[NAP] Calamari, uccellini ciechi, anelli (?) e contadinotte

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Cembalaro
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[NAP] Calamari, uccellini ciechi, anelli (?) e contadinotte

Intervento di Cembalaro »

Approfitto della vostra pazienza per sottoporvi anche questa strofa. Lettura del ms che non presenta incertezze grafiche. Trascrivo diplomaticamente: le virgole sono già nel manoscritto come le maiuscole (che potrebbero non avere significato). Originali anche gli accenti. La divisione in versi è mia ma sono incerto.
Ambruso malinconico davanti al mare canta:

Se ncrespa l'onda, è s'auza lo viento
che porta à galla a nuie nò calamaro
Lo calamaro, e Aniello
chi vò lo purpo addoruso
e moscariello.


Moscariello sta per «profumato», il resto dovrebbe essere chiaro.
Questo Aniello salta fuori dal nulla, non si parla di terzi in nessuno dei versi. Oppure è il sostantivo aniello (anello) (i calamari quando si friggono vengono tagliati in forma di anello, ma che c'entra? Oppure «il calamaro è Aniello»?

E infine, poi prometto di tacermi, nella stessa cantata ci sono i seguenti versi (il soggetto, espresso nei versi precedenti, è un uccellino innamorato. Di nuovo gli accenti sono originali, come l'assenza di essi):

porta lo core mmocca ch'e cecato
aie ch'è cecato, e bella
aie marenaro mio
Foretanella.


Foretanella sta per «villanella, contadinotta».
Dunque direi che l'uccellino è cieco e porta il cuore in bocca (ma perché?). Ma aie che cos'è? un'interiezione o la seconda persona del verbo avè «avere»? E poi, dopo Aniello abbiamo un altro personaggio che giunge così, in un solo verso e poi sparisce? O magari c'è una relazione amorosa tra Aniello e la contadina che offende il nostro Ambruso?
Vien voglia di rinunciare, ma prima provo qui.
Avatara utente
u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

E se Aniello fosse un riferimento a Masaniello?
Largu de farina e strentu de brenu.
Cembalaro
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Intervento di Cembalaro »

Sì, ma il calamaro?
E quale può essere il nesso tra Masaniello e un pescatore innamorato malinconico? C'è da perdersi.
Avatara utente
u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Tralasciando per ora Aniello, vorrei dare un'interpretazione per l'uccellino. Riporto perciò anche i versi precedenti:
A l'aria de lo maro e a la marina
me chiamma l'aucielluzzo 'nnammurato,
'nnammurato,
che ncoppa canta a la rosa marina
porta lo core mmocca ch'e cecato
aie ch'è cecato
L'uccellino canta in cima ad una pianta di rosmarino ed è cieco, quindi porta il cuore in bocca perché appunto esprime i suoi sentimenti con il canto.
Largu de farina e strentu de brenu.
Avatara utente
u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Tornando a Aniello:

Il calamaro di Aniello
chi vuole il polpo odoroso e profumato?

Il calamaro e Aniello (dice)
chi vuole il polpo odoroso e profumato?

Aniello potrebbe essere un altro pescatore, non saprei se rivale in amore o no.
Largu de farina e strentu de brenu.
Cembalaro
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Intervento di Cembalaro »

Avere il cuore in bocca non vuol dire anche "essere emozionato"? (Chiedo scusa, dove scrivo non ho virgolette basse).

Comunque buona la Sua. Ma la contadina? E aie?
(Meno convincente Aniello, mi pare un intervento troppo abrupto di un nuovo personaggio)
ippogrifo
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Re: [NAP] Calamari, uccellini ciechi, anelli (?) e contadino

Intervento di ippogrifo »

