Etimologia del verbo «stutare»

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LinguisticaMente
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Etimologia del verbo «stutare»

Intervento di LinguisticaMente »

Prendendo spunto dal quesito da me posto qualche giorno fa sul verbo "appicciare", mi chiedevo quale fosse l'etimologia del verbo "stutare" (che significa "spegnere"). Ho trovato qui una spiegazione etimologica di tale verbo. Mi piacerebbe ricevere conferma della validità di tale ipotesi etimologica, conoscere in quali altre regioni (oltre alla Puglia e alla Campania) è eventualmente usato con lo stesso significato e sapere se ci sia qualche esempio letterario che ne attesti l'uso.
Ultima modifica di LinguisticaMente in data ven, 10 giu 2011 16:21, modificato 1 volta in totale.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Naturalmente, stutare si usa anche nel brindisino, essendo il mio dialetto una variante della coinè salentina.

Riporto nella sua interezza la voce stutare del Treccani in linea (sott. mia):

stutare v. tr. [lat. *extutare, comp. di ex «via da» e tutare «proteggere, colmare», der. di tutus «sicuro»],¹ ant. – Smorzare, spegnere: voi, sì come savio, anzi che più s’accenda il fuoco, providamente pensate di stutarlo (Boccaccio). Con varianti locali, la voce è ancora viva in varî dialetti.

¹ N.B. L'asterisco premesso a una parola indica che questa non è attestata.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Se la memoria non m'inganna, in Veneto si usano le varianti destudar(e)/destuar(e)/stuar(e). Aspettiamo una conferma (o smentita) del caro Ferdinand.
LinguisticaMente ha scritto:Mi piacerebbe … sapere se ci sia qualche esempio letterario che ne attesti l'uso.
P.S. Nel TLIO (Tesoro della lingua italiana delle origini) può trovare molti esempi e qualche altra informazione utile. :wink:
Ultima modifica di Luca86 in data ven, 10 giu 2011 23:45, modificato 1 volta in totale.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Dal latino popolare *tutare (classico tutari) deriva anche il francese tuer 'uccidere'.
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zeneize
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Intervento di zeneize »

Credo che l'etimologia proposta già dai precedenti e dal suo stesso link sia più che soddisfacente. In genovese non mi pare - e del resto non ne trovo traccia nei dizionari - che esista un termine analogo. Si usano asmortâ /azmur'ta:/, ammoccâ /amu'ka:/ e talvolta scioâ /Swa:/.
Anche se quest'ultimo, scioâ, mi fa sorgere non pochi sospetti se messo accanto al veneto stuar(e) citato da Luca...
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E come si dice link nel suo dialetto?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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zeneize
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Intervento di zeneize »

Potrei tradurlo molto elegantemente con inlasso /iN'lasu/, ma anche con ligamme /li'game/.
Tuttavia, per ragioni di coerenza, lo si potrebbe scrivere link per uniformarsi a questo gusto anglofilo che ormai spopola. Non a caso, comunque, ho usato la grafia corsiva, per rimarcare il fatto che non trattasi di parola italiana. Fiorentinamente parlando, avrei usato "collegamento".
Sono stato abbastanza esauriente? :)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

«Potrei», «si potrebbe»: perché seguire quest’a lungo termine deleteria tendenza?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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zeneize
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Intervento di zeneize »

Più che giusto, anche se il confine del ridicolo è molto sottile. Se "collegamento" è termine più che accettabile, altri che ho avuto occasione di leggere sono assai divertenti. Mi ricorda il caso di un autore di Wikipedia in ligure, che dovendo tradurre il termine "rivoluzione" in senso astronomico, ha avuto il coraggio di scrivere boghezzo... Boghezzo indica solamente la "rivoluzione" del mare quando è in stato di moderata agitazione, quella che potremmo definire "maretta", tanto per intenderci... Quel buontempone, per risparmiarsi un necessario latinismo (senza latinismi e grecismi l'italiano non camperebbe, per cui rassegnamoci a usarli anche parlando l'idioma locale), ha privato la frase di senso compiuto.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Siccome lei è relativamente nuovo, vorrei chiederle dell’abusato online per in linea. Giovane com’è, mi domando se è influenzato o no dalla tendenza attuale a servirsi ampiamente di parole inglesi, quasi sempre superflue (una per tutte password, in Firenze stessa sentita in un punto Internet).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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zeneize
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Intervento di zeneize »

Dire che non ne sono influenzato sarebbe troppo ipocrita. Come tutti, sono vittima delle tendenze, e per quanto possa cercare di distaccarmene, l'uso comune è quello che comanda. Purtoppo la sua obiezione è giustissima, ma diventa pretenziosa se parliamo di gerghi tecnici: quello dell'informatica è un gergo tecnico, e come tale ha licenza di servirsi anche di vocaboli non italici, sebbene questi possano comodamente supplire (non a caso, in genovese parlâ zerbo equivale a "usare un linguaggio criptato"). I francesi ce n'hanno dato una chiara prova. Eppure vorrei vedere che cosa accadrebbe se un giorno qualcuno iniziasse a chiamare "ratto" o "topo" il nostro simpatico mouse, o se il web diventasse una "ragnatela". Probabilmente sarebbero scrosci di risate, e non del tutto a torto, perché emergerebbe un'enorme forzatura linguistica. La cosa è già più fattibile per "in linea" e "parola chiave", ma la sfido a tradurre mouse e web. Il primo potrebbe diventare "puntatore", ma s'immagina come scorrerebbe la frase? "Ho acquistato un puntatore privo di cavi elettrici". Certo sarebbe stato più sbrigativo un mouse wireless
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per quanto riguarda mouse, le posso dire, mi scusi se già lo sa, che tutte le lingue neolatine l’hanno tradotto letteralmente. E controlli pure souris in un dizionario francese, ratón in uno spagnolo, rato in uno portoghese, soricel in uno rumeno, ecc. Ma noi siamo troppo speciali, anzi speciosi, e cosí preferiamo termini misteriosi (ai piú) che indicano banalità.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Jonathan
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Intervento di Jonathan »

Ma web non è già tradotto con l'ottimo rete (telematica)?
World wide web= rete telematica mondiale.
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zeneize
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Intervento di zeneize »

Verissimo, ma chi avrebbe mai il coraggio di scrivere in un manuale "topo" per indicare il puntatore? Vogliamo fare come la Microsoft, che in un manuale per tecnici scrisse "le palle del topo" per indicare la sfera dei mouse meccanici? Sarete d'accordo con me che rischieremmo di cadere nel grottesco.
In conclusione, se alcune parole hanno già una valida traduzione (in effetti web non perde significato se reso con "rete"), altre l'avrebbero comunque, ma finirebbero per essere inopportune per varie ragioni. Babysitter è "bambinaia", ma voi provate a dare della "bambinaia" a una qualificata babysitter e osservate la reazione. Vorreste forse chiamare "cieco" un non vedente, "sordo" un non udente, "barbone" un dignitoso clochard? In genovese vale il detto parla quaddro e riondo spûa; l'italiano odierno sembra voler fare l'esatto contrario.
Jonathan
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Intervento di Jonathan »

zeneize ha scritto:Vorreste forse chiamare "cieco" un non vedente, "sordo" un non udente, "barbone" un dignitoso clochard?
Io sí, senz'altro.
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