediva la gorgia, mantenendo così la distinzione (per es. /-tt-/ [-t-][1], /-t-/ [θ]).

[1] Più realisticamente [-t-]
Certo, le considerazioni di cui sopra erano tutte sulla durata fonetica delle consonanti in questione: viste le zone cui le pronunce si riferiscono, fonematicamente ci troviamo sicuramente difronte a geminate.

Per una chiara delucidazione del rapporto di complementarità fra raddoppiamento fonosintattico e «gorgia» rimando al fondamentale contributo di Luciano Agostiniani, Su alcuni aspetti del “rafforzamento sintattico” in Toscana e sulla loro importanza per la qualificazione del fenomeno in generale, «Quaderni del Dipartimento di Linguistica, Università degli studi di Firenze», 3 (1992): 1–28.
cambrilenc
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Intervento di cambrilenc »

Anche dalle mie parti si dice zin (z = s sonora, dal greco echinos)…
Merlu, nel (vecchio) libro di Carlo Randaccio Dell'Idioma e della letteratura genovese, c’è scritto:

Zin. Forse dal germ. (…) sinken, ingl. sink (…), andare al fondo.

Come vedi questa ipotesi? Verrebbe smentita da questa pronuncia sonora della parola genovese?

Saluti, spero tutto vada bene.
ippogrifo
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CARLO RANDACCIO

Intervento di ippogrifo »

cambrilenc ha scritto:nel (vecchio) libro di Carlo Randaccio Dell'Idioma e della letteratura genovese, c’è scritto:

Zin. Forse dal germ. (…) sinken, ingl. sink (…), andare al fondo.
Mi scuso per l'interferenza e mi permetto di esprimere la mia opinione. Leggerò, poi, con interesse quella del Merlo. Che - mi pare - s'era già espresso in merito. Il Randaccio non era certamente al livello dello "stato dell'arte" della sua epoca. Molto probabilmente gl'interessi politici erano preminenti. E scriveva anche tante sciocchezze . . . La domanda, infatti, sembra una simpatica provocazione intellettuale . . .
Il genovese - ad es. , nel corso dell'Ottocento - , data la supremazia della marineria inglese, ha assunto diversi prestiti lessicali, ma parlare di contatti tra forme verbali mi pare azzardato. Per altro, il prestito avrebbe dovuto riguardare il sostantivo - "sea urchin" - non un verbo che non è in correlazione diretta coi ricci . . . Tutto ciò a prescindere da aspetti fonetici . . . L'etimo riferito dal Merlo a suo tempo rispecchia lo stato dell'arte attuale delle scienze etimologiche. Di più non so. Posso solo scrivere che i lessici partenopei riferiscono "ancina" e "angina". Evidentemente, la pronuncia è sonorizzata. E il greco attuale è "achinòs" . Ma non può essere alla base del genovese perché - quando il prestito è diretto - la sede dell'accento viene conservata - "baxaicò"<"basilikòn" = basilico - . Pianta da re. A seguito del fenomeno dell'urbanesimo, ormai, in città tende quasi a prevalere la pronuncia "baxeicò" - pronuncia , appunto, da "bezagnin" - . Nel duplice senso del termine. Gli ultimi vecchi "autoctoni" rimasti si sforzano di pronunciare ancora "baxaicò" . . .
cambrilenc
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Intervento di cambrilenc »

grazie ippogrifo, infatti rivolgevo la domanda anche a te (e a tutti gli altri)

Il Randaccio veramente non sembra molto attendibile (alcune sue etimologie sono ridicole, come ad es. quella che fa risalire il genovese Coæ a comedere), ma a leggerlo je me suis regalé, come dicono i francesi, perche almeno conosceva (o faceva finta di conoscere, non si sa mai) il lombardo, il piemontese, il provenzale... peccato che non conoscesse molto il catalano; ad esempio cita la voce antica intafurâ (intaforâ?) che mi pare identica al catalano entaforar (ma a pensarci bene come avrebbe potuto conoscerla se non è attestata nei testi catalani che dal 1900!):

http://www.diccionari.cat/lexicx.jsp?GECART=0053083
Ultima modifica di cambrilenc in data dom, 29 set 2013 0:37, modificato 2 volte in totale.
ippogrifo
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RE: CARLO RANDACCIO

Intervento di ippogrifo »

cambrilenc ha scritto:grazie ippogrifo, infatti rivolgevo la domanda anche a te (e a tutti gli altri)
Grazie a lei del riscontro. Sul Randaccio abbiamo la stessa opinione . . . e, francamente, non mi pare se ne possano avere altre . . .
Propendo per l'opzione che "fingesse" - più o meno - . . .
Se sapesse la pagina, potrei controllare perché credo che il testo sia in linea. Per altro, il verbo, in genovese, è antico. Per lo meno, si trova già nella traduzione della Gerusalemme liberata.
Su di me la sua risposta ha fatto l'effetto della "madeleine" di Proust . . .
Sono moltissimi anni che, in città, codesto verbo non si sente più e, probabilmente, a una domanda verbale, ma indiretta non avrei saputo rispondere . . .


Cordialità
cambrilenc
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Intervento di cambrilenc »

pagina 93, ma l´unica cosa che riportò il Randaccio è: affinità ad altre lingue: fourrer?
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