A mio modesto avviso Lei s’è già dato un’ottima risposta da sé. Ovviamente, questi testi non vanno affrontati coll’aspettativa di una ferrea logica, ma un po’ come dei “limericks”. Si bada all’effetto - “in pianto o in riso” - , alle immagini buffe o commoventi, alle rime o assonanze et c. . . . Anche se a livello popolare, siamo pur sempre nella terra del cavalier Marino - “E’ del poeta il fin la meraviglia . . .” - . Da noi i vecchi pescatori e i vecchi cuochi hanno sempre definito “anello” l’involucro del mollusco in questione. Che viene - effettivamente - tagliato ad “anelli” per essere infarinato e fritto. Ricordo anche la denominazione del ciuffo e mi sembra che sia tuttora in voga. Perché anello? Non pensi alla fede ma ad anelli simili a quello del papa o a quelli che molte ragazzine - oggi - acquistano per pochi soldi. Noi parleremmo di piccoli cilindri, ma occorre contestualizzare il testo. La poetica popolare non usava questo termine ed è da poco che il vocabolo ha fatto ingresso nelle parlate regionali. Negli anni de quibus era ignoto al pubblico popolare.
Sì, il calamaro è (anche) “anello”. Per far rima cogli aggettivi seguenti o perché – chissà – così davvero si diceva. Ad es., ricordo benissimo – da noi – le donne colle ceste in capo che gridavano a tutta voce: “L’argento del mare!”. Erano - molto semplicemente - alici. Non parlo di un secolo fa.
Da noi - fino ad anni recenti - si sono sempre fatti paragoni del tipo: “E’ come mangiare (dell’) agnello”. Si riteneva la carne superiore al pesce e la carne d’agnello era sinonimo di pietanza prelibata. Si parlava anche di carne o bistecca del mare . . . Si paragonava il “frutto” del mare – così si diceva – alla carne nell’ottica di valorizzazione di un prodotto reputato tradizionalmente “inferiore”.
Non saprei - per altro - quanto questa seconda interpretazione possa avere senso.
Del resto, - nell’ottica del “nonsense” – anche qualunque altra attribuzione assonante col seguito potrebbe andar bene. Ma chi non è napoletano non può sapere se esistano aggettivi o altro simili ad “anello” / ”agnello”.
Il povero uccellino cieco è un altro topos della poetica - non solo popolare - mirato a suscitare commozione. Subito prima o subito dopo di un sorriso, una risata. Questo era l’intendimento.
Il pubblico doveva identificarsi colle pene dell’uccellino. Nel quale spesso s’identificava il protagonista - colle sue pene d'amore non ricambiato - in un’ottica di rimandi in un’epoca in cui la parola e il suono predominavano data la difficoltà tecnologica di veicolare immagini a basso costo. Il cuore rappresenta gli affetti. In questo caso la pena, il dolore. L’uccellino canta. Che cosa? Il proprio dolore. Nel suo canto, nella sua “bocca” c’è dolore. L’immagine evocata c’entra in qualche modo? Non è questo il problema. Secondo l’autore – evidentemente – ci stava bene. Serviva a far commuovere il pubblico. Al quale veniva somministrata una pietanza ricca di gusti - emozioni - . Un piatto agrodolce. L'uccellino cieco fa pena? Allora fa al caso. Anche se - secondo la nostra visuale “moderna” - pietanza carente di una totale struttura logica. La fredda e “disumana” razionalità dei giacobini francesi non è ancora arrivata a Napoli. :wink:
A mio gusto personale “aie” - o quel che è - starebbe benissimo come pura vocalizzazione - melismi mediterranei - . Come nella tradizione partenopea, ma anche in molte altre. Però, questa non è un’opinione, ma solo un’impressione. :wink:
ippogrifo
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Iscritto in data: ven, 15 feb 2013 10:16

LA RETE

Intervento di ippogrifo »

In rete si trova "lo calamaro e aniello" coll' "a" minuscola.
Da qui è iniziato il viaggio . . .
Cembalaro
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Iscritto in data: sab, 02 nov 2013 14:46

Intervento di Cembalaro »

Caro ippogrifo, posso solo ringraziarla.

L'iniziale di Aniello è maiuscola nel manoscritto, non si fidi di ciò che trova in rete: è dalla constatazione della sciatteria e nell'approssimatezza nella preparazione dei testi e nella loro traduzione che nasce la mia decisione di affrontare queste opere.
Peraltro, il maiuscolo potrebbe essere casuale: è infatti maiuscola anche la A di Arcecalascione nel secondo verso ("Sfogandose no iuorno | co n'Arcecalascione". Quindi diamo all'indizio un peso ridotto.

Il suo discorso è più che convincente, ma devo anche dire che mentre non ho difficoltà a riconoscere il topos dell'uccello cieco, ancora non comprendo foretanella "villanella". E comunque vorrei raggiungere una piena comprensione grammaticale e linguistica dei versi. Quindi posso pensare a questa traduzione?

Lo calamaro, e Aniello
chi vò lo purpo addoruso
e moscariello


Il calamaro è anello.
chi vuole il polpo profumato?


Il calamaro è anello oppure è in forma di anello
eccetera. Si tratterebbe quindi dell'evocazione della vendita del pesce al mercato che farà più tardi. Ho capito bene ciò che vuol dire?

Gli altri versi:
porta lo core mmocca ch'e cecato
aie ch'è cecato, e bella
aie marenaro mio
Foretanella


potrebbero dunque tradursi così?
porta il cuore in bocca ché è cieco
oh, è cieco, e bella
- ah, pescatore mio -
villanella


o magari: è bella
Cembalaro
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Intervento di Cembalaro »

Aggiungo che forse il testo trasmesso è corrotto. La ripetizione di calamaro e di aie fanno pensare a un incidente durante il percorso degli occhi del copista tra l'antigrafo e la copia che stava approntando. E' un tipo di errore ben noto tra i filologi.
Se fosse così l'emendazione mi pare impossibile.
Avatara utente
u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Se la grafia aniello corrispondesse ad agniello, l'interpretazione
Il calamaro è agnello
(per) chi vuole il polpo profumato

riprendendo quello che ha detto ippogrifo, non sarebbe da scartare.
Largu de farina e strentu de brenu.
Avatara utente
u merlu rucà
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Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41

Intervento di u merlu rucà »

aie ch'è cecato, e bella
aie marenaro mio
Foretanella

Malgrado tutto non si riesce a dare un vero senso a questi tre versi. Anche se l'uso non corrisponde esattamente, verrebbe da pensare che aie rifletta hay spagnolo:
c'è che è cieco, e bella
c'è, pescatore mio
(la) contadinella

Ma mi sembra un po' fragile come ipotesi.
Volevo chiedere se aie possa essere, in napoletano moderno o antico, anche terza persona singolare del verbo avere.
Largu de farina e strentu de brenu.
Cembalaro
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Intervento di Cembalaro »

Sì: dovrebbe avere l'h davanti ma certamente sì.
Cembalaro
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Iscritto in data: sab, 02 nov 2013 14:46

Intervento di Cembalaro »

u merlu rucà ha scritto:Se la grafia aniello corrispondesse ad agniello, l'interpretazione
Il calamaro è agnello
(per) chi vuole il polpo profumato

riprendendo quello che ha detto ippogrifo, non sarebbe da scartare.
Tutt'altro che da scartare: àino / ainiello è regolarmente registrato nei dizionari. Galiani registra anche la forma ajeniello. Vuol dire «agnello», e dunque l'ipotesi mi pare più che fondata.

Nell'altra risposta ho scritto che aie può essere anche seconda persona del verbo avè. È così, ma oltre al significato di «ahi, ahimé» Raffaele D'Ambra nel suo dizionario registra aje: «Con la pronunzia dell'a assai prolungata è la voce di prevenzione che danno i rivenditori, e i rivenduglioli ambulanti e girovaghi, per possa conoscersi la cosa che essi offrono in vendita».
A questo punto ho le idee più chiare: Ambruso davanti al mare all'alba anticipa nella fantasia la scena del mercato del pesce che si terrà poche ore dopo, con le grida dei venditori:

Il calamaro [è buono come] agnello!
chi vuole il polpo odoroso
e profumato?


Cercherò riscontri alla similitudine a Napoli, ma sento che è la strada giusta. Io per la verità non l'ho mai sentita, ma appartengo ad una generazione per la quale il prodotto pregiato è il pesce e non la carne: non stento ad immaginare che trecento anni fa la situazione fosse opposta.
Ora manca foretanella, ma grazie di cuore.
Cembalaro
Interventi: 94
Iscritto in data: sab, 02 nov 2013 14:46

Intervento di Cembalaro »

Non ho riportato una mia precoce ipotesi poi scartata.
Bello non è solo l'aggettivo identico all'italiano, ma anche un avverbio dal significato di «con diligenza», come scrive ancora Galiani.
Si usa tuttora, non solo nelle locuzioni come iamme bello, che non vuol dire «andiamo, bello», ma «andiamo, con solerzia», bensì anche in frasi in cui significa pressappoco «del tutto, compiutamente». Sicché aie ch'è cecato e bella si tradurrebbe con «è proprio cieco». D'altronde un uso simile si riscontra altrove (in romanesco, forse?), in frasi come è bello che morto, o anche in italiano: è bell'e morto.

Se al polpo, dalla vista acutissima («La vista particolarmente acuta del polpo è dovuta alla presenza di due grandi occhi complessi»: http://www.cedifop.it/biologia/Polpo.htm), fosse associata una particolare qualità gastronomica per il fatto di essere cieco, cieco potrebbe a questo punto essere prima l'uccello e poi il polpo:

All’aria de lo maro e a la marina
me chiamma l’aucelluzzo nnamorato
che ncoppa canta a la rosamarina.
porta lo core mmocca ch’è cecato.
Aie ch’è cecato; e bella
aie marenaro mio,
foretanella

Nell’aria del mare e sulla marina
mi chiama l’uccellino innamorato
che canta sopra il rosmarino.
Porta il cuore in bocca perché è cieco.
(l'uccellino)

E poi, riandando di nuovo con la mente al mercato di tra qualche ora:

Aie!! È proprio cieco! (ora è il polpo)
Aje! pescatore mio
foretanella.


Sono fuori strada? (ovviamente manca foretanella)
Ultima modifica di Cembalaro in data mer, 06 nov 2013 18:39, modificato 2 volte in totale.
